martedì 30 settembre 2014

DOMANI E DOPODOMANI, 6° MEETING DEI VETERINARI SALERNITANI

L'amore per gli animali m'induce a dare spazio a questo comunicato. Il ruolo dei veterinari è fondamentale per la loro alimentazione e per la loro salute. Auguro, perciò, buon lavoro ai partecipanti al Meeting.



Maya e Lilli, le amiche del cuore
Domani, venerdì 3 settembre,  e dopodomani, sabato 4, presso il Lloyd’s Baia Hotel di Salerno, promosso dall’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Salerno, si terrà il 6° Meeting della Veterinaria Salernitana, che sarà presieduto dal dr. prof. Orlando Paciello. L'iniziativa si avvale del patrocinio del Comitato Scientifico per EXPO 2015 del Comune di Milano.
La “due giorni”, che sarà presentata dai giornalisti Aldo Primicerio e Lello Pisapia, avrà come temi fondamentali il compito della medicina, il ruolo dei medici veterinari nei controlli alimentari e le prospettive future della professione medico-veterinaria. “Descrivere il passato, comprendere il presente, prevedere il futuro: questo il compito della medicina” è il titolo del talk show che avrà luogo venerdì, a partire dalle ore 17.30,  al quale prenderanno parte prestigiosi relatori dell’ambito medico-veterinario, oltre che i presidenti degli Ordini di Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Lazio, Molise e Sicilia. Interverranno, inoltre, autorità politiche regionali e locali.
Nel corso della manifestazione saranno consegnati i caducei d’oro a chi è in pensione e d’argento a chi ha compiuto 25 anni d’iscrizione all’Ordine salernitano. Nel contempo si terrà anche la presentazione dei nuovi iscritti, con la consegna degli attestati ed il relativo giuramento professionale. A chiudere la giornata è in programma  l’“Ordine Veterinari Party” presso il Ristorante Re Maurì (annesso al Lloyd’s Baia Hotel di Salerno), con intrattenimento musicale a cura del dj Gigi Squillante, degustazione di prodotti tipici campani, in collaborazione con Coldiretti, ed il taglio della torta dell’Ordine.
Sabato, invece, a partire dalle ore 9.00, si svolgerà il talk show “Il cibo, tra crisi e made in Italy, tradizione e cultura. Il ruolo dei medici veterinari nei controlli alimentari. Per un cibo sicuro, di qualità e sostenibile per tutti”, condotto dal giornalista Aldo Primicerio, direttore di “Quotidiano Medicina”. Anche in tale occasione sono previsti gli interventi di importanti personalità dell’ambito medico-veterinario e dei presidenti degli Ordini dei Medici Veterinari di Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Lazio, Molise e Sicilia.
«Si tratta di un evento particolarmente importante per la nostra categoria e rappresenta un’occasione di incontro e di rilancio della professione medico-veterinaria, da sempre impegnata nella tutela della salute pubblica, del patrimonio zootecnico e delle produzioni alimentari di nicchia», afferma il dr. Orlando Paciello, Presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Salerno.



domenica 28 settembre 2014

LE "PUZZETTE" DI CLOONEY

Domani si sposa George Clooney. Auguri!
Scrive Roberta Mercuri su Visto: "Ci sono voluti 12 anni e innumerevoli fidanzate (che scadevano in media ogni due anni) per trovare la donna che, a 53 anni suonati, gli fa rimangiare l'antico giuramento". E' Amal Alamuddin, un'affascinante donna libanese, avvocato di successo, specializzata nella difesa dei diritti umani, 17 anni più giovane di lui.
Tra le "debolezze" di colui che è considerato l'uomo più sexy del mondo questa mi sembra davvero interessante: "Di recente - riferisce la giornalista - Clooney ha svelato al mensile americano Rolling Stone una passione "per le puzzette": a suo giudizio sono "una delle cose più divertenti nella storia dell'umanità"
La sposa è, dunque, avvertita. 
Si capisce la ragione per cui l'ex fiamma di ClooneyElisabetta Canalis - nota la Mercuri -, aveva scelto di dormire in camera separata.
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venerdì 26 settembre 2014

