mercoledì 31 ottobre 2012

NON MI PIACE QUESTA NOTTE DI HALLOWEEN



Questa notte di Halloween, lo confesso, a me non piace proprio. Per niente. Anche se, come ricorda Roberto De Simone - lo leggevo poco fa sul Corriere del Mezzogiorno -, ha qualcosa in comune con le nostre tradizioni: quella, ad esempio, che ai miei tempi si raccontava ai bambini: la notte di Ognissanti le anime dei defunti tornano sulla terra per restarci fino al giorno dell’Epifania. In quel caso, però, c’era poco da divertirsi: anzi, ne eravamo terrorizzati. Gli adulti no, perché si sentivano addirittura rincuorati dalla supposta presenza -  invisibile e impalpabile - dei propri cari trapassati.
Mi piace la zucca, la preparo in tanti modi, ma vederla mostruosamente svuotata e intagliata mi dà fastidio. E mi dà fastidio pure il "macabro" divertimento proposto da Halloween.
E poi mi chiedo: possibile che dobbiamo recepire queste “contaminazioni” che ci arrivano dall’esterno? Qui si tratta proprio di “una forma di colonizzazione economica del nostro paese”, ha osservato qualcuno. Comprendo l’irritazione della Chiesa per la “sconsacrazione” della ricorrenza di tutti i santi.  La Chiesa cattolica polacca definisce Halloween una manifestazione satanica,  "frutto della propagazione dell’occultismo e della magia", che ha "le sue radici nell’adorazione pagana degli spiriti e di un dio celtico della morte". "Con la scusa di divertirsi", aggiunge, "si invitano i bambini e gli adulti a praticare l’occultismo, e questo è in contraddizione con la Chiesa e con la vocazione cristiana"
Resta da sottolineare che la scristianizzazione della nostra società, e il consumismo imperante, nonostante la recessione economica, hanno già portato alla trasformazione delle principali ricorrenze religiose in riti pagani. Cito un sito internet: l’Epifania s’è trasformata nella Befana, “una sorta di strega, che cavalca di notte una scopa – come nelle peggiori tradizioni dei Sabba satanici – portando doni ai bambini"; il carnevale  non è più un momento di preparazione della quaresima; il lunedì dell’Angelo  s’è trasformato nella pasquetta, destinata alle gite fuori porta; la stessa festa dell’Assunzione ha perduto il suo significato più alto, quello di celebrare l'ascesa al cielo in carne e ossa della Mamma celeste, ed è intesa per lo più come ferragosto, occasione di baldorie e ricche libagioni. 
C’è stata, è vero, una profonda rivoluzione, dovuta alla globalizzazione, alla evoluzione dei costumi, al mutato quadro politico. Ma anche, mi rincresce di doverlo rilevare, a un certo lassismo della Chiesa, soprattutto a livello di parrocchie, definite dallo stesso Sinodo dei Vescovi “gigante addormentato” che, però, e speriamolo vivamente, “si sta risvegliando”. Nel messaggio finale dell’assemblea dei vescovi trovo: “Non c’è uomo o donna  che, nella sua vita, non si ritrovi, come la donna di Samaria della pagina del Vangelo (cf. Gv 4,5-42), accanto ad un pozzo con un’anfora vuota, nella speranza di trovare l’esaudimento del desiderio più profondo del cuore, quello che solo può dare significato pieno dell’esistenza. Molti sono oggi i pozzi che si offrono alla sete dell’uomo, ma occorre discernere per evitare acque. Urge orientare bene la ricerca, per non cadere preda di delusioni, che possono essere rovinose. Come Gesù al pozzo di Sicar, anche la Chiesa sente di doversi sedere accanto agli uomini e alle donne di questo tempo, per rendere presente il Signore nella loro vita, così che possano incontrarlo, perché lui solo è l’acqua che dà la vita eterna”. Occorre che gli "addetti ai lavori" (e ciascun credente per la propria parte) ne prendano coscienza.

