giovedì 8 settembre 2016

LO SCIVOLONE DI LUIGI DI MAIO SUL CONGIUNTIVO

Sul web gliene stanno dicendo di tutti i colori. Ieri sera, mentre parlava all’assemblea dei Cinque stelle a Nettuno, per fare il punto sulla situazione amministrativa di Roma, che tanti grattacapi sta creando alla sindaca Virginia Raggi, l'onorevole Luigi Di Maio, punta di diamante del M5S, è incappato in un piccolo infortunio verbale: "Come se presentassi venti esposti contro Renzi – ha detto -, lo iscrivessero al registro degli indagati, poi verrei in questa piazza e urlerei che Renzi è indagato".
Maledetto congiuntivo! Uno scivolone del genere non è raro, siamo sinceri. Se ci mettessimo a seguire con attenzione la tv troveremmo materiale sufficiente per scrivere un libro.
Ma in fondo che cos’è un congiuntivo? Una bazzecola, una sciocchezzuola.  Ci incappò, come narrano le cronache, anche a un imperatore (peraltro mio omonimo; Sigismondo di Lussemburgo, 14.2.1368-9.12.1437). Quando glielo fecero notare, rispose, senza scomporsi: "Ego sum rex Romanus et super grammaticam" (sono un imperatore e me ne fotto della grammatica).  Viva la sincerità!
Potrebbe fare la stessa cosa Di Maio, rivendicando il suo ruolo di Vice presidente della Camera dei Deputati. Tanto, