venerdì 30 dicembre 2016

CAPODANNO A LETTO

Ieri sera, a Maiori, faceva un freddo da morire. Sul corso, ma anche nella sala di palazzo Mezzacapo dove s'è tenuto l'incontro per celebrare il quarantesimo anniversario della morte di Alfonso Gatto. 
Io già non stavo bene - da alcuni giorni la sciatica mi costringeva a camminare col bastone -, ci sono andato per tener fede a un impegno.
Sono tornato a casa con febbre alta, tosse, mal di gola, dolore alle gambe e alla schiena.
Passerò il capodanno a letto.

CELEBRATO A MAIORI IL QUARANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI ALFONSO GATTO. IL MIO RICORDO DEL POETA

Maiori, giovedì 29 dicembre 2016
 ore 18.00
Palazzo Mezzacapo
Salone degli affreschi


ALFONSO GATTO E LA COSTIERA AMALFITANA


Poco dopo la dolorosa scomparsa di Alfonso Gatto, avvenuta l’8 marzo 1976 a causa di un incidente stradale dalle parti di Orbetello, il professore Francesco D’Episcopo, allora giovanissimo, e Pietro Borraro, direttore della Biblioteca provinciale di Salerno, organizzarono un importante convegno di studi, che si svolse a Salerno, a Maiori e ad Amalfi. Vi parteciparono poeti, cattedratici, critici letterari di grande spessore. Gli atti sono consacrati in un ponderoso volume, edito a Galatina nel 1980, dal titolo “Stratigrafia di un poeta”. Io ero, a quel tempo, consigliere di amministrazione dell’Azienda di soggiorno e turismo di Amalfi. In occasione della sessione dei lavori, in programma nel salone Morelli del palazzo municipale, il presidente, Plinio Amendola, mi affidò il compito di intervenire in sua vece, tratteggiando i legami di Gatto con la Costiera.
Dopo quarant’anni mi tocca di riprendere l’argomento. Lo faccio volentieri, aggiungendo qualche elemento in più sul mio personale rapporto col poeta.

Parto da un dato che viene da lontano. Avevo undici anni. Frequentavo la seconda media ad Amalfi. In un’antologia – non ne ricordo il titolo – trovai una poesia di Alfonso Gatto: “Ai monti di Trento”. Mi colpirono i versi dedicati alla madre:  Penso a mia madre sola con la luna / nella notte d'ottobre, ancora estiva / la brezza muove i suoi capelli, imbruna / sulle case d'intorno. / Così la chiara spera / dei monti a lungo ammalia / nei pascoli la sera. / Odora già l'Italia / di polvere e di rose. / Era la luna ancora effusa al giorno, / mia madre a lungo sul mio capo pose / le mani e disse: «vedi, a noi d'intorno / il tempo s'è fermato...». / Bei monti della sera / azzurro è il mio passato.


Andai a leggere le poche note biografiche in calce alla pagina. E scoprii che era nato a Salerno il 17 luglio 1909. Aveva la stessa età di mio padre (cinque mesi in più).
Cominciai a comprare i suoi libri. Li leggevo con avidità.

Quando Gatto entrò nella redazione di Epoca, provai una grande gioia, perché quel rotocalco lo acquistavo regolarmente ogni settimana. Fu così che scoprii, un giorno, tra le risposte ai lettori, una sua bellissima descrizione di Erchie, che a quel tempo era un luogo assolutamente ignorato. Persino da chi lo attraversava per venire a Maiori o ad Amalfi.

Gatto raccontava che, da ragazzo, ci si recava in barca da Salerno.
(Faccio una parentesi: una volta m’è capitato di vedere, a casa di mio suocero, una foto di gruppo scattata proprio sulla spiaggia di Erchie. Con il poeta e altri amici c’era anche mio suocero).

“In quell’insenatura – scrisse su Epoca –, il mondo taceva come per incanto, la spiaggia di ghiaia bianca, l’acqua del mare verdissima e chiara sugli arenili. Poche voci tra le pergole dei giardini d’agrumi”. Ricordava “una piccola osteria, una stanza, in fondo alla valletta verde dell’insenatura, sotto lo strapiombo della strada costiera. […] una piccola osteria, una stanza, in fondo alla valletta verde dell’insenatura, sotto lo strapiombo della strada costiera. C’era pronto un piatto di aguglie fritte, quei pesci lunghi col becco e la spina verdissima, tenuto al fresco con l’aceto e la mentuccia. Ritornavamo sulla spiaggia, infilavamo la bottiglia nella ghiaia dove batteva la maretta. Mangiavamo con le mani quel pesce odoroso e silvestre, bevevamo quel vino asprigno. Eravamo felici, parlando delle nostre speranze, dei nostri timidi amori. La notte rimaneva sempre chiara. Bevendo e bevendo, parlando e parlando, una notte capitò di addormentarci. Ci risvegliammo che l’aurora tingeva il cielo di rosso. L’oste, prima di andare a letto, ci aveva coperto col tappeto dell’unico tavolo della sua osteria”.

A rileggere il brano, sessant’anni dopo, me lo immagino ancora lì, legato a un gozzo parcheggiato su viscide falanghe, come Ulisse all’albero della nave, con le sirene intorno che lo invitano, con un canto irresistibile e maliardo, a non partire.

Alfonso Gatto lo avevo incrociato qualche volta, con timidezza mista a curiosità, ma anche con la venerazione con cui si guarda a un personaggio di grande rilievo, in occasione delle sue venute a Minori con il giornalista Aldo Falivena, lo scrittore e critico d’arte Enrico Castaldi, l’urologo Bruno Fontana, il gallerista Lelio Schiavone e qualche altro amico, a raggiungere il pittore Mario Carotenuto che si era insediato in una casetta alla fine del lungomare, quasi al limite della scogliera, oppure Giannino Di Lieto, anch’egli poeta, che gli organizzava incontri stimolanti con i ragazzini della scuola. O, magari, Carminuccio Ruocco, l’antiquario che aveva bottega proprio sotto il balconcino di Carotenuto.
Tutto qui. Non m’era mai capitato di scambiare una parola con lui.