S'INAUGURA MARTEDI' A ROMA LA MOSTRA "MAURIZIO VALENZI. ARTE E POLITICA"




Martedì 6 novembre, alle ore 18.00, sarà inaugurata a Roma, Palazzo Valentini (Via IV Novembre 119/a), la mostra “Maurizio Valenzi. Arte e Politica”. Sono grato all’amico e collega Roberto Race per il cortese graditissimo invito, ma purtroppo circostanze familiari m’impediscono di esserci.  Maurizio Valenzi (1909-2009) fu un artista di raffinata sensibilità, oltre che un politico (prima senatore, poi eurodeputato) e amministratore (sindaco di Napoli) serio, accorto, degno di rispetto e di ammirazione.
La mostra, curata dallo storico dell’arte Claudio Strinati e promossa dalla Fondazione Valenzi, sarà aperta al pubblico gratuitamente dal 7 al 28 novembre (dal lunedì alla domenica, ore 10 – 19). Il catalogo invece è stato curato da arte’m e contiene, tra gli altri, i testi di Antonella Basilico, Renato De Fusco, Mario Franco, Filomena Maria Sardella e Olga Scotto di Vettimo.
L'esposizione segue uno sviluppo cronologico e tematico: i ritratti, le nature morte, i paesaggi, la rivoluzione francese e quella napoletana, disegni dal carcere (Valenzi fu arrestato nel novembre 1941 e condannato all'ergastolo ed ai lavori forzati dal regime fascista di Vichy e internato per un anno a Lambèse in Algeria; lo liberarono gli alleati nel marzo 1943),  che consentiranno di cogliere l’alternanza di riflessioni estetiche e istanze politiche dell’uomo e dell’artista in un arco cronologico che va dagli anni ’20 agli anni ’90. Una vita, quella di Maurizio Valenzi, ricca di impegno, su più fronti, intensa, piena. Tanto da fargli intitolare un suo libro autobiografico "Confesso che mi sono divertito".
Le opere, circa cinquanta dipinti, saranno arricchite da un poderoso corpus di disegni. Tra questi, alcuni raffigurano storici compagni di partito e colleghi parlamentari: tra gli altri si ritrovano i ritratti di Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer e Nilde Iotti.
Realizzare una mostra sull’attività artistica di Maurizio Valenzi, dopo le belle ed importanti mostre curate personalmente da lui, non è stata cosa facile: “Lo sapevamo già nel 2009 quando è nata la Fondazione Valenzi ed abbiamo deciso di posticipare questo momento – sottolineano gli organizzatori -. Lo abbiamo fatto per poterlo separare nettamente dalla sua straordinaria dimensione politica e, come spesso dicono Lucia e Marco Valenzi, ‘distinguerlo dai pittori della domenica’. E lo abbiamo fatto anche perché il percorso artistico di Maurizio ha una sua originalità che parte dalla sua formazione come bene descrive Claudio Strinati, che con grande passione ha voluto curare questa mostra. E come Fondazione Valenzi abbiamo raccolto e fatto nostra la sua originalità e la sua passione per l’arte facendole diventare elementi cardine delle nostre attività. Sono stati censiti le centinaia di ritratti disegnati da Maurizio durante le riunioni al Senato più che quando prendeva un caffè al bar e raccogliendo le testimonianze delle persone ritratte. Ed alcuni di questi disegni sono oggetto della mostra”.

434 TELECAMERE PER LA SICUREZZA DELL'AREA ARCHEOLOGICA DI POMPEI? SPERIAMO CHE SI FACCIA PRESTO


Un comunicato stampa, or ora pervenutomi, riferisce che saranno installate 434 telecamere di sicurezza per il parco archeologico di Pompei: quanto meno, è questo l'obiettivo del nuovo progetto finanziato dal PON Sicurezza, il Programma gestito dal Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza e cofinanziato dall'Unione Europea.  434 nuovi "occhi elettronici", dicevo, 130 dei quali sono destinati a sostituire le telecamere già esistenti ed ormai obsolete. Questi supporti ottici saranno dislocati lungo il perimetro del parco, all'interno delle aree ritenute critiche della città antica, nei pressi dei depositi, dei laboratori, degli uffici, dei parcheggi e degli ingressi veicolari e pedonali.
Il potenziamento dell'impianto di videosorveglianza permetterà di prevenire il rischio di furti, danneggiamenti ed atti vandalici, garantendo un adeguato monitoraggio dei flussi turistici che ogni giorno fanno registrare circa 15.000 visitatori. Il nuovo impianto sarà utilizzabile, ovviamente, anche per eventuali fini investigativi.
Le risorse destinate dal Programma Operativo Nazionale "Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo convergenza 2007-2013" ammontano a 3,8 milioni di euro.
Il progetto, approvato dall'ultimo Comitato di valutazione, presieduto dall'Autorità di gestione del PON Sicurezza, Prefetto Nicola Izzo, è stato presentato dalla Sovrintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. Esso prevede anche la realizzazione della nuova Sala apparati presso l'edificio demaniale di Porta Stabia, nonché della Sala controllo della Soprintendenza.

martedì 30 ottobre 2012

LA TRADIZIONE DELLA PIZZA NEL GIORNO DEI MORTI



“Il ricordo è l’unico paradiso dal quale non possiamo venir cacciati” è il motto di questo blog, preso in prestito da Jean Paul (pseudonimo di Johann Paul Friedrich Richter, scrittore e pedagogista tedesco (Wunsiedel, 21 marzo 1763 – Bayreuth, 14 novembre 1825). Il ricordo è sempre riferito a qualcosa che ha segnato il mio (nostro) percorso di vita in modo indelebile e che, perciò, riaffiora prepotentemente, con la sua carica di nostalgia e di rimpianto, in determinate situazioni. 
Da ragazzo – l’ho già scritto, ma mi piace tornarci su -  abitavo ad Amalfi nel cuore della Valle dei Mulini (dove sono nato e cresciuto, e poi ci ho lavorato per molti anni, fino al pensionamento). La mia  casa era all’ultimo piano del palazzo Anastasio, là dove una lunga scalinata – un migliaio di gradini o forse più – s’impenna per arrivare a Scala, passando per Pontone e Minuta. Non ho dimenticato i nomi, oggi desueti (come la strada, frequentata solo dagli amanti del trekking, per lo più stranieri), che caratterizzavano certi luoghi: Sott’ ‘e grotte, ‘Ncopp’ ‘o purteciello,  Fòre ‘o tuoro, ‘A pónta ‘e priéce, San Giuvanne, San Felippo, Sant’Eustachio.
Compravamo il pane da Gennarino Muoio, che aveva il forno - subito dopo il largo Spirito Santo e il supportico San Giuseppe dalle belle  pareti affrescate (demolito negli anni sessanta per lasciare spazio alla strada rotabile) - all’angolo tra quelle che allora si chiamavano via Fiume e salita Lauro, dirimpetto alla ghiacciera di don Nicola Milano, che occupava il lato opposto del torrente Canneto, dove poi s’è  costruito l’edificio scolastico, raggiungibile attraverso un esile ponticello. Il negozio di vendita, gestito dalla moglie Rosa – Gennarino e Rosa formavano una coppia collaudata: avevano messo al mondo una diecina di figli – era in via Pietro Capuano, accanto al cortile dove parcheggiava il camion ‘o Pollidro (detto così, il puledro, per la capacità che aveva di correre alla guida dell’automezzo sulla stretta e dissestata strada della costiera).
Il pane era eccellente, sia per la farina adoperata, sia per la cottura, sia per l’abilità del panettiere. Il forno trovava alimento in profumate fascine di lecci e di castagni, portate giù a spalla - ed era per lo più compito delle donne -, con una fatica incredibile,  dalle montagne di Scala.
La classica pizza margherita
Ogni anno, il 2 novembre, Gennarino ci regalava la pizza (marinara):  grande,   condita con pomodorini (del piennolo), aglio, acciughe, origano.  A pranzo consumavamo quella e ci bastava. Parlo dei tempi  duri della guerra e dell’immediato dopoguerra. Soltanto la domenica si riusciva a mettere a tavola  un secondo piatto.
Da allora, il 2 novembre, ho continuato a mangiare la pizza (di solito, margherita). Lo farò pure venerdì. Ovviamente, essa non è più quella di Gennarino Muoio che resta (certamente lo era), nel mio immaginario, di una bontà assoluta, inimitabile.
L’accostamento tra la pietanza e la commemorazione dei morti  nessuno me lo ha mai spiegato. Penso che, evitando di applicarsi ai fornelli, le nostre mamme e, prima di loro, le nostre nonne potevano dedicare più tempo al culto dei cari defunti.  Ad Amalfi la visita al cimitero era (ed è)  faticosa, perché impone l’arrampicata su una montagna di scalini. Il sindaco, che domenica scorsa ha inaugurato i due ascensori che dal parcheggio Luna Rossa raggiungono il rione sant’Antonio, ha assicurato che i lavori di costruzione dell’altro, ascensore, quello per il cimitero, avviati da decenni, saranno completati presto. Una promessa o una speranza?

© Sigismondo Nastri