mercoledì 9 agosto 2017

VENERDI' 11 AGOSTO S'INAUGURA A RAVELLO LA MOSTRA "CAMPI SCONFINATI" DI GIUSEPPE PALERMO

Col titolo "Campi sconfinati" si aprirà venerdì 11 agosto alle ore 19, nella chiesa di S.Giovanni del Toro a Ravello, la mostra di Giuseppe Palermo, che nasce sicuramente dalla lunga esperienza dell’artista maturata nel campo della lavorazione della ceramica- Tuttavia,  con l’irriverenza giocosa che lo contraddistingue, in queste nuove opere egli tende al paradosso di celebrare la ceramica senza ricorrere all’ausilio della stessa. Dodici tele di grandi dimensioni riproducono ad olio le decorazione di altrettante 12 storiche mattonelle dell’antica tradizione vietrese provenienti da collezioni private. Grandi dipinti ad olio che  trasformano minute porzioni di decorazione nel soggetto pittorico stesso, che trasformano il reale in immaginario. “In questo suo inedito percorso - afferma il curatore della mostra, Claudio Andreoli -,  Giuseppe Palermo rinuncia alle tecniche e ai materiali tradizionali che hanno costruito la storia artistica della Costa d’Amalfi e indaga, con un salto di scala, la distanza tra la ceramica stessa e il nostro ‘consueto’ modo di viverla. La pittura di per sé ha il potere di trasformare ogni elemento che ci circonda in elemento pittorico. L’artista in questa occasione  si spinge oltre ‘zoomando’ la quotidianità e l’irrilevante, trasformando la pittura in pittura, il dipingere in dipingere. I piccoli ‘campi’ di colore delimitati dalle ridottissime dimensioni della mattonella e dal pennello veloce dell'artigiano diventano in questo caso sconfinati ‘campi’ di colore. Quello che prima era un segno filiforme, millimetrico, ora si trasforma in territorio pittorico”.
Giuseppe Palermo nasce e cresce immerso nelle profonde suggestioni paesaggistiche e culturali della Costiera amalfitana ma vive e lavora a Roma dove espone in alcune gallerie della città (Galleria il Sole Arte Contemporanea). Si caratterizza per un  percorso artistico  poliedrico che spazia  tra la sperimentazione dei materiali al gioco delle tecniche pittoriche,  passando tra la pittura e la scultura e focalizzandosi soprattutto sulla tradizione artigianale costiera legata alla ceramica. L’artista si è approcciato a quest’ultimo ambito con lo spirito creativo ed eclettico che lo contraddistingue dando vita ad uno stile del tutto personale in cui coesistono manualità e immaginazione, visone estetica astratta e concettuale.
“Varcare il contorno dell’immagine nella sua compiuta trascrizione di figure che chiamano in causa lo stile, evidente, soprattutto, nel reiterato ricorso ai colori della tradizione e farsi partecipe della composizione di un decoro per moduli - scrive Massimo Bignardi nel catalogo -  è il punto sul quale ha insistito Giuseppe: lo ha fatto evitando i processi tecnici offerti dalle pratiche digitali, l’ingrandimento a dismisura dell’immagine prelevando, meccanicamente, piccoli brani, dettagli, cifre quasi irriconoscibili. Lo ha fatto, invece, servendosi della pittura, della sua capacità di accogliere l’incertezza del pennello, il caso e, dunque, la sbavatura, l’irregolarità della linea, insomma quel suo dettare il rapporto con il bianco del fondo e quindi i ritmi con i quali misurare le distanze tra forme e figure. Ossia di scendere negli anfratti bianchi degli smalti ceramici che si incuneano nell’intreccio di segni lineari o di macchie, che l’artiere affidava alla punta del pennello o al suo denso corpo di setola o, anche, alla spugnetta, di color ‘blu stampa’ e di giallo che esplode in superficie come le stelle nella notte di Arles. Il suo è l’andare, con un passo accelerato, nel corpo della pittura, nel suo farsi esperienza di un modo di relazionarsi al mondo delle cose, accogliendone la temporanea esistenza di materia e di corpo, per subito varcare i territori dell’immagine e quindi della forma. Il formato delle opere che insiste sul quadrato, almeno lo è stato per le prime, la dimensione scelta dell’ingrandimento fondata sul rapporto 1:2 ci fa intendere come l’esperienza sia stata filtrata da una riflessione sui rapporti, alla luce di una riflessione sulla capacità della pittura di farsi medium di una necessità d’identità esistenziale. Voglio dire che essa si fa adesione ad un modo di sentire il territorio ‘sociale’ come campo della propria creatività e, al tempo stesso, esercizio che dell’immaginario ne fa strumento di conoscenza”.