ITALO BRESSAN E MARCO PELLIZZOLA PROPONGONO A FERRARA, IN UNA MOSTRA CURATA DA ADA PATRIZIA FIORILLO, UN "VIAGGIO NELL'OMBRA, NEI MARGINI DELLA PITTURA"



Giovedì 2 ottobre alle ore 17.00, a Ferrara (palazzo Turchi di Bagno), sarà inaugurata la mostra Italo Bressan Marco Pellizzola. Viaggio nell’ombra, nei margini della pittura, promossa dal Dipartimento di Studi umanistici dell’Ateneo ferrarese e curata da Ada Patrizia Fiorillo (cattedra di Storia dell’arte contemporanea, Ferrara) con il coordinamento di Ursula Thun Hohenstein (presidente SMA).  Inserita nel programma degli eventi predisposto dall’Università di Ferrara per il Festival di Internazionale, essa si avvale inoltre del sostegno del Museo ARCOS di Benevento, del Museo-Fondo Regionale d’Arte Contemporanea di Baronissi in collaborazione con il Dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali dell’Università di Siena, la Galerie KOMA di Mons, la Galleria Goethe di Bolzano.

Con le esperienze di Bressan e Pellizzola – due artisti italiani entrambi docenti presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e dagli anni ottanta sulla scena espositiva nazionale ed internazionale –, l'esposizione,  che raccoglie dipinti e installazioni nonché una scelta di disegni e di acquerelli, suggerisce una riflessione sulla pratica della pittura oggi, riscoprendo il valore che l’ombra assume quale prima traccia immaginativa di un percorso che spinge lo sguardo ad indagare nelle prospettive della realtà, catturando di essa la parte nascosta, quella fragile presenza sulla quale imbastire il dialogo di una ricercata identità. L’ombra è anche artificio della percezione, che trasforma l’oggetto nella sua metafora, come attestano le sperimentazioni delle avanguardie: le esperienze di Man Ray, di Schad o di Brancusi testimoniano, suggerisce Ada Patrizia Fiorillo, «di uno sguardo duplice che si muove tra superficie e spazio, tra pittura e scultura, rivelando in quei profili di luce e di forma, un’immagine nuova, qualcosa di meravigliante e di avvolgente, simile alla realtà o essa stessa realtà».

Ricostruendo il profilo storico-critico dei due artisti è Annamaria Restieri a rilevare che Italo Bressan mette in pratica una pittura,  «in cui l’ombra non agisce solo per oscurare ma per intensificare la profondità dei piani, trasformare ogni apparenza e generare nuove visioni, in un reciproco e lento cercarsi, accostarsi con la luce e il colore. Mentre si impone lo stretto connubio fra ombra e anima, l’artista attende che dal buio flussi d’ombra si combinino alla luce originando accesi cromatismi che, al di là della tela, aspettavano già di essere evocati in superficie.» Mentre per l’esercizio pittorico di Marco Pellizzola è Federica Pace a ricordare che esso «compie un viaggio all’interno dell’enigma dell’immagine ponendoci davanti una sorta d’impronta che è, al tempo stesso, segno dell’ esistere e dello  scomparire, vale a dire concretezza dell’oscurità ed evanescenza. Riesce a far da tramite con il mondo corporeo e quello incorporeo. Se provassimo a tracciare una storia dell’ombra nella cultura occidentale, attraverso questo opere, ci accorgeremmo che dominano di gran lunga le valenze negative. Presso le culture arcaiche è proiezione temibile del corpo umano, nell’immaginario classico e cristiano è simulacro dei morti, per Marco Pellizzola tuttavia l’universo umbratile rappresenta un inizio, un non-dove nel quale ricercare l’origine della propria esperienza.»



Accompagna la mostra il volume, curato da Massimo Bignardi per i tipi di Gutenberg Edizioni, dal titolo Viaggio nell’ombra. Italo Bressan e Marco Pellizzola nei margini della pittura, con contributi di Ada Patrizia Fiorillo, Giovanni Iovane, Valeria Tassinari, Annamaria Restieri, Federica Pace, Ico Gasparri, Linda Gezzi, Pasquale  De Cristofaro, Marco Gazzano, Mimmo Jodice  intervistato da Pasquale Ruocco. In chiusura, un’ampia antologia di brani dedicati all’ombra.


La mostra resterà aperta fino al 4 novembre, con i seguenti orari:

venerdì 3 ottobre 9,00 >19,00

sabato 4  e domenica 5 ottobre 10,00>18,30


a seguire


lunedi/giovedì 9,00>18,00 / venerdì 9,00>16,30.

"VOGLIA DI RACCONTARE", IL LIBRO DI RITA DI LIETO CHE RICOSTRUISCE LE VICENDE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE ATTRAVERSO I RICORDI DEGLI ABITANTI DELLA COSTA D'AMALFI



Come consumata cronista di giornale - uno di quelli maggiormente lesti a portarsi sulla scena del delitto o sul luogo dell’incidente, per raccogliere le più immediate e attendibili impressioni della gente -, Rita Di Lieto, che nella vita ha fatto la professoressa di francese (ora è in pensione, meritata!), è stata pronta a recepire la “voglia di raccontare” degli abitanti della Costiera per raccogliere – prima che sia troppo tardi - le loro testimonianze sulla seconda guerra mondiale, che vide lo sbarco alleato (quella che è denominata “operazione Avalanche”) a Maiori e ad Amalfi – oltre che a Salerno e nel tratto di costa picentino, la notte tra l’8 e il 9 settembre del 1943.
E con il libro, intitolato per l’appunto “Voglia di raccontare”, edito da Officine Zephiro nella collana Volamarina, ci ha regalato una documentazione genuina, in buona parte di prima mano, che potrà essere di notevole utilità agli studiosi. Queste testimonianze – nota nella prefazione Vincenzo Esposito, docente di Antropologia culturale nell'università di Salerno – sono scorze, cortecce, brandelli di una superficie che forse nasconde ciò che sottende ma non lo nega. “Elementi di un’oralità che mostra, nonostante la sua parzialità – e come potrebbe essere altrimenti – il suo legame con i fatti che narra, la sua discendenza diretta da quei fatti vissuti in prima persona o ascoltati dai testimoni diretti – padri, madri, fratelli, parenti dei morti o dei sopravvisuti”.
Ho anch’io indelebile memoria di quegli eventi. Avevo otto anni, abitavo nella Valle dei Mulini, al piano più alto del palazzo Anastasio. Di fronte, il mare, chiuso in lontananza dalla torre dello Ziro, a un lato, e dal campanile di san Biagio, all'altro lato. E poi il fitto alveare rappresentato dai tetti delle case di Amalfi. Ero capace di localizzare i due, tre panifici attivi: Gennarino Muoio, Giosuè… Ogni mattina mi affacciavo alla finestra: se vedevo alzarsi un filo di fumo, voleva dire che per quel giorno ci sarebbe stata la razione di pane (50  grammi, mi pare, con la tessera annonaria). Altrimenti, niente.
Ricordo la guerra. A scuola, il sabato, si andava in divisa da balilla (io non l'ho mai avuta, ma solo perché la famiglia non aveva  i mezzi per comprarmela. Subivo continui richiami. Una volta promisero che me l’avrebbero regalata in occasione della “befana del fascio”, poi evidentemente ci ripensarono. Ricevetti solo penna e quaderni. Fu allora che, sentendomi discriminato, diventai... antifascista). C’era il saluto littorio alla bandiera: dritti, piedi uniti, braccio destro alzato. Come mostravano certi ritratti di Mussolini.  In occasione dei discorsi del Duce ci conducevano negli arsenali per farceli ascoltare attraverso la radio. Ci impegnavano nella raccolta di residui e frammenti di metallo, che avrebbe dovuto servire per fabbricare cannoni. La patria - sentivamo ripeterci - aveva bisogno di noi. Andavamo a cercare chiodi, fili di ferro e altro materiale nelle cunette, lungo i sentieri di campagna, nelle soffitte.
