venerdì 25 aprile 2014

L'ASSOCIAZIONE P-ARTERAS FESTEGGIA A MAIORI I SUOI PRIMI DUE ANNI DI ATTIVITA'



In occasione del suo secondo anniversario - lo apprendo da un comunicato stampa firmato dalla gentilissima Miriam Bella -,  l’Associazione P-Arteras*  regala e si regala un’intera settimana di eventi.
Nell’ambito del Festival dello Studente organizzato dal Comune di Minori, il 28, 29 e 30 aprile, P-Arteras sarà presente con un gazebo, in cui darà informazioni sull’educazione sessuale e sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
Venerdì 2 maggio, invece, nel Salone degli Affreschi del municipio di Maiori, alle ore 19.30,  l’Associazione festeggerà questi primi due anni, assieme a chiunque voglia parteciparvi,  con una serata, patrocinata dal Comune, ricca di sorprese ed entusiasmo.
La festa proseguirà, con balli e divertimento, alla Piromansi Area (porto di Maiori).
A tutti gli affiliati P-Arteras  sarà riconosciuto uno sconto del 20% sul costo del biglietto d’ingresso.
A chiudere questa settimana rosa, a cura di professionisti del settore (Federazione Italiana KRAV MAGA), è in programma un corso gratuito di autodifesa femminile, che si terrà sabato 3 maggio, a partire dalle ore 16.30, presso la Piromansi Area, aperto a tutte le donne: un piccolo omaggio che P-Arteras ha deciso di condividere per ringraziare chi in questi due anni ha sostenuto, in un modo o nell’altro, l’Associazione.   
                                                                                    

giovedì 24 aprile 2014

UN'INVASIONE DI... TOPOLINO IN COSTIERA


Pubblico qui, con piacere, il comunicato stampa pervenutomi, per conto del Comune di Maiori, dalla gentilissima Eugenia Apicella, che ringrazio.

Il Topolino AutoClub Italia, co-fondatore della Federazione Europea Fiat Topolino Clubs (composta dagli omonimi sodalizi italiano, tedesco, olandese ed elvetico), da oggi, giovedì 24 aprile e fino a domenica 27 aprile, nella splendida cornice della costiera sorrentino-amalfitana, ha organizzato un incontro turistico-culturale dedicato esclusivamente ad equipaggi su Fiat 500 costruite tra il 1936 ed 1955, le indimenticabili care "Topolino". Trattasi di un convivio ricco di paesaggi suggestivi, arte, storia e tesori enogastronomici, da assaporare nello spirito slow way a bordo di 30 affascinanti Fiat Topolino. Non mancherá una rappresentanza del Topolino Club Deutchland. 
Il fenomeno della prima piccola Fiat, nata nel 1936 dalla matita di Dante Giacosa e prodotta fino al 1955, è globale! Appassionati e proprietari della popolare vettura, sono presenti - oltre che in Europa - in India, Bangladesh, Egitto, Stati Uniti, Canada, tanto per citarne alcuni, che seguono quotidianamente la pagina facebook del Club, alimentandola e condividendo la loro passione con foto e video delle loro escursioni, delle fasi del restauro, ed in generale, le loro esperienze da "topolinisti". 
Ma torniamo all'evento. Il gruppo, dopo la visita agli Scavi di Pompei ed un'escursione a Capri, percorrerà la celebre strada statale 163 attraversando la Costiera da Sorrento a Maiori, con tappe ad Amalfi, Positano, Ravello
Appuntamento dunque a sabato 26 aprile, sulle strade della Costiera amalfitana dove, scortata dalla Polizia Stradale di Sorrento e con l’amichevole collaborazione del gruppo "Bikers costa sorrentina", la carovana  si snoderà in un tour con tappa a Maiori (dove le vetture, dalle ore 12.00, saranno esposte in Corso Reginna per soddisfare la curiosità di appassionati di auto classiche e dello specifico modello) per rientrare, al tramonto, a S. Agata sui due Golfi.
La mattinata di domenica 27 aprile sarà invece interamente dedicata a Sorrento. 

mercoledì 23 aprile 2014

QUELLA MIA SINGOLARE STRETTA DI MANO CON GIOVANNI PAOLO II, CHE DOMENICA PROSSIMA DIVENTA SANTO

Dal blog del 19 settembre 2007 ripropongo qui il racconto della stretta di mano con  Giovanni Paolo II, che domenica prossima sarà proclamato santo da Papa Francesco.

