venerdì 23 settembre 2016

LUNEDI' 26 SETTEMBRE, INCONTRO AL COMUNE DI MAIORI SUL PROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE (PSR) DELLA CAMPANIA

Lunedì 26 settembre, alle ore 9.30, è in programma a Maiori, nel Salone degli Affreschi di Palazzo Mezzacapo, un incontro informativo per illustrare i primi bandi pubblicati relativi al Programma di Sviluppo Rurale (PSR) della Campania, destinati ad agricoltori e loro associazioni.
La dotazione finanziaria del PSR Campania 2014-2020 ammonta a circa 1.836 milioni di euro, di cui 1.110 milioni di risorse comunitarie (a valere sul FEASR/Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Surale) e 726 milioni di risorse nazionali e regionali.
Sarà presente il dott. Raffaele Romano, esperto di fondi FEASR, per illustrare gli obiettivi del programma ed in particolare fornire un supporto tecnico a quanti vorranno accedere alle misure che sono finalizzate ad aziende agricole, aziende agroalimentari ed enti pubblici.
In particolare, esse vertono su:
• adozione di impegni agro-climatico-ambientali, tra cui la coltivazione e lo sviluppo sostenibile di varietà vegetali e l’allevamento sostenibile delle razze autoctone;
• adesione al sistema di controllo nazionale per l’agricoltura biologica e l’applicazione delle sue regole nonché al mantenimento di impegni in materia di pratiche biologiche;
• adozione di impegni in materia forestale-ambientale oltre i requisiti obbligatori per legge.  

Inoltre, sono stati anche varati i bandi che prevedono l’erogazione di indennità compensative agli agricoltori per gli svantaggi derivanti dalla localizzazione dell’azienda in zone montane, territori soggetti a vincoli naturali significativi diversi dalle zone montane o aree caratterizzate da vincoli specifici.

giovedì 22 settembre 2016

..incostieraamalfitana.it , LA KERMESSE LETTERARIA DIRETTA DA ALFONSO BOTTONE, PRESENTE AL DECENNALE DEL PREMIO "GIALLOLATINO" A LATINA E ALLO SPOLETO FESTIVAL ART

Sarà un weekend intenso, questo  – mi fa sapere l’amico Alfonso Bottone -  per la sua creatura,   ..incostieraamalfitana.it. Venerdì 23 settembre, infatti, a Latina si avvierà il gemellaggio con il Premio di narrativa “Giallolatino”.  E poi, il giorno dopo, sabato 24 settembre, la Festa del Libro in Mediterraneo sarà ospite dello Spoleto Festival Art, con cui il gemellaggio è in essere già dal 2014.  
Alfonso Bottone al gemellaggio
con lo Spoleto FestivalArt
Per “Giallolatino”, in programma dal 22 al 25 settembre, questa è l'edizione del decennale, come pure per ..incostieraamalfitana.it. La manifestazione, nata da un’idea del giornalista e scrittore Gian Luca Campagna, lega fortemente e indissolubilmente l’evento letterario con i luoghi e gli scenari della provincia pontina, che possiede una storia millenaria e al tempo stessa moderna. «Il Premio di narrativa, esteso in tutt’Italia - leggo nel comunicato stampa -, vede la partecipazione anche dei nomi "illustri" della letteratura gialla che, unendo i loro racconti a quelli dei premiati, vanno a confluire in un’elegante antologia che viene presentata nel corso dell’edizione successiva di “Giallolatino”. I quattro giorni del Festival sono vivacizzati da presentazioni di libri, incontri con gli autori, murder party, cene letterarie, reading, concorsi di poesia, narrativa e fotografici; tutto rigorosamente legato al mondo del giallo e del noir. Non è un caso infatti che la manifestazione contenitore abbia adottato come slogan “il delitto che lascia traccia”».
.A Spoleto il direttore organizzativo di ..incostieraamalfitana.it, Alfonso Bottone, sarà invece tra gli ospiti, al Salone Nobile di Palazzo Mauri, della consegna del Premio Internazionale SpoletoArtFestival 2016 Letteratura. Tra i premiati l’editore e scrittore avellinese Arturo Bascetta e lo scrittore vietrese Gianni Mauro.