Avvenne più tardi: il 9 ottobre del 1966, ad Amalfi, nell’Arsenale, quando si tenne un recital delle sue liriche. Lo so di preciso, perché me lo segnai su un’agendina che ancora conservo. Ci scambiammo qualche banale frase di circostanza.

Nell’estate del 1967, all’inizio di agosto, mi ci trovai di fronte una sera, nella sala interna del Gran Caffè ad Amalfi. Era in compagnia del solito gruppo di amici ai quali s’era aggiunto l’avvocato amalfitano Alfonso Iovane, suo vecchio compagno di banco al liceo. L’avvocato, appena mi vide entrare (ero spinto lì dalla curiosità del cronista), m’invitò ad avvicinarmi. Poi, rivolto a Gatto, disse: “Alfonso, ti presento Sigismondo Nastri, corrispondente del Tempo. Scrive anche poesie. Perché non gliele guardi e gli dai qualche consiglio?”. Mi feci rosso dalla vergogna. Il sudore cominciò a colarmi addosso a rivoli dal volto. E non per il caldo. L’avvocato Iovane mi stimava, anzi mi voleva bene, al punto che si era dimesso da corrispondente del quotidiano romano per farmi subentrare al suo posto. Non smetterò mai di essergli riconoscente.
Alfonso Gatto rispose senza rifletterci un istante: “Io ho preso casa a Conca dei Marini, vicino alla chiesa di san Pancrazio. Ti aspetto domani pomeriggio”.

Il giorno dopo, 7 agosto, era un lunedì, se non erro, arrivai tra le sedici e trenta e le diciassette. Stava già ad aspettarmi. Rimasi con lui fino all’imbrunire. Avevo portato la cartella contenente le mie poesie, o presunte tali, battute con buona cura a macchina. Gli dissi che mi sarebbe piaciuto pubblicarle. Volevo lasciar traccia di una cotta che m’ero preso dieci o dodici anni prima, neppure corrisposto, per una ragazza. La cosa lo incuriosì. Le lesse con attenzione, una per una, commentandole: questa sì, questa no. E dividendole in due blocchi. Il volumetto “Acquamorta”, edito da Rebellato tre anni dopo, prese corpo quel pomeriggio. Nacque da quella selezione.
Eravamo seduti a un tavolo, sul quale Gatto aveva poggiato una bottiglia di whisky e due bicchierini. Io non avevo dimestichezza con i superalcolici. Mi toccò di berne almeno tre o quattro volte.
Ogni tanto si alzava e, affacciato al balcone, mi faceva segno di seguirlo. Mi parlava del paesaggio della costiera, che adorava, della linea impercettibile dell’orizzonte che separava l’azzurro del cielo da quello del mare, mi manifestava il suo amore per gli ulivi, alberi “di antica povertà”,  che vedevamo parati nel terreno scosceso, proprio davanti a noi. “Gli ulivi del mare, foglia / di grigio-verde-argento…” come poi li ho trovati descritti in una sua poesia.

Incontrai ancora Gatto quando accettò di presiedere la giuria di un premio letterario, promosso dall’Azienda turismo di Amalfi: premio che però non ebbe seguito; e quando dettò commosse parole, incise nel marmo accanto all’ingresso dell’hotel Cappuccini, ultimo omaggio di Amalfi Salvatore Quasimodo.

Torno al tema di questo mio intervento. I legami di Alfonso Gatto con la nostra terra sono testimoniati dalle sue frequentazioni e dalla sua poesia: le Rime di viaggio per la terra dipinta, soprattutto. Penso alla emozione – la sua e quella che trasmette a noi lettori – del viaggio in Costiera:

La strada che da Vietri a Capodorso
a Minori, ad Amalfi sale e scende
verso il mare di Conca e di Furore
è strada di montagna: vi s’arrende
la luce che nel trarla dosso a dosso
ai suoi spicchi costrutti trova il fiore
del lastrico deserto, la ginestra.
E l’ombra passa a approfondire il verso
dei suoi displuvi, l’onda dei tornanti
alle case di vetta: una finestra
dai vetri d’alba s’apre per l’oriente
alla breva serale.
Calma fragranza, il sonno nel riverso
meriggio è già l’amore,
un frascheggio di pergole di scale
e di voci passanti,
il fumo di chi vive col suo niente
una giornata d’aria.

Oppure:

Odorava di ragia, di fragaglia,
la costa di Cetara e d’Erchie sale
nella memoria, tesse i muri, impaglia
le pergole di agrumi: per le scale
dei monti svetta il bianco delle case.

O alla suggestiva esplorazione del paesaggio di case e di terrazze a sghembo, che ad Atrani si confondono con le cupole della Maddalena.

Dall’entro della costa all’ampia svolta,
verde di casa rosa Atrani bianca,
 città d’un tempo e d’ogni giorno è colta
dalla sorpresa d’essere: l’affranca
 di luce il suo costrutto per dimore
che ascendono murate al vivo, illese
 nel tenere per saldo e per nitore
 terrazze a sghembo, cupole di chiese.
Nelle arcate profonde del viadotto
 il mare verde inabissato annera.
In alto i vetri del tramonto, sotto
questo fresco parlare che è già sera.