Pensavo a Karol Wojtyla, ai suoi appelli a spalancare le porte a Cristo, al ruolo, che Dio gli aveva affidato, di pellegrino d’amore, di giustizia e di pace nella nostra storia, mentre mi accingevo ad assistere a una delle udienze generali del mercoledì nell’aula “Paolo VI” in Vaticano. Ero con un gruppo di colleghi, soci dell’Associazione salernitana della stampa, presieduta dall'amico Mimmo Focilli, che aveva organizzato il viaggio a Roma con l’autorevole appoggio di Angelo Scelzo. La sala, progettata da Pierluigi Nervi, è più grande di quanto uno, che non vi sia stato, riesca a immaginare. Quel giorno, il 27 gennaio del 1993, era gremita. Mi trovavo coinvolto in un’esperienza che, se m’incuriosiva, mi caricava pure di una indicibile tensione. Esaurite le formalità di rito, avevamo occupato le sedie nel settore a noi riservato. Stavamo ora aspettando il momento in cui Giovanni Paolo II sarebbe entrato dal fondo per portarsi, attraverso il lungo corridoio centrale, delimitato da transenne, sul palco dominato dal Cristo trionfante di Pericle Fazzini, dove le porpore cardinalizie componevano un ulteriore suggestivo elemento scenografico.
La mia singolare stretta di mano con Giovanni Paolo II
A ridosso delle transenne, all’improvviso, si avvertì uno spingi-spingi: segno che era cominciata la corsa alla conquista di una posizione privilegiata. I più fortunati – meglio, i più lesti – riuscirono a sistemarsi in prima fila. La prontezza di riflessi mi consentì di essere nel ristretto numero di privilegiati – ristretto, si badi bene, rapportato a venti o venticinquemila persone – nonostante l’inesperienza, dovuta al fatto che non avevo mai partecipato, prima di allora, a un incontro col Papa. 
Del Vaticano conoscevo sì e no la Basilica di San Pietro e la Cappella Sistina.
Ed ecco che apparve, nella sua veste bianca, con uno sguardo affaticato eppure dolcissimo, di una luce capace di penetrare le pietre e le coscienze. Vi fu un applauso prolungato e assordante. Egli avanzava a piccoli passi, seguito da monsignori e dignitari, salutando, accarezzando, benedicendo. Tutti cercavano di coglierne, in presa diretta, un’immagine non di routine, nonostante fossero all’opera un fotografo e un operatore televisivo “ufficiali”, ai quali era concessa una certa libertà d’azione.
Il mio desiderio più grande, vedere Giovanni Paolo II da vicino, si stava realizzando. Il Papa era costretto, via via, a fermarsi per ricevere i doni recatigli dai pellegrini venuti da ogni regione d’Italia e dall’estero.   Appena mi passò davanti, mi sporsi quanto potevo, oltre la balaustra, e gli strinsi la mano. Non fu lesto il fotografo a fissare l’attimo sulla pellicola. Io, intanto, non mollavo la presa. Si determinò una situazione imbarazzante, della quale non mi rendevo conto. Giovanni Paolo II, con delicatezza, cercava di liberarsi. Ci riuscì solo dopo il flash. Quella foto, che ritirai lo stesso pomeriggio nella redazione dell’Osservatore Romano, la conservo tra le cose più care. A riguardarla, rivivo l’episodio con immutata carica emotiva. Mi rivedo sommerso dalla marea umana, con la mano che s’aggrappa a quella del Santo Padre. E mi tornano in mente le cose che egli, poco dopo, ci disse: «V’invito ad essere servitori della verità, affinché l’opinione pubblica possa essere oggettivamente informata e formarsi un giudizio equanime sulle vicende che vengono riferite». Parole di cui occorre far tesoro nel nostro lavoro, se vogliamo evitare di incorrere in pericolose cadute di stile, non rare, purtroppo, nell’universo della comunicazione. Altro che i corsi di deontologia, organizzati dall'Ordine dei giornalisti, che la legge c'impone di frequentare!
© Sigismondo Nastri


IL SINGOLARE RAPPORTO TRA AMALFI E GIOVANNI XXIII, CHE DOMENICA PROSSIMA SARÀ PROCLAMATO SANTO




In occasione della canonizzazione di Giovanni XXIII, in programma domenica prossima, mi sembra opportuno riproporre questo mio ricordo del “Papa Buono”, già pubblicato su “mondosigi” il 1° luglio 2007. 