martedì 20 settembre 2016

SABATO 24 E DOMENICA 25 SETTEMBRE, TORNA LA "FESTA DELLA MONTAGNA" A TRAMONTI

La Festa della Montagna, in programma sabato 24 e domenica 25 settembre, a Tramonti, secondo me dovrebbe avere due scopi: quello di promuovere un territorio, che è bellissimo, e lanciare, contemporaneamente, un duro monito a quei delinquenti che mettono in serio pericolo – appiccandovi il fuoco – i nostri boschi, le nostre colline, i nostri monti. Spero che, al di là dei momenti ludici, delle abbuffate gastronomiche (stimolate dalla qualità dei prodotti), lo si faccia. Non si può lasciar passare sotto silenzio, come se fosse un male inevitabile, lo spettacolo avvilente che ci si presenta ogni anno, in piena estate, da un capo all’altro della Costiera. Bisogna abbattere la cortina di omertà che protegge i piromani e i loro mandanti.
Ciò premesso, sia benvenuta questa festa, che, nelle intenzioni degli organizzatori, vuol riportarci alle nostre origini contadine. 
Proprio oggi, su Rai3, ho assistito alla puntata di Geo, che ha trattato del pomodoro Re Fiascone, tipico di Tramonti, e mi sono compiaciuto con quanti – a partire dai giovani di Acarbio – si sono prodigati, e si stanno prodigando, per recuperarne la coltivazione per renderla redditizia. E’ una cosa che ci fa onore, che fa onore alla gente di Tramonti.
La Festa della Montagna si svolgerà nella frazione Cesarano, prossima al valico di Chiunzi. Prevede un interessante percorso enogastronomico con antiche pietanze, prodotti locali e degustazioni di vini doc Costa d’Amalfi. Con un posto d’onore riservato alla castagna, che nonostante gli attacchi del cinipide galligeno che ha colpito le piante negli ultimi anni, cerca di resistere sui grandi alberi che caratterizzano il panorama montano; l'uva; i latticini e i formaggi, ortaggi. Lo scopo è quello di valorizzare un nuovo filone di lavoro e di guadagno che sta prendendo piede, negli ultimi tempi, nei territori a monte della fascia costiera: l'agriturismo e la fattoria a km zero. Una realtà che in tutta Tramonti si sta sviluppando molto e che permette di semplificare la filiera agricola direttamente dal produttore al consumatore. Tanti i prodotti genuini che saranno serviti: farro e fagioli; panini caldi con salsiccia speziata; verdure grigliate; spezzatino di capra, e poi il dolce della nonna, il sorbetto al limone, il concerto (liquore “inventato” a Tramonti), le immancabili caldarroste.
Il divertimento avrà comunque la sua parte, con suoni e balli della tradizione popolare e dimostrazioni di antichi mestieri: sabato 24 saranno I Discede ad allietare la serata mentre domenica 25 settembre ci sarà il tradizionale albero della cuccagna, spettacolo di forza e di abilità, appuntamento da non perdere per gli appassionati e preziosa occasione per tutti i neofiti che desiderano avvicinarsi al mondo agreste.
Alla organizzazione dell’evento concorrono in modo determinante l'ANSPI don Luca della frazione Cesarano e il Comune di Tramonti.

VENERDI' 23 SETTEMBRE, A MAIORI, LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI SILVIO ZOTTA SUL GIURISTA E UOMO DI STATO GIOVAN FRANCESCO DE PONTE (1541-1616), DI ORIGINE MAIORESE

Venerdì, 23 settembre, alle ore sedici, nel salone di rappresentanza di Palazzo Mezzacapo, a Maiori, sarà presentato il libro “Scacco al cardinale Lo ‘stato’ di Amalfi a rischio infeudazione (1611 e 1642)” di Silvio Zotta. L’iniziativa tende anche a ricordare Giovan Francesco de Ponte, giurista e uomo di stato di origine maiorese, nel quarto centenario della morte.
Dopo il saluto del sindaco,  Antonio Capone, e della Vice presidente del Centro di cultura e storia amalfitana, Ermelinda Di Lieto, ne tratteranno, con l’autore: Giovanni Muto, docente di storia moderna nell’Università Federico II di Napoli; Michele Bénaiteau, docente di storia moderna nell’Istituto universitario Orientale di Napoli; Giuseppe Gargano, storico, presidente onorario del Ccsa. Le conclusioni saranno affidate a Bonaventura Landi, consigliere delegato alla cultura del Comune di Maiori. Coordinatore dell’incontro, Giovanni Camelia, direttore del Comitato scientifico del Ccsa.
Il lavoro di Zotta prende in esame dapprima la congiuntura e le dinamiche sociali, che nel 1583 permisero agli abitanti dello ‘stato’ di Amalfi di acquistare a titolo oneroso il diritto di vivere in demanio, e poi i due episodi che, nel 1611 e nel 1642, esposero gli abitanti della Costiera al rischio di essere risottomessi al regime feudale. Due date, queste, che designavano ambiti temporali molto diversi tra loro, per le mutate condizioni sociali, economiche, civili e morali, in cui si trovavano gli abitanti della Costiera. E tali differenti condizioni caratterizzavano anche la qualità, il tono e l’esito degli interventi che furono fatti per respingere il rischio dell’infeudazione.

venerdì 16 settembre 2016

QUANDO, AD AMALFI, FUI LATORE DI UN MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. IL MIO RICORDO DI CARLO AZEGLIO CIAMPI

Ho appreso dal telegiornale, all’ora di pranzo, la notizia della morte di Carlo Azeglio Ciampi, avvenuta stamane a Roma alla veneranda età di novantacinque anni.  Aveva ricoperto la carica di Presidente della Repubblica dal 1999 al 2006, eletto al primo scrutinio con una larga messe di voti, dopo essere stato governatore della Banca d'Italia per quattordici anni e presidente del Consiglio del Ministri dal 28 aprile 1993 al 10 maggio 1994.
Ad Amalfi era venuto più di una volta, in vacanza con la moglie, signora Franca, quando ancora le sue condizioni di salute glielo consentivano, fermandosi a gustare le deliziose specialità dolciarie della Pasticceria Pansa in piazza Duomo. E non disdegnando di scambiare qualche parola con chiunque gli si avvicinasse.
Carlo Azeglio Ciampi
L'Italia perde con lui un grande fedele servitore dello Stato e, soprattutto, una persona perbene. Un signore d'altri tempi.
E ora il mio ricordo personale.
Quel pomeriggio, si era alla vigilia (o antivigilia, non ricordo bene)  della intitolazione all’onorevole Francesco Amodio  del largo antistante l’ingresso del Palazzo municipale di Amalfi, mi trovavo per pura combinazione nella casa di Maiori a svolgere alcune faccende. Squillò il telefono. Convinto che all’altro lato del filo ci fosse mia moglie alzai la cornetta e risposi con disinvoltura. “Pronto, dimmi: che vuoi?”.  No, non era lei. Una voce, che non conoscevo, mi lasciò di stucco. “Qui Palazzo del Quirinale. Gradiremmo parlare con Sigismondo Nastri”. “Sono io”, risposi con diffidenza, sospettando un maldestro scherzo da parte di qualcuno.
La voce m'invitò ad attendere che mi mettesse in contatto con un funzionario della Segreteria generale della Presidenza. Questi m'informò che il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, mi avrebbe mandato un telegramma con un suo messaggio, da leggere all'inizio della cerimonia in ricordo del parlamentare amalfitano. “E lo invia a me? – tentai di replicare. – Io non ho alcun ruolo istituzionale”. “Sì, a lei - mi sentii ribattere - e lo leggerà lei”.
Per la verità ero stato io a scrivere pochi giorni prima a Ciampi, da cittadino, pregandolo di far pervenire un sua  testimonianza su Amodio, che era stato per quattro legislature deputato al Parlamento e per lunghissimi anni sindaco di Amalfi.
Accettai l’incarico e, temendo che il telegramma arrivasse in ritardo (era un venerdì pomeriggio: la posta me lo recapitò il lunedì successivo), chiesi di trasmettermelo intanto a mezzo fax. Dopo mezz’ora era già nelle mie mani.
L’indomani, nel salone Morelli di Palazzo San Benedetto - presenti le massime autorità provinciali e i sindaci della Costiera -,  esordii con queste parole: “Tutto mi sarei aspettato nella vita fuorché di essere latore, un giorno, di un messaggio del Presidente della Repubblica”. Non mi pareva vero. Ancora non mi sembra vero. Fu un gesto di grande sensibilità umana di Ciampi, del quale non finirò mai di essergli riconoscente.
Sigismondo Nastri


giovedì 15 settembre 2016

LA PRESENTAZIONE A MAIORI DEL LIBRO "UN GRANO DI MORFINA PER FREUD" DI RINO MELE. L'INTERVENTO DI SIGISMONDO NASTRI


Nel bel salone di rappresentanza di Palazzo Mezzacapo, a Maiori, è stato presentato il libro "Un grano di morfina per Freud" di Rino Mele, edito da Manni, già inserito nella terza dei finalisti al Premio Viareggio-Repaci, sezione poesia, di quest'anno. Sono intervenuti, con l'autore, l'assessore comunale Chiara Gambardella, il sindaco di Furore Raffaele Ferraioli, il sottoscritto. La violinista Michela Coppola ha eseguito brani di Mozart, Bach, Berio, Dalla Piccola.
Trascrivo qui di seguito il mio intervento.
Rino Mele
«Il professore Rino Mele non ha bisogno di presentazioni.  Specialmente dopo la pubblicazione di questo libro, che lo ha portato – con l’inserimento nella terzina finalista - a un passo dall’assegnazione del Premio Viareggio-Repaci per la poesia. Premio nel quale abbiamo sperato in tanti: tutti quelli che riconoscono in lui un maestro, una delle voci più nobili, più ispirate, più significative della poesia nel Sud Italia, uno dei riferimenti più alti dopo Quasimodo e Gatto. Ma, si sa, i fattori che determinano l’attribuzione di un premio sono tanti e, a volte, vanno al di là della qualità delle opere in competizione.
Rino Mele – dicevo – non ha bisogno di presentazioni, perché ha alle spalle una ricchissima produzione letteraria e pubblicistica – ricchissima sotto l’aspetto quantitativo e, più ancora, dei contenuti – e spesso ha tratto spunto e ispirazione dal nostro territorio. Il sindaco di Furore, uno dei luoghi della costiera più amati dal maestro, ne potrà dare conferma. 
Non è un poeta di facciata, Rino Mele, capace di abbandonarsi a un lirismo puro e semplice. A un lirismo, cioè, solo formalmente perfetto. E neppure alla teatralità delle immagini, nonostante provenga da un’antica militanza nel teatro e da lunghi anni di insegnamento universitario di storia del teatro e dello spettacolo. E’ un poeta difficile, impegnato a scavare negli eventi e, più ancora, nella psiche dei personaggi ai quali rivolge la sua attenzione.  Avviene, così, che prenda a indagare sulla morte di Giordano Bruno  (L’incendio immaginario), sulla uccisione di Aldo Moro (Il corpo di Moro), sulla fucilazione di Galeazzo Ciano. Fino a mettere ora, al centro dell’analisi, e sembra quasi un paradosso, lo stesso padre della psicoanalisi.
Un grano di morfina è il viatico che bastò a Freud, devastato dal cancro alla bocca, per porre fine alle sue sofferenze, il 23 settembre 1939. Un male che s’era manifestato molti anni prima, per il quale egli aveva subito trentadue operazioni e l’asportazione della mascella. Senza che questo lo avesse indotto a smettere di fumare.  Una scatola di sigari al giorno, così si racconta.
Due giorni prima di morire, al dottor Max Schur, suo medico di fiducia, Freud aveva detto: "Lei ricorda il nostro primo colloquio: allora mi promise di aiutarmi quando non ce l’avrei più fatta. Adesso non è che tortura e non ha più senso… Dica ad Anna [la figlia] del nostro colloquio”. La mattina dopo gli fu somministrato un terzo di grano di morfina che gli provocò un sonno tranquillo, senza risveglio.
Da sin.: Raffaele Ferraioli, Chiara Gambardella,
 Rino Mele, Sigismondo Nastri
La vicenda dolorosa della malattia di Freud s’intreccia con quelle, altrettanto tragiche, della storia d’Europa:
- la casa di Freud violata dalle Sturmabteilung, le squadre d’assalto del partito nazista;
- poi, in quello stesso 1939,  l’invasione della Polonia da parte della Germania (il 1° settembre) e dall’Unione Sovietica (il 17 dello stesso mese). “Il fiume Bug che bagna due rive disuguali. Le separa e le stringe – scrive Rino Mele. – Il lutto tracciato per la dissezione di un’antica nazione servirà a costruire – l’anno dopo – una città capovolta, Auschwitz, i morti in irriconoscibili divise”.
E’ l’inizio della seconda guerra mondiale, l’inizio della deportazione e dello sterminio di milioni di ebrei. Lo stesso Freud patì per le sue origini ebraiche.  Nel 1933 il suo nome entrò nella lista di autori le cui opere dovevano essere distrutte. Nel 1938 la figlia Anna fu arrestata, sia pure per poco, dalla Gestapo. Fino a dover lasciare Vienna e rifugiarsi a Londra con la moglie Martha, i figli e i nipoti, le domestiche e il medico personale con la famiglia di questi. A Londra morì il 12 settembre 1939.
Rino Mele sottopone ad analisi, a una complessa analisi,  il maggiore studioso della psiche.
La violinista Michela Coppola
 Rivelandone i sentimenti, immaginandone i pensieri, ricostruendone episodi di vita vissuta:
- cito l’attaccamento incestuoso per la madre, che egli ricordava di avere vista nuda, anzi nudam, da bambino (aveva due anni), in occasione di un viaggio fatto con lei da Lipsia a Vienna (riferito in una lettera a Wilhelm Fliess del 3 ottobre 1897). Il ricordo di quell’esperienza “avvampa, la neve / che dispera il rosso, la cecità quando / la madre s’alza sulle punte, si curva, apre / le braccia come per volare, si raddoppia nello specchio, / si fa muro impenetrabile, parete d’aria / e pioggia ferma, nudam, nel petto del bambino un incavo / d’ansia. S’avvicina, si cancella / piangendo / per essere preso nelle sue braccia”;
- e poi il difficile rapporto col padre, che gli si mostra nel sogno, sceso dal tetto rotto… “a sporcarsi le scarpe, i guanti, / a rimettersi in testa il berretto” fattogli scivolare con un colpo di canna. “E tu cosa hai fatto?” gli chiede ripetutamente. “Il cappello nuovo, il caldo berretto di pelliccia”. Difficile per un figlio accettare che egli si sia limitato a raccoglierlo e a rimetterselo in testa.
C’è qui una “rivisitazione”, poetica, di quella situazione psicologica che si rifà alle tragedie di Sofocle (Edipo re, Edipo a Colono), teorizzata da Freud col nome di complesso di Edipo. Una situazione psicologica, cioè, che porta ogni bambino,  nei primi anni di vita, a volere tutto per sé l'amore del genitore di sesso opposto, coltivando invece un inconscio sentimento di rivalità e di ostilità nei confronti del genitore del suo stesso sesso.
Gillo Dorfles, nella introduzione a Un grano di morfina per Freud, scrive che “la lunga trama dei versi di Mele esprime, accanto ai dati più dolorosi di Freud, quella che è stata la sua vita segreta, attraverso quelle parole che attingono dal profondo dell’inconscio la loro forza espressiva, svelandone il lato più oscuro e misterioso”.
Una sola cosa mi sento di aggiungere: il libro è chiaramente difficile, come ho già detto, ma accattivante proprio per le evocazioni illuminanti, per l’intreccio tra lirismo  e indagine psicologica e storica, dalla quale emerge uno scenario esistenziale che ritengo, sotto vari aspetti, sconvolgente.»
© Sigismondo Nastri 

"ROSSO CHE INDOSSO POCO ORTODOSSO", L'ULTIMO LIBRO D'ARTISTA DI ADRIANO PAOLELLI E COSIMO BUDETTA

Che bello l’ultimo libro d’artista, “Rosso che indosso poco ortodosso”,  firmato da Adriano Paolelli e Cosimo Budetta! In elegante e spesso cartoncino bianco: due soli fogli, un filo rosso che li tiene legati sul dorso, una doppia pagina che si dispiega come una limpida luminosa tovaglia. 
Opera, per la parte letteraria e grafica, di Cosimo, che produce manualmente questi autentici gioielli, in pochissimi esemplari numerati, per sé e per gli amici, nel suo laboratorio Ogopogo; e, per quella pittorica, da Adriano, autore di un delizioso acquerello, rigorosamente in rosso, frazionato in varie gradazioni.
Cosimo Budetta e Adriano Paolelli
Il “rosso” di Budetta è articolato in quattro versi.  Quello che dà titolo al libro, “Rosso che indosso poco ortodosso”, e gli altri tre: “Rosso sangue del toro saltafosso”“Evviva Picasso e il rosso del paradosso”, “Rosso di Siviglia & banderilla addosso”, “Amo il ‘Rosso Fiorentino’ & Dosso Dossi”. Tutti stampati, in copertina e nelle altre tre pagine, in senso verticale.
Il libro d’artista non è destinato alla lettura, ma all’ammirazione visiva, al piacere di possederlo, di toccarlo. Perché già solo “l’armonia della materia – ho letto da qualche parte - suggerisce messaggi  ricchi di contenuti e significati”. Anche senza far uso di parole, o utilizzandone poche, quelle essenziali.  
In questo, devo dire, ma non solo in questo, Cosimo Budetta è maestro: “un artista – scrive Mario Lunetta - assolutamente singolare che si muove da maestro sia nelle grandi dimensioni pittoriche e scultoree che nella ceramica e negli spazi esigui della pagina a stampa”.
Come lo è Paolelli, che ho modo di seguire da vicino. Mi capita spesso di passare a salutarlo mentre è all’opera nel suo studio-laboratorio. Lo apprezzo moltissimo perché, in piena maturità, è ancora capace – non condizionato dalle esigenze di mercato dei galleristi - di rispondere solo alla propria fantasia, al proprio estro, alla propria eclettica ispirazione.
© Sigismondo Nastri.  

martedì 13 settembre 2016

IL MIO AUGURIO AI NOVELLI SACERDOTI DON ANDREA ALFIERI, DON CHRISTIAN RUOCCO, DON CIRO EMANUELE D'ANIELLO, DON ENNIO DI MAIO


Nel “Diario di un parroco di campagna” Georges Bernanos mette in bocca al parroco di Torcy queste parole: “Avrei diritto di andarmene parato come la regina di Saba io, perché porto la gioia. Ve la darei per niente se soltanto me la chiedeste. La Chiesa è la depositaria della gioia, di tutto il patrimonio di gioia riservato a questo triste mondo».
Carissimi Andrea, Christian, Ciro Ema
nuele, Ennio, sabato scorso ho letto nel vostro sguardo una gioia immensa, insieme alla commozione per un avvenimento così solenne, così, importante, così attentamente vissuto da una intera comunità.
Poche ore prima, in tv, avevo seguito un programma, presentato da don Maurizio

Patriciello, su un personaggio della Chiesa che mi permetto di segnalarvi come modello: don Tonino Bello. E ho pensato che la coincidenza non era dovuta al caso, ma era forse un segno venuto dall’alto.

Mi sono commosso anch’io durante la cerimonia. Non c’è luogo, credo, che riesca a emozionarmi più della cattedrale di Amalfi, la “mia” cattedrale, quando è gremita di fedeli. M’è sembrato di rivivere i tempi delle affollatissime adunate di Mons. Ercolano Marini. Tempi lontani, che mi riportano all’infanzia. 
Mons. Giuseppe Molinara, arcivescovo metropolita dell’Aquila, in occasione del cinquantesimo di sacerdozio ha scritto che è rimasta intatta in lui la consapevolezza che "la vocazione è un puro dono di Dio". Come la consapevolezza che il Signore si serve della nostra umanità - in questo caso di voi quattro - per compiere anora oggi i miracoli della sua grazia.
Il Vangelo di Marco ci ricorda che Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Lo ha fatto anche con voi.
Tantissimi auguri!
Sigismondo

sabato 10 settembre 2016

DOPO TRENTOTTO ANNI DI SERVIZIO AL COMUNE DI TRAMONTI, ALDO DEL PIZZO VA IN PENSIONE

Un comunicato stampa m’informa che, dopo trentotto anni di servizio, espletato con passione, oltre che con grandi capacità, preparazione professionale, scrupolosa attenzione, al servizio della municipalità e della popolazione di Tramonti, l’amico Aldo Del Pizzo è stato collocato a riposo per raggiunti limiti di età.  Capita, prima o poi, nella vita lavorativa di ciascuno di noi. L’importante è saper organizzare il tanto tempo libero che, da un giorno all’altro, ti trovi a dover gestire.  Magari per dedicarti a quelle cose che sempre avresti voluto fare, ma non ti riusciva possibile.
Aldo, assunto nel lontano 1978, ha meritato l’apprezzamento di tutte le amministrazioni che si sono succedute alla guida del Comune ma, soprattutto, ha saputo conquistarsi  la simpatia, l’affetto della gente di Tramonti.  
Aldo Del Pizzo, al centro nella foto,
 festeggiato dal sindaco di Tramonti (a destra)
“Ad Aldo va tutta la nostra stima, il nostro rispetto e la massima riconoscenza, per tutto il lavoro svolto – ha dichiarato il sindaco Antonio Giordano -. È stato il pilastro portante del Comune di Tramonti, il punto di riferimento di tutti i dipendenti e degli amministratori che si sono avvicendati negli anni: un professionista, un amico, ma soprattutto un maestro di vita che ci ha guidati come un padre, con fermezza ed amorevolezza, insegnandoci i valori della lealtà e dell'onestà".
“Un’intelligenza viva da cui c’è solo da imparare, che l’età ha messo ufficialmente a riposo, ma che in realtà è destinata a guidarci ancora per molto tempo – ha sottolineato l’assessore Vincenzo Savino.  - Noi, come suoi allievi, non possiamo fare altro che ringraziarlo, per tutti gli insegnamenti che ci ha trasmesso, ed onorarlo, percorrendo la strada che egli stesso ha contribuito a creare, quella dell’efficienza e dell’efficacia, soprattutto nell’ultimo periodo, in cui ha rappresentato la figura nevralgica del Municipio, il vero garante della trasparenza nella tecno-macchina comunale. Grazie Aldo. Ad maiora”.
Sono sentimenti che condivido in pieno. Tanti auguri, Aldo! 

giovedì 8 settembre 2016

LO SCIVOLONE DI LUIGI DI MAIO SUL CONGIUNTIVO

Sul web gliene stanno dicendo di tutti i colori. Ieri sera, mentre parlava all’assemblea dei Cinque stelle a Nettuno, per fare il punto sulla situazione amministrativa di Roma, che tanti grattacapi sta creando alla sindaca Virginia Raggi, l'onorevole Luigi Di Maio, punta di diamante del M5S, è incappato in un piccolo infortunio verbale: "Come se presentassi venti esposti contro Renzi – ha detto -, lo iscrivessero al registro degli indagati, poi verrei in questa piazza e urlerei che Renzi è indagato".
Maledetto congiuntivo! Uno scivolone del genere non è raro, siamo sinceri. Se ci mettessimo a seguire con attenzione la tv troveremmo materiale sufficiente per scrivere un libro.
Ma in fondo che cos’è un congiuntivo? Una bazzecola, una sciocchezzuola.  Ci incappò, come narrano le cronache, anche a un imperatore (peraltro mio omonimo; Sigismondo di Lussemburgo, 14.2.1368-9.12.1437). Quando glielo fecero notare, rispose, senza scomporsi: "Ego sum rex Romanus et super grammaticam" (sono un imperatore e me ne fotto della grammatica).  Viva la sincerità!
Potrebbe fare la stessa cosa Di Maio, rivendicando il suo ruolo di Vice presidente della Camera dei Deputati. Tanto, in parlamento, stare al di sopra della grammatica è niente; ci sono pure quelli che stanno al di sopra della legge.

