domenica 29 settembre 2019

LA CASSAZIONE GIUSTIFICA LA REAZIONE AD ATTI DI BULLISMO

Fiorenza Sarzanini, su Io Donna, riferisce di un provvedimento della Cassazione che ha dato ragione a un ragazzo, condannato dal tribunale a pagare un indennizzo per aver assestato un pugno, evidentemente andato a segno, a un compagno, reo di ripetuti atti di bullismo nei suoi confronti. Secondo l’alta Corte chi reagisce a provocazioni del genere non è punibile, perché è “doveroso che l’ordinamento si dimostri sensibile verso coloro che sono esposti continuamente a condizioni vittimizzanti”.
Non contesto la decisione, dico però che essa non mi convince.  Ci sarà un altro modo per intervenire, penso, prima che si arrivi all’occhio per occhio, dente per dente. Per ora s’è trattato di un pugno, ma qualcuno potrebbe essere tentato di usare il bastone o una spranga.
Il bullismo non è un’invenzione recente, c’è sempre stato. Anche ai miei tempi (che erano tempi di guerra e la nostra era una generazione educata al culto delle adunate, dei proclami del Duce, all’odio verso il nemico). Ma ci si limitava più che altro allo sfottò, senza cattiveria. Poi, una volta entrati in confidenza, si diventava amici. 
Oggi il fenomeno è diventato inquietante. Richiede l’impegno costante degli operatori scolastici per capirne le dimensioni, e per svolgere opera di educazione, col coinvolgimento attivo delle famiglie.
Lo si faceva abitualmente, con scrupolo, in un clima di collaborazione fattiva, nella scuola dove ho insegnato per trentacinque anni di fila. Non ricordo – e non per vuoti di memoria -  atti di bullismo meritevoli di punizione

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