E ricordo pure il fragore causato dallo scoppio delle bombe: quelle cadute in piazza Flavio Gioia, che lasciarono a terra morti e feriti;  l’altra che colpì una vecchia cartiera nel cuore della Ferriera. E poi il lancio di un serbatoio vuoto da un aereo, che sfondò il tetto della casa abitata dalla famiglia Pinto (“Tabborio”) sulle Grade Lunghe, in cima alla salita che conduce alla Madonna del Rosario. A parte i danni all'edificio, per fortuna non ci furono morti o feriti. Prudentemente, però, papà ci aveva fatto stendere a terra, come misura protettiva.  
Rita Di Lieto
Lo sbarco avvenne in piena notte. La mattina, all’alba, andai alla finestra, come al solito, e rimasi sconvolto. La superficie del mare era interamente occupata dalla flotta angloamericana. C’era stato, intanto, l’armistizio. Le campane suonavano a festa. La gente appese a balconi e terrazzi drappi e coperte bianche, lenzuola. Come segnale di benvenuto ai nuovi occupanti o accettazione della resa, non so. Cominciò subito un fitto cannoneggiamento che aveva come obiettivo Castellammare di Stabia. Dalle navi partivano a intervalli regolari delle lingue di fuoco che solcavano il cielo e scomparivano dietro la montagna di Pogerola.
Con l’arrivo degli americani noi bambini, che avevamo considerato fino a quel momento le carrube il massimo della bontà, imparammo a conoscere il cioccolato. Quello vero.
Rita Di Lieto ha avuto la pazienza di inserire nel libro, con immagini fotografiche di notevole interesse, molte narrazioni degli avvenimenti di quel tempo,  già pubblicate su “Comunitando”, il periodico dell’Unità pastorale Lone-Pastena-Pogerola, al quale lei collabora. Il parroco, don Andrea Apicella, l’ha indotta ora ai mettere insieme, in un volume, buona parte – la più significativa – di questo materiale. Decisione senz'altro da elogiare. Perché la “grande” storia, oltre che sui documenti, si ricostruisce attraverso le piccole storie - quelle della quotidianità - della gente comune. Per diventare, così, patrimonio anche degli "addetti ai lavori".
Le vicende inserite nel volume, ben curato, di oltre duecento pagine, corredato da una ricca  come quella che ha per protagonista Salvatore Cuomo di Lone, mitragliere e cannoniere sulle unità  della V Divisione Navale. Un’odissea, dalla quale per fortuna è tornato indenne, salvo l’amputazione di un dito. O quella di Alfonso Bove, pure di Lone, sopravvissuto all’affondamento dell’incrociatore Conte di Cavour che, colpito da una bomba, “s’arapette comme a na pagnotta ‘e pane”.  Francesca Sarno, amalfitana, che la guerra non l’ha combattuta, è testimone del primo bombardamento a tappeto di Napoli, il 4 dicembre 1942. Sentì gli aerei, si sporse dalla finestra, ma non riusciva a capire cosa fossero gli oggetti che piovevano dal cielo: “Non sapevamo che erano le bombe”, aggiunge.
bibliografia, sono molte (a occhio e croce, una sessantina) e, se pure non tutte avvenute in Costiera, sono riferite comunque a esperienze vissute da abitanti del nostro territorio:
“Voglia di raccontare” è un libro che soprattutto i giovani dovrebbero leggere. Esso ci porta a fare un tuffo in un passato meritevole di essere conosciuto meglio di come lo si apprende a scuola. Perché è dalla esperienza degli avi, dal loro raccontare e raccontarsi - se riusciamo a farne tesoro - che si può costruire un futuro migliore. Non certo da un pacifismo ideologico, di maniera.
Sigismondo Nastri