mercoledì 7 settembre 2016

'O MUCCATURO, IL COPRICAPO DELLE NOSTRE NONNE

Un amico, su Facebook, mi ha chiesto di scrivere qualcosa sul muccaturo: non certo il fazzoletto che portiamo in tasca - oggi sostituito da quelli più pratici di carta - per pulirci il naso, ma il muccaturo col quale si coprivano il capo le nostre nonne. Ci provo, innanzitutto facendo ricorso ai proverbi. 
1) "Chi è parente d’ ‘a coppola va p’ 'a casa e ntròppeca; chi è parente d’ ‘o muccaturo va p’ 'a casa e va sicùro" (Chi è parente dello sposo gira per la casa [degli sposi] impacciato ed inciampa; chi è parente della sposa [abituata a frequentarla più assiduamente] gira per la casa con disinvoltura). Vale a dire che i parenti della sposa sono, di solito, più invadenti nella vita degli sposi.
2) "Jì a menà’ ‘o muccatùro â Nunziata" (Andare a buttare il fazzoletto all’Annunziata). Significato: Quelli che decidevano di prendere per moglie una trovatella all'istituto dell'Annunziata la sceglievano lanciandole un fazzoletto.
Trovo pure un riferimento nella canzone Liolà, che a me piace tanto: "tècchete 'o muccaturo 'e seta ingrese, fossero accise ll'uommene e chi 'e ccrede ..."
Il costume, per le donne, di avere il capo coperto è antichissimo. Una ricerca di Micaela Balice sul web m'informa che "la prima traccia dell'uso femminile del velo è attestata in un documento legale assiro del XIII secolo a.C. secondo il quale l'uso del velo è permesso esclusivamente a donne nobili mentre viene proibito a prostitute e donne comuni che devono girare a capo scoperto.
In questo modo il velo distingue non solo la classe sociale ma anche la 'non accessibilità' della nobildonna allo sguardo comune."
Nelle Sacre Scritture (Corinzi, 11,3-10) sta scritto: "Ogni uomo, che prega o profetizza col capo coperto, fa vergogna al suo capo. Ma ogni donna, che prega o profetizza col capo scoperto, fa vergogna al suo capo, perché è la stessa cosa che se fosse rasa. Ora se la donna non si copre, si faccia pure tagliare i capelli; ma se è una cosa vergognosa per la donna farsi tagliare i capelli o rasare, si copra il capo." 
Ancora quando io ero ragazzo, le donne entravano in chiesa con un velo nero in testa.
Quanto al muccaturo, inteso come copricapo, credo di poter dire che era un elemento del costume tradizionale, non solo da noi. Per comodità, evidentemente, specialmente nel lavoro. Lo portavano le trasportatrici di limoni, fascine, barili di vino ad esempio. Ma anche le massaie, nelle attività domestiche. Non certamente quando indossavano il vestito della domenica. Le donne appartenenti alle classi sociali più elevate, portavano invece, per completare la loro eleganza, il cappello.

venerdì 2 settembre 2016

MAIORI, GABINETTI PUBBLICI E BARRIERE ARCHITETTONICHE. UN PROBLEMA DI RISOLVERE, PRESTO

Ho assistito stamattina a Maiori a una scena che mi ha commosso e, insieme, indispettito: alle "acrobazie" che ha dovuto compiere un disabile per servirsi dei gabinetti pubblici situati a lato di palazzo Mezzacapo, sede ufficiale del Comune, sul corso Reginna. 
Per fortuna ha trovato un "buon Samaritano" che lo ha aiutato a risalire le scale e lo ha rimesso sulla carrozzina. 
Una scena indegna di un paese civile. 
Confesso che, se mi fossi trovato io nella stessa situazione, non avrei esitato a fare i bisogni lì, sul piazzale, senza pudore. Eppure ci gonfiamo tutti la bocca quando parliamo dei diritti degli handicappati e dell'abbattimento delle barriere architettoniche. Della nostra legislazione, all'avanguardia! 
Chiedo umilmente, da cittadino maiorese, al sindaco - a nome di tutti i disabili - di trovare presto una soluzione al problema, che - sottolineo - non è addebitabile a questa amministrazione, sa di antico!
POSTILLA. La gentile assessora Chiara Gambardella mi ha riferito ieri sera (3 settembre) che i bagni pubblici, attrezzati per i portatori di handicap, ci sono: nella parte alta del corso Reginna. Mi scuso, non lo sapevo. Forse occorre un po' d'informazione: magari attraverso qualche cartello. Altrimenti non riesco a spiegarmi perché l'altro giorno non è andato lì quel disabile, che poi s'è trovato in grande difficoltà e, per fortuna, ha trovato una persona disposta ad aiutarlo.