Antonio Vuolo, un giornalista che gli fu amico e lo frequentò, in occasione del Santarosa festival di Conca del 2009, nel corso del quale s’è celebrato il centenario della nascita di Alfonso Gatto, su Positanonews ha scritto: “di cene insieme ne consumammo tante a Minori con l’allegra brigata di Lelio Schiavone, Antonio Castaldi, Bruno Fontana e Mario Carotenuto o ad Atrani a tirare l’alba in miti conversari nella piazzetta/salotto con le scalinate e l’agile campanile di San Salvatore de Birecto a far da quinta. Gatto amava molto Atrani, città d’un tempo e d’ogni giorno colta nella sorpresa d’essere con quel costrutto per dimore che ascendono murate al vivo, illese nel tessere per saldo e per nitore terrazze a sghembo, cupole di chiese, là dove nelle arcate del viadotto il mare verde inabissato annera con in alto i vetri del tramonto e sotto il fresco parlare ch’è già sera”.  Gatto – ricorda Vuolo – “non disponeva di macchina ed odiava la guida. Così, spesso, mi chiedeva di fargli compagnia nelle scorribande da Vietri a Positano, con soste, sempre più frequenti negli anni, a Minori, a Ravello, ad Atrani, ad Amalfi, a Conca, a Furore, a Positano”.
“Verso la fine degli anni sessanta – aggiunge –  mi chiese di trovargli una casa nel verde degli agrumeti, nel silenzio assorto della campagna spalancata sull’infinito dell’orizzonte del mare dei miti e della storia. Girammo a lungo tra Ravello, Scala, Pogerola di Amalfi e Furore. La trovò a Conca. Gli piacque e fu il suo rifugio. E a Conca dedicò una bellissima lirica, in cui registrava la paura da mancamento su per l’erta delle scale dal mare alla collina”.
SEGUENDO L’ERTA DI CONCA
 Il mezzogiorno lastrica le mude
di calce spenta, mi sostiene il vago
terrore di mancare, così nude
le gambe irragionevoli che appago
del ricordo del sole, così mio
l’inganno di seguirle al tremolìo
dell’universo vuoto.
Nel precipizio del cadere immoto
la mia paura a strèpito del cuore.
 Ad attrarmi così, nel lieve moto
di quegli aghi silenti, fu stupore
 di vita la sembianza dell’addio
che a distinguere il volto mi trovavo.
Ero l’orma sparita nell’incavo
del segno, a rilevarmi dall’oblio
fu la musica torrida, la spera
d’un riverbero alato, la Chimera.

Oltre Conca, era il fiordo di Furore a scatenare nel poeta “l’assorta meraviglia dell’essere”. Insieme al “paesetto di Riviera” dove
La sera amorosa
ha raccolto le logge
per farle salpare
le case tranquille
sognanti la rosa
vaghezza dei poggi
discendono al mare
in isole, in ville
accanto alle chiese.
Le parole di Gatto, i versi che ha dedicato alla Costiera – sottolinea Alessandra Ottieri –  “ci restituiscono un’immagine possente della nostra terra, il cui ricordo non solo va preservato come una gemma rara, ma va coltivato, messo a frutto, divulgato presso le nuove generazioni per riscoprire l’amore verso un angolo della nostra penisola che ha bisogno, per riscattarsi, di ritrovare la memoria di sé”.
E questo è compito nostro e dei nostri figli.
Sigismondo Nastri                    




mercoledì 28 dicembre 2016

LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO D'ARTE SU GIOVANNI ZAGORUIKO A POSITANO E A SALERNO. NOTA A MARGINE


Ieri mattina a Positano (nella sede municipale), nel pomeriggio a Salerno (nella sala di rappresentanza della Camera di commercio), s'è tenuta la presentazione del Calendario d'arte dell'Industria grafica e cartaria De Luca, dedicato al pittore ucraino Giovanni Zagoruiko che visse per molti anni, tra le due guerre e fino alla morte, avvenuta nel 1964, esule, a Positano. 
Un grazie vivissimo a Michele De Lucia, sindaco di Positano, e all'ing. Andrea Prete, presidente della Camera di commercio, per la cordiale ospitalità e per l'interesse con cui hanno accolto l'iniziativa di riportare all'attenzione, anno dopo anno, artisti che hanno operato nel territorio salernitano, con il supporto del calendario: che non serve più da tenere appeso in casa per annotarci ricorrenze, scadenze, appuntamenti (ci sono ormai strumenti digitali per questo) ma è un oggetto da collezione, da utilizzare semmai per ragioni di studio. Perché è un vero e proprio saggio critico sull'autore prescelto, corredato da un vasto repertorio di immagini, persino inedite.
Un'iniziativa avviata dal compianto Giuseppe De Luca e continuata, con lo stesso spirito, con la stessa passione, dai figli Andrea e Raffaele, succeduti a lui nella titolarità dell'azienda che - se pure è insediata a Salerno - è rimasta sempre aggrappata alle ue radici amalfitane, come ha sottolineato, nel suo intervento. Andrea De Luca.
Il calendario su Zagoruiko è stato curato da Marco Alfano, giovane e volitivo storico dell'arte. che ne ha trattato insieme con Massimo Bignardi, docente di storia dell'arte contemporanea nell'università di Siena, e Giovanni Camelia, in rappresentanza del Centro di storia e cultura amalfitana. E con il sottoscritto, nel ruolo di moderatore.
Consolazione personale: nonostante una fastidiosa lombosciatalgia, sono riuscito a portare a termine, grazie all'aiuto del bastone, tutti gli impegni della giornata.



DOMANI, A QUARANT'ANNI DALLA MORTE, MAIORI RICORDA IL POETA ALFONSO GATTO E IL SUO LEGAME CON LA COSTIERA

A quarant'anni dalla scomparsa, avvenuta in un terribile incidente stradale l'8 maggio 1986, Maiori - ad iniziativa del Comune e dell'Associazione culturale "La feluca" - dedica una serata ad Alfonso Gatto.  
L'appuntamento è per domani, giovedì 29 dicembre, alle ore diciotto, nel Salone degli Affreschi di Palazzo Mezzacapo.
Avrò il piacere di ricordare il poeta, e il suo legame con la Costa d'Amalfi, ripercorrendo anche i momenti d'incontro avuti con lui,  insieme con Francesco D'Episcopo, professore emerito di letteratura italiana nell'università "Federico II" di Napoli, che di Alfonso Gatto è tra i maggiori studiosi in Italia.
Le musiche saranno eseguite dalla bravissima Michela Ruggiero
I testi poetici saranno letti da Angela Di Lieto.

domenica 25 dicembre 2016

BUON NATALE!

Una mia gentile amica, Elisabeth, che ringrazio,  mi ha mandato questo testo, che -  dice - ha copiato da una iscrizione in una piccola chiesa di El Golea, in Algeria. Non so se era in francese, o in altra lingua, e se è stato tradotto da lei. O, può anche darsi, già in italiano. Penso che esso racchiuda  il significato del Natale, nelle varie sfaccettature, al di là di quello che la ricorrenza rappresenta per ogni cristiano. Ma è un Natale, all'insegna dell'utopia, in controtendenza col corso della storia, della stessa cronaca quotidiana.
Ne faccio oggetto di meditazione, lo sottopongo alla meditazione di quanti mi leggono.
"È Natale quando i nostri cuori, dimenticando le offese, sono veramente fraterni.
È Natale quando finalmente sorge la speranza di un amore più vero.
È Natale quando improvvisamente cessano le menzogne e lasciano il posto alla felicità.
È Natale quando, alla fine della nostra vita, la sofferenza che ci tormenta trova un po’ di dolcezza.
È Natale ogni volta che si asciuga una lacrima negli occhi di un bambino.
È Natale ogni volta che si depongono le armi, ogni volta che ci si accorda.
È Natale ogni volta che si ferma una guerra, e che si aprono le mani.
È Natale ogni volta che si forza la miseria a ritirarsi più lontano.
È NATALE SULLA TERRA OGNI GIORNO,
PERCHÉ NATALE, O MIO FRATELLO, È L’AMORE."
A tutti coloro, uomini e donne di buona volontà, che si riconoscono in questo significato della festa che celebriamo oggi, nel nome del Bambino nato nella mangiatoia di Betlemme e sacrificatosi per la redenzione dell'umanità, giunga il mio più fervido augurio di buon Natale.

venerdì 23 dicembre 2016

IL POMODORO "FIASCONE RE UMBERTO", SIMBOLO DELL'AGRICOLTURA CHE RINASCE A TRAMONTI

Dormo poco. Mi capita spesso, nelle ore piccole, di attendere il sonno guardando la tv.  L’altra notte ero sintonizzato su Gambero Rosso. Rilassante. La voglia di dormire m’è addirittura passata quando mi sono trovate di fronte le immagini di Tramonti: della Tramonti che più amo, quella delle tradizioni, dell’artigianato, dell’agricoltura, dei piccoli laboratori caseari, dell’enogastronomia che ha raggiunto posizioni di assoluta eccellenza.  
Con la conduzione di Monica Piscitelli è stato compiuto un percorso attraverso i vecchi forni,  dove si cuoceva pane e biscotti di grano, la lavorazione del fior di latte,  le pizzerie, che rappresentano il fiore all’occhiello della capacità imprenditoriale dei tramontani, se è vero che ve ne sono disseminate ovunque, in Italia, in Europa e nel mondo: se ne contano duemila, duemilacinquecento.  A Tramonti, se si parla della pizza, inevitabilmente il discorso cade sul pomodoro Fiascone, altrimenti detto Re Umberto. Guardando le piantagioni, in un terreno sgarrupato fortunatamente recuperato all’agricoltura, che Vincenzo Sannino mostrava a Monica Piscitelli, e un bel pomodoro schiattato con le mani, corposo e polposo, m’era venuta voglia di assaggiarlo.
Come se ci fosse stata una trasmissione di pensiero, ieri Maria Rosaria Sannino, amica e collega bravissima, che tanto si sta prodigando per il rilancio dell’economia agricola di Tramonti, e per la salvaguardia dell'ambiente, mi ha fatto omaggio di due grossi barattoli di Re Umberto. Aspetto solo l’occasione per utilizzarli in una pietanza che ne esalti il gusto e le qualità organolettiche.
Ma che cos’è questo Fiascone Re Umberto? La risposta la trovo nel corrispondente sito web. E’ un antico ortaggio che risale al XIX secolo: un’eccellente varietà da sugo o conserva, dalla quale ha tratto origine - udite, udite! - il pomodoro San Marzano. Fiascone per la forma panciuta, credo;  Re Umberto, mi dicono, in omaggio al sovrano quando, nel 1878, visitò Napoli per la prima volta come re d'Italia. 
Per oltre un secolo questo pomodoro è stato coltivato in Italia e venduto da tutte le maggiori ditte sementiere. 
Poi evidentemente è finito in abbandono, al punto da essere cancellato dal registro dell’ENSE, ente incaricato del controllo ufficiale delle sementi.  Però a Tramonti qualcuno, molto saggiamente, quei semi li ha conservati gelosamente nel cassetto. Fino a quando non li ha affidati all’associazione Acarbio, presieduta da Vincenzo Sannino, a cui si deve il grande impegno per recuperarne la coltivazione. Affiancato in questo da Rosa Pepe, agronoma del Crea Ort di Pontecagnano. 
Oggi il pomodoro Fiascone Re Umberto è commercializzato – messo in barattolo, rigorosamente di vetro, nel suo succo - in due versioni: intero e a filetti.

giovedì 22 dicembre 2016

DA FURORE A MAKALOFF, IL SUCCESSO DELLA PASTA INCOLTI


Conosco bene Parigi, ma non sono mai stato a Malakoff, un comune di oltre trentamila abitanti nel dipartimento dell’Hauts-de-Seine che può essere considerato gradevole periferia della capitale francese. Come sia arrivata qui non so. Ma so che s’è insediata bene e, con le sue capacità, è riuscita a metter su un’attività economica di buon livello che fa leva sul made in Italy: sul prodotto che più ci caratterizza, la pasta alimentare. Solo che, invece d’importarla, Antonietta Incolti ha deciso di produrla sul posto. 
E’ nato così il logo pastaIncolti che lei stessa ha disegnato. Già, perché la brava Antonietta – che ho avuto mia alunna all’IPC di Amalfi e ricordo con grande simpatia –, quando ha deciso di attraversare le Alpi lo ha fatto esibendo il  biglietto da visita di pittrice:  altro interessante aspetto, questo, di una personalità tenace, eclettica e volitiva. 
Tanto vero che alle pareti del suo laboratorio, e del punto vendita, sono affissi i suoi quadri, pieni di luce: la luce che ha respirato da ragazza a Furore, il suo paese, in Costiera Amalfitana, arroccato alla montagna lungo il percorso per Agerola, dove peraltro torna spesso.
Sul sito web di pastaIncolti, dominato da due piccanti “diavolilli”, uno verde e uno rosso, Antonietta scrive: Voi forse mi conoscete come pittrice – anche in questo caso vanta belle soddisfazioni –, ora mi scoprirete come artista della cucina. 
Perché lei produce vari formati di pasta, all’uovo in particolare – cito i ravioli –, che prepara all'istante, su richiesta, e la condisce con straordinari sughi. Una cucina spettacolo, così la definisce, dato che le pietanze vengono realizzate al cospetto del cliente, che le può consumare seduta stante o portarsele a casa. Pasta, sottolineo, trafilata al bronzo, a base di semola di grano duro bio e uova fresche.
L’attività è stata avviata nel giugno del 2012 e va avanti con successo. "I miei clienti – sottolinea Antonietta – sono contenti e fedeli".
Complimenti e tanti cari auguri. Se un giorno mi capiterà di tornare a Parigi – lo spero fortemente –, passerò certamente a salutarla.

martedì 20 dicembre 2016

CHE NATALE E' QUESTO?

“Pace in terra agli uomini
di buona volontà”
cantarono gli angeli in coro
quella notte a Betlemme.
Ne son rimasti pochi, davvero,
di buona volontà:  indifesi,
impauriti, calpestati, derisi,
perseguitati, trucidati
come bestie al macello.

Mi domando: Che Natale
è questo 25 dicembre?
Anche a mandare un augurio,
credetemi, faccio fatica.
Oggi alla tv hanno mostrato
i poveri morti di Berlino
e intanto penso a Bruxelles,
a Parigi, a Nizza, ricordo
l’infame genocidio siriano 
che indifferenti distratti
evitiamo di guardare persino.
Non c’è pietà per chi muore,
non ci sono coscienze in rivolta.

Che Natale è questo? ripeto.
Prego che dal giaciglio di paglia
il Cristo rinato ci assista
benigno, ci dia la sua pace:
quella cantata dagli angeli
in gloria a Betlemme
che il mondo ha smarrito.
Non chiedetemi altre parole 
d’augurio. Non riesco a trovarle.


© Sigismondo Nastri, 20.12.2016

sabato 17 dicembre 2016

MARTEDI' 27 DICEMBRE, LA MATTINA A POSITANO E IL POMERIGGIO A SALERNO, SARA' PRESENTATO IL CALENDARIO D'ARTE DI DE LUCA INDUSTRIA GRAFICA E CARTARIA SpA, DEDICATO AL PITTORE GIOVANNI ZAGORUIKO

Martedì 27 dicembre, alle ore 10,30, nella Sala Consiliare “Salvatore Attanasio” del municipio di Positano, sarà presentato alla stampa e al pubblico il Calendario d’Arte De Luca 2017 dedicato al pittore ucraino Giovanni Zagoruiko (1896-1964).
Ne parleranno Massimo Bignardi, docente di storia dell’arte contemporanea nell’Università degli Studi di Siena, il curatore Marco Alfano, storico dell’arte, e Andrea De Luca della De Luca Industria Grafica e Cartaria SpA. Moderatore, il giornalista Sigismondo Nastri. Per i saluti istituzionali saranno presenti Michele De Lucia, sindaco di Positano, Giovanni Camelia del  Centro di Cultura e Storia Amalfitana, che ha patrocinato, con il Comune di Positano e la Camera di Commercio, l’iniziativa editoriale.
Sempre martedì 27 dicembre, alle ore 17,00, il Calendario De Luca sarà presentato a Salerno nel Salone “Genovesi” della Camera di Commercio, coi medesimi relatori e la partecipazione di Andrea Prete, presidente dell’Ente camerale.
Una tradizione consolidata quella avviata dalla importante azienda grafica e cartaria, entrata a far parte del costume del nostro Natale. Una tradizione che porta avanti la felice intuizione di Giuseppe De Luca (1934-2013) di realizzare un calendario promozionale dedicato ai maggiori artisti che, tra ottocento e novecento, hanno operato nel territorio salernitano. Basti citare Irene Kowaliska, Andrea D’Arienzo, Matteo Di Lieto, la Ceramica Ernestine, Manfredi Nicoletti, Biagio Mercadante, Pasquale Avallone.
Il Calendario illustra nei dodici mesi i vari periodi della carriera di Zagoruiko, tra i primi esuli a stabilirsi stabilmente sulla Costa d’Amalfi, già alla fine del secondo decennio del secolo scorso, centrando l’attenzione su opere conservate presso Enti (Comune di Positano, Camera di Commercio) o prestigiose collezioni private, riprodotte e analizzate storicamente negli “apparati”, sempre molto ricchi, sul retro di ogni pagina. Tra queste, si segnalano:  Venezia, 1926 (olio su cartone, cm 45,5x36,8), Foro romano. L’Arco di Settimo Severo, 1928 (olio su tela, cm 54x74), Positano sotto la neve, 1929 (olio su tela, cm 96x86); Chiesa di San Giacomo a Positano, 1929 (olio su cartone, cm 70,5x49); La Chiesa Nuova a Positano, 1933-35 (olio su tavola, cm 41x31) della Camera di Commercio di Salerno; Costantinopoli di notte, 1939 (olio su tavola, cm 64x50) e Veduta verso Praiano, 1956 (olio su tela, cm 142x144) appartenente alle collezioni del Comune di Positano.
G. Zagoruiko, Veduta con teiera, collez. privata

Ivan Pankratоvič Zagorujko, nato a Dnepropetrovsk nel 1896, si formò a Kiev (Ucraina), in contatto con il pittore bulgaro Boris Georgiev. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo troviamo arruolato nel reggimento scelto dei cosacchi e poi nell’Armata bianca. Nel 1920, in conseguenza delle drammatiche vicende della Rivoluzione d’ottobre, decise di emigrare: dopo vari spostamenti tra Turchia, Bulgaria e Grecia, a metà degli anni venti giunse in Italia. Soggiornò a Venezia (1926) e in Trentino (1927); si fermò a Roma, dove tenne la prima mostra personale alla Galleria Fiamma nel ’28. Nell’estate dello stesso anno fece un viaggio a Napoli, Pompei e a Positano, dove tornò per stabilirvisi definitivamente. Nel 1935 partecipò con quattro paesaggi alla I Mostra d’Arte di Positano. Nel 1931 fu invitato alla Mostra degli stranieri residenti in Italia, alla XX Biennale di Venezia, dove espose Autoritratto, Allegoria e Positano, raggi di sole. Nel ’37 espose due opere alla Prima Mostra del Sindacato Provinciale Fascista Belle Arti di Salerno. Negli anni Trenta e Quaranta frequentò gli esuli russi residenti a Positano, da Leonid Mjasin a Michail Semenov e Vasilij Nečitajlov; ospitò inoltre artisti amici come Alessio Issupoff, il maestro Boris Georgiev e il futurista David Burljuk. Nel 1941 corse il rischio di essere deportato in un campo d’internamento a causa delle leggi fasciste introdotte con la Seconda Guerra Mondiale, ma riuscì a salvarsi grazie all’aiuto dei positanesi. In particolare, del parroco don Saverio Cinque e del medico Vito Fiorentino. Fu comunque costretto a sottoscrivere un “verbale di diffida”, in cui accettava di attenersi alle disposizioni restrittive per gli stranieri, come quella di non dipingere all’aria aperta. Nel 1947 riprese l’attività espositiva con una personale alla Galleria Forti di Napoli e l’anno seguente alla Prima Annuale Nazionale d’Arte di Cava de’ Tirreni. Nel 1955 espose alla Galleria d’Arte del Palazzo delle Esposizioni a Roma e tenne una personale al Palazzetto Borghese, mostra riproposta nel 1958 al Palazzo di Città di Salerno. L’ultima personale è del 1963, alla Galleria d’Arte del Palazzo delle Esposizioni di Roma. Zagoruiko, benvoluto da tutti, chiamato affettuosamente “don” Giovanni, morì nell’ospedale di Salerno nell’autunno del 1964. E’ sepolto a Positano. Nel piccolo cimitero, che si affaccia da uno sperone di roccia sul mare, dirimpetto all'arcipelago dei Galli, sulla sua tomba è incisa una frase tratta da I fratelli Karamazov di Dostoevskij: “Come è bello il mondo di Dio”. 

venerdì 16 dicembre 2016

ANDREA CATALDI E ORLANDO BUONOCORE, VINCITORI DEL CONCORSO DI POESIA "MICHELE BUONOCORE" AD ATRANI. DOMANI LA PREMIAZIONE

Nella Casa della Cultura ad Atrani, domani, sabato 17 dicembre, alle ore 17.00, si svolgerà la cerimonia di premiazione dell’VIII edizione del concorso di poesia “Michele Buonocore”, organizzato dall’associazione “MikiBù”, con il patrocinio del Comune, nel ricordo sempre vivo del vigile urbano, che avevo avuto come alunno,  prematuramente scomparso nel 2008. Michele coltivava una fertile passione per i versi ed era un appassionato cultore di storia locale. Il concorso  è articolato in due sezioni: lingua italiana e vernacolo.
Nella serata, condotta dall’attore Giuseppe Pisacane e dal direttore organizzativo di ..incostieraamalfitana.it Festa del Libro in Mediterraneo, Alfonso Bottone, saranno consegnati i riconoscimenti ai vincitori, secondo le valutazioni effettuate dalla Commissione giudicatrice composta quest’anno dal professor Aniello Milo, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale di Amalfi; dal professor Francesco Criscuolo, già preside dei Licei Classico e Scientifico di Amalfi; dalle professoresse Carmela Di Benedetto, Teresa Vecchi, Raffaella Carrano; dal poeta Enzo Del Pizzo; dalla responsabile dell’Associazione “Arte Atrani”, Raffaella Martinelli; da Daniela Castellano ed Alfonso Bottone.
Nella sala “Andrea Di Benedetto” della Casa della Cultura riecheggeranno i versi di Andrea Cataldi di Amalfi, vincitore della sezione in lingua italiana con la poesia “A Francesca”, di Lucia Errichiello di Aprilia (LT) con “Primavera d’intorno”, seconda classificata, di Davide Rocco Colacrai di Arezzo con “Il nostro noi” e Bruno Tassone di Crotone con “Ricordi”, terzi classificati ex aequo, affidati alla bravura recitativa di Giuseppe Pisacane.
Nicola Castello e Maria Rosaria Palumbo saranno invece le voci interpretative dei versi di Orlando Buonocore di Atrani, vincitore della sezione in vernacolo con la poesia “’A Signora”, di Natale Porritiello di Sant’Agata dei Goti (BN) con “’A casa mia”, secondo classificato, e di Antonio Ranucci di Nocera Inferiore con “Quanno se fa sera”, terzo classificato.
Il Coro dei bimbi di Atrani, diretto da Maria Cavaliere, la Corale “Pina Elefante”, diretta da Anna Bottone, i musicisti Giuseppe e Tommaso Barra, animeranno l’evento.

DOMENICA 18 DICEMBRE, A TRAMONTI, LA TREDICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO ARTISTICO-LETTERARIO DEDICATO A PIETRO TAGLIAFIERRO

Domenica 18 dicembre, alle ore 17.30, nella sala di rappresentanza del Municipio di Tramonti, si terrà la cerimonia di premiazione della tredicesima edizione del Premio artistico-letterario "Città di Tramonti" dedicato a Pietro Tagliafierro giovane disabile, che amava scrivere poesie, prematuramente scomparso. E', questo, uno degli appuntamenti culturali più importanti di Tramonti, da sempre sostenuto dall'Amministrazione comunale guidata dal sindaco Antonio Giordano.
Folta, come sempre, la pattuglia degli ospiti: il giornalista Giovanni Masotti, già corrispondente Rai da Londra e Mosca, il comico cabarettista di Made in Sud Enzo Fischetti, l'attore Sebastiano Somma che per l'occasione si esibirà nella lettura scenica di alcuni brani tratti dall'opera "Il Gattopardo", accompagnato dal magico violino del Maestro Riccardo Bonaccini.
La serata proseguirà con la premiazione dei vincitori del concorso ispirato alla Fede, al quale hanno partecipato numerosi concorrenti, suddivisi in due categorie: letteratura e arte, sezioni narrativa, poesia inedita, poesia in vernacolo, pittura, fotografia e ceramica.
Una sezione speciale è stata dedicata ai lavori dei ragazzi delle scuole primarie e secondarie, che anche quest'anno si sono distinti per la qualità delle opere presentate.
Una serata in cui non mancheranno colpi di scena e in cui saranno premiati, oltre ai vincitori, anche numerosi ospiti distintisi in ambito artistico e professionale. A coordinare i lavori, il giornalista Alfonso Bottone, direttore organizzativo incostieramalfitana.it.
“La manifestazione acquisisce, anno dopo anno, uno splendore sempre maggiore - ha dichiarato il sindaco Antonio Giordano. - La tredicesima edizione offre la possibilità di fare un resoconto del Premio e di constatarne l'enorme importanza nel panorama culturale regionale. Rivolgo il mio più sentito ringraziamento a tutti i partecipanti, a tutti gli amici scrittori, poeti e giornalisti che ogni anno impreziosiscono il nostro incontro artistico - letterario, a tutti i sodali che in tante edizioni ci hanno onorato della loro presenza e hanno contribuito a dare maggiore eco alla comunità di Tramonti”».

LUNEDI' 19 DICEMBRE IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI SALERNO INCONTRA I GIORNALISTI PER GLI AUGURI DI FINE ANNO. MA C'E' LA CONCOMITANZA CON UN ALTRA INIZIATIVA, A NAPOLI, CHE INTERESSA IL MONDO DELLA STAMPA


Il Presidente della Provincia di Salerno, Giuseppe Canfora, ha invitato i giornalisti "a partecipare al tradizionale incontro per lo scambio degli auguri in occasione delle imminenti Festività di Natale e del Nuovo Anno". Incontro fissato per le ore 11.15 di lunedì 19 dicembre nel salone di rappresentanza di Palazzo Sant'Agostino.
Ho ricevuto l'invito e ringrazio di cuore.
Devo, tuttavia, manifestare le mie perplessità sulla scelta della data e dell'orario di questo appuntamento.  
Lunedì mattina, alla Emeroteca Tucci di Napoli, ad iniziativa del Consiglio nazionale dell'ordine dei Giornalisti e del Movimento unitario giornalisti, è in programma la presentazione del libro dedicato alla memoria di Mimmo Castellano, al quale il mondo della stampa campano, in particolare quello salernitano, deve tantissimo. 
Il libro raccoglie le testimonianze di molti colleghi, che lo hanno conosciuto, frequentato e gli hanno voluto bene. Compresa la mia.

giovedì 15 dicembre 2016

LUNEDI' 19 DICEMBRE, A NAPOLI, LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO CHE RICORDA LA FIGURA E L'OPERA DI MIMMO CASTELLANO ATTRAVERSO LE TESTIMONIANZE DEI COLLEGHI GIORNALISTI

Lunedì prossimo, 19 dicembre, alle ore nove, presso l’Emeroteca Tucci di Napoli (Piazza Matteotti,2), si terrà la conferenza stampa di presentazione del libro: Mimmo Castellano - La forza del giornalismo a cura di Salvatore Campitiello ed Elia Fiorillo, edizione Realtà Sannita. Nel volume si rievoca – con testimonianze di colleghi e amici dello scomparso - la figura di un giornalista pubblicista molto noto e stimato, amato non solo in Campania ma in tutta Italia.
Nato a Napoli nel 1935 e vissuto a Castellammare di Stabia, Mimmo Castellano ha operato per oltre
un quarantennio, fino agli inizi del duemila, nel mondo dell’informazione con alti incarichi: vice segretario nazionale e segretario generale aggiunto della Federazione Nazionale della Stampa Italiana  e vice presidente del consiglio dell'Ordine dei giornalisti della Campania.
Il ricordo di Castellano e della sua opera è affidato a giornalisti professionisti ma anche a tanti colleghi pubblicisti, che hanno operato e operano nel mondo dell’informazione: una categoria che Mimmo Castellano aveva sempre difeso fino all’ultimo giorno della sua scomparsa, avvenuta il 18 giugno del 2008..
La pubblicazione riporta le testimonianze del presidente dell'Ordine Nazionale, Enzo Iacopino, di Beppe Giulietti, presidente della FNSI, e poi ancora di Mimmo Falco, Ottavio Lucarelli, Franco Siddi, Giancarlo Tartaglia, Annamaria Barbato Ricci, Pino Blasi, Elisabetta Bruno, Marco Caramagna, Clemente Carlucci, Angelo Ciaravolo, Pasquale Cirillo, Gianfranco Coppola, Ermanno Corsi, Marcello Curzio, Antonio De Caro, Giuseppe De Girolamo, Vera De Luca, Armando De Rosa, Maurizio De Tilla, Lorenzo Del Boca, Pippo Della Corte, Nicola Di Monaco, Nino Di Somma, Ezio Ercole, Gianpaolo Esposito, Daniela Faiella, Gino Falleri, Mauro Fellico, Giovanni Fuccio, Gennaro Guida, Peppe Iannicelli, Gaetano Imparato, Mimmo Marcozzi, Vincenzo Massa, Sigismondo Nastri, Rita Occidente Lupo, Gennaro Pane, Enrico Paissan, Giuseppe Petrucciani, Franco Po, Attilio Raimondi, Riccardo Rampolla, Annamaria Riccio, Vittorio Roidi, Barbara Ruggiero, Nino Ruggiero, Francesco Russo, Mimmo Santonastaso, Antonio Sasso, Mario Vassalluzzo, Carlo Verna, Luigi Zappella.
Salvatore Campitiello ed Elia Fiorillo, autori e curatori del libro, in collaborazione con Mimmo Falco e con l’Assostampa Campania Valle del Sarno, hanno raccolto e messo in ordine i vari contributi e tracciato un profilo di Castellano, l'uomo e il giornalista, con il quale hanno collaborato intensamente durante tutto il suo percorso terreno, umano e sindacale. Nella rassegna è presente anche il sentito ricordo del nipote, Claudio Lapice.
Il volume è corredato di fotografie, resoconti di tutte le manifestazioni di premiazione del “Premio Giornalistico Mimmo Castellano” giunto alla sesta edizione e istituito dall'Associazione Giornalisti Campania Valle del Sarno della quale è presidente Salvatore Campitiello.
Nell’occasione dell’evento, sarà presentato anche l’Inno nazionale dei giornalisti. Autori dei versi Franco Russo e della musica il maestro Mario Alfano.

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE CAMPANIA VINCENZO DE LUCA, LA FRITTURA DI PESCE E LA "ISTIGAZIONE AL VOTO DI SCAMBIO"

Entro, comme 'o petrusino dint' 'a menesta, solo per manifestare una mia convinzione.
Premesso che non ho mai avuto occasione di parlargli, né sono un suo seguace e neppure ho mai avuto rapporti con lui, mi rifiuto di pensare che il Presidente della Regione Vincenzo De Luca, amante - nel linguaggio - degli eccessi, delle esagerazioni, delle boutade (ricordo certe filippiche dallo schermo di Lira tv), facesse sul serio quando - nel clima infuocato e non sempre corretto della campagna elettorale referendaria - ha tirato in ballo la frittura di pesce rapportandola al voto per il sì.
Per quanto mi riguarda, ho fatto campagna per il no su Facebook, non sulla base di opinioni politiche ma perché le modifiche proposte non mi convincevano.
De Luca, secondo me, con quella battuta - sicuramente infelice - voleva solo spronare i sindaci a darsi da fare.
Penso la stessa cosa anche dell'espressione rivolta alla onorevole Rosy Bindi, che pure ha fatto scandalo (quante volte anche noi, per scherzo, addirittura per fare un complimento, abbiamo detto a qualche amico: "Puozze essere 'mpiso!").

De Luca ha sbagliato, se mai, a dare esca alla strumentalizzazione delle sue parole, che poi è arrivata puntuale. Ma, in tutta onestà, non credo che volesse istigare al voto di scambio.

martedì 13 dicembre 2016

"OTTANTA DA MOSTRARE", LA PERSONALE DI PIETRO FALIVENA A SALERNO

Non è da molto che conosco Pietro Falivena. Per me, fino a un po’ di tempo fa, era solo il fratello di Aldo, uno dei punti di riferimento di quanti, ragazzi, volevamo fare i giornalisti. Quando lui – il ricordo va agli anni cinquanta del secolo scorso  era a capo della redazione de Il Giornale a Salerno. Com’era diverso, allora, il giornalismo: senza veline, senza comunicati stampa. Le notizie dovevi cercarle, nel senso che dovevi avere dei personali canali di informazione, puntuali, affidabili.
Dicevo che l’amicizia con Pietro è relativamente recente. Fondata, tuttavia, su  solide basi di stima e di condivisione di idee, pensieri, valori.  Ci si vede, per lo più, nella bottega di Adriano Paolelli, frequentata anche da Cosimo Budetta.
Ecco: Budetta, Falivena, Paolelli, un trio delle meraviglie. Simile a quello che, una volta, nel calcio, incantava e divertiva: Green, Liedholm, Nordhal. Accomuno così tre artisti - personalità diverse, come diverso è il loro modo di dipingere - che, tuttavia,  hanno il privilegio di lavorare in assoluta libertà, senza condizionamenti. Senza la logica imposta dai galleristi. Non è poco, in un tempo in cui tutto è oggetto di mercificazione. 
Adriano Paolelli: Ritratto di Pietro Falivena
Ma torno a Pietro Falivena che ieri pomeriggio, a Salerno, negli spazi di palazzo Genovese (largo Campo), ha inaugurato una personale  a cura di Lucio Afeltra, Corradino Pellecchia e Vito Pinto – alla quale ha dato nome “Ottanta da mostrare”.  Non ci son potuto andare e mi dispiace. Il titolo è lo stesso che trovo sulla cartella nella quale è inserito un dipinto, del quale ha voluto farmi dono quando, due mesi fa, ha compiuto ottant’anni.
Andrò a visitarla nei prossimi giorni. Ieri, purtroppo, non m’è stato possibile.
Falivena è l’artista delle carte perse, delle carte volanti, delle carte colorate. In cui le forme, le linee, un cromatismo vivace richiamano – lo evidenzia Paolo Romano su La Città, citando Francesco d’Episcopo, autore del testo di presentazione   «l’inconscio immaginifico sepolto in ciascuno di noi».
«Nella tavolozza di Falivena – nota Paolo Romano – i cieli rossi ed i mari verdi, le barche e le marine, le case pastello ed i campi giallo limone, gli alberi dai colori improbabili e le colline d’un verde chiarissimo popolano un universo pittorico dove il sovrano assoluto è il colore, steso direttamente sul foglio e sulla tela, senza nemmeno passare attraverso la mediazione del disegno»
La mostra ha ampio spazio pure su Il Mattino. Per Marcello Napoli  è «un’antologia di segni e di sogni dove è protagonista il ‘calore del colore’, quel brivido caldo che è raro trovare in tempi così falsamente artificiali, dominati dal pixel, dal pc, tablet, ma non dalle mani e dagli occhi. Il tratto apparentemente infantile, gli alberi, la casa, le onde del mare in cieli arcobaleno sono più grafica e graffio che copia dalla realtà, più impressioni che spiegazioni, più sensazioni che illustrazioni».