Giovanni XXIII fu proclamato beato da Giovanni Paolo II la mattina di domenica 3 settembre 2000 a conclusione del processo canonico avviato nel 1966, tre anni dopo la scomparsa del “Papa buono”. Come ebbe a rilevare Leonardo Zega su La Stampa, egli fu «un pontefice cattolico nel senso più vero del termine, cioè universale… La gente lo canonizzò la notte stessa della sua morte (è avvenuto così anche per Giovanni Paolo II: “santo subito!”, è stata la corale invocazione durante i suoi funerali, n.d.r.), e lo espresse simbolicamente attraverso la piccola folla orante raccoltasi in silenzio in piazza San Pietro la sera del 2 giugno 1963 quando si sparse la voce che il papa era agonizzante; e poi con il cordoglio universale che suscitò la sua morte» il giorno seguente.
Pochi sanno di una presenza ad Amalfi, sia pure fugace, quando era un semplice monsignore, per raccogliersi in preghiera sulla tomba dell’apostolo Andrea. Ritenevo che questo fosse avvenuto durante la sosta fatta a Cava de’ Tirreni, dal 29 al 31 maggio del 1923, confermata da una lettera, datata 22 maggio 1923, che l’allora Mons. Angelo Giuseppe Roncalli inviò da Acireale a Mons. Vincenzo Bugarini preannunciandogli che si sarebbe fermato là; da una cartolina postale, datata 29 maggio 1923, imbucata il giorno dopo presso l’ufficio postale di Cava e anch’essa indirizzata a mons. Bugarini, nella quale riferiva che era ospite del vescovo Mons. Luigi Lavitrano e che si riposava “beatamente qualche ora” prima di tornare a Roma; dal registro delle SS. Messe quotidiane celebrate a Cava, nel quale annotava: «29 maggio a Cava in episcopio alle 15; 30 maggio a Cava al Sant. D’Olmo alle 16; 31 maggio a Cava in Duomo alle 19». Della venuta di Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, a Cava    c’è anche traccia in un articolo, senza data né firma, pubblicato il 21 giugno 1923 su Il Piccolo Corriere, organo settimanale dell’Azione Cattolica Salernitano-Lucana.
Questi documenti sono riprodotti nell’opuscolo dal titolo “Omaggio a Giovanni XXIII”, curato da Antonio Donadio, poeta e scrittore cavese trapiantato a Bergamo, che fu presentato nell’aula consiliare del Municipio di Cava il 4 settembre 2000 (cfr. l’articolo di Maria Olmina D’Arienzo su èCostiera, n. 9, settembre 2000). Don Andrea Colavolpe segnala però (su La Voce del Pastore, n. 155 del 5 giugno 2002) che il futuro Papa Giovanni XXIII celebrò nella cattedrale di Amalfi il Pontificale dell’Epifania, il 6 gennaio 1927, assistito dall’arcivescovo Mons. Ercolano Marini, da un certo Mons. Morosini (di cui non c’è altra notizia) e da un vescovo bulgaro. All’organo c’era il canonico Mons. Gabriele Vissicchio, mentre il canto gregoriano era affidato al coro dei seminaristi e degli orfanelli dell’Istituto "Anna e Natalia". E’ chiaro che le affermazioni di Don Andrea Colavolpe, parroco della cattedrale, sono suffragate da documenti d’archivio.
Della sua venuta ad Amalfi parlò lo stesso Giovanni XXIII, sul finire del  pontificato,  nel corso di un’udienza concessa al clero della Campania (la cosa mi fu riferita da un testimone: un anziano monsignore, docente alla facoltà teologica di Napoli). Il papa raccontò che, all’uscita dalla cattedrale, che si erge alta e maestosa sulla piazza, inciampò e cadde. Dio volle che non rotolasse per la lunga e ripida scalinata. Fu prontamente soccorso da una donna (il caso volle che fosse la signora Maria Grazia,  mamma di Mons. Andrea Cesarano, futuro arcivescovo di Manfredonia): lei si chinò, lo aiutò ad alzarsi, si accertò che non avesse riportato danni, quindi gli formulò l’augurio di diventare “santo e viecchio!”, che ancora si usa da noi in situazioni del genere. Rievocando quella circostanza, il Papa  non mancò di sottolineare, sorridendo, che, in fondo, l’auspicio si era avverato: «Mi chiamano Santo Padre e alla vecchiaia ci sono ormai arrivato».



A proposito di Monsignor Cesarano, vanno ricordate alcune circostanze: l’ordinazione sacerdotale, il 19 marzo 1904; la nomina a canonico della cattedrale e la chiamata, come segretario, da parte dell’arcivescovo di Amalfi Mons. Angelo Maria Dolci.  Che lo volle con sé anche in Turchia, dove fu trasferito come delegato apostolico della Santa Sede. Dopo la promozione di Dolci a cardinale, Cesarano conservò le stesse funzioni col successore, Mons. Carlo Margotti. Quel ruolo, così delicato, gli diede modo di conoscere Mons. Roncalli, Visitatore e poi Delegato apostolico in Bulgaria e, dal 24 novembre 1934, anche in Turchia e Grecia. Quando Pio XI nominò Cesarano arcivescovo di Manfredonia la consacrazione avvenne nella stessa Costantinopoli, il 15 agosto 1935, ad opera del futuro Papa. Tra i due si stabilì un rapporto che non ebbe mai fine. Lo sottolineò lo stesso Giovanni XXIII, il 28 agosto 1955, in occasione del suo viaggio a Manfredonia per l’incoronazione dell’antica immagine di Maria SS. di Siponto. «In questo lungo tratto di tempo trascorso – disse - la barba del vostro venerato Arcivescovo, mio diletto amico e confratello, ha avuto il tempo d’imbiancarsi». Secondo fonti attendibili, Roncalli gli offrì la porpora cardinalizia ma Cesarano vi rinunciò, forse per umiltà, fors’anche per ragioni di età.
Aggiungo che, da Patriarca di Venezia, fu Roncalli a benedire, il 9 giugno 1956, sulla Riva dei Giardini Reali, nella città lagunare, le quattro imbarcazioni con le quali Amalfi, Genova, Pisa e Venezia hanno disputato molte edizioni della Regata delle Antiche Repubbliche Marinare.

Ma c’è un altro episodio, ancora più interessante, che lega Giovanni XXIII ad Amalfi e lo vede anticipatore del percorso di canonizzazione del professore Giuseppe Moscati, ora santo. Il famoso clinico era spirato il 12 aprile 1927, rimpianto e benedetto da tutti coloro che lo avevano conosciuto ed erano ricorsi a lui per cure mediche e assistenza spirituale. Appena due anni dopo fu edita la sua prima biografia, scritta dall’arcivescovo di Amalfi Mons. Ercolano Marini su sollecitazione della sorella del Moscati, Nina. Il libro giunse nelle mani di Mons. Roncalli, visitatore apostolico in Bulgaria (gliene fece dono proprio Mons. Cesarano, che all’epoca era suo segretario). Ed egli, da Sofia, ringraziò l’autore con questa lettera datata 3 novembre 1929: «Venerato Monsignore, Chiudo ora il suo bel volume dedicato alla memoria del prof. Giuseppe Moscati. L’ho letto tutto, si può dire, di un fiato; e ne ho l’anima edificata e commossa. Mirabile figura di laico cattolico perfetto; splendido fiore di santità e di scienza; onore del nostro secolo e della nostra razza: lumen Ecclesiae. Sì, ha detto bene il Card. Ascalesi. Il prof. Moscati appartiene ormai – dopo questa riuscitissima biografia che Ella, Monsignore, ne ha tessuto – alla Chiesa universale […]. Io mi compiaccio umilmente e devotamente, ma oh! con quanto affetto, con Lei Monsignore veneratissimo, per questo suo lavoro, che fa tanto onore al suo spirito e che le sarà ragione di tanto merito sulla terra e nei cieli. Vorrei potermi unire a Lei nel tenere sollevato il suo braccio perché non si stanchi di presentare a tutta la Chiesa questo novello luminare, il cui chiarore, come quello del sole, è destinato a spandersi e ad accendere tante anime. Intanto comincerò a pregare e a fare del mio meglio la buona propaganda del nuovo santo – sia detto con ogni rispetto ai decreti di Urbano VIII – e del volume che lo descrive con tanta semplicità e vivezza. Ella, Monsignore, preghi per me, per il mio povero lavoro tra queste anime che vivono nel crepuscolo, e mi continui la sua benevolenza, che mi è così cara e confortevole».
Mons. Roncalli, inoltre,  fece sapere a mons. Marini di essere pronto a firmare la supplica per l’avvio della causa di beatificazione del medico napoletano.
Difficile stabilire se si trattò di una felice intuizione o di veggenza. Per il popolo dei fedeli è importante che due personaggi tanto amati e venerati – Papa Giovanni e il professore Giuseppe Moscati -  siano entrambi assurti alla gloria dell’altare.
© Sigismondo Nastri


domenica 20 aprile 2014

LIBERATA UNA RONDINE CHE ERA RIMASTA IMPIGLIATA NELLA RETE

Ecco la buona azione compiuta nel giorno di Pasqua. 
Abbiamo liberato - mio figlio e io - una povera rondine rimasta impigliata con le zampette nella rete posta a protezione del balcone (ma soprattutto della cagnetta Maya, molto piccola, capace di infilarsi tra le sbarre della ringhiera).
Per fortuna non aveva subito danni e, così, ha potuto riprendere subito il volo. Tornerà stasera, perché il suo nido è proprio sotto il cornicione di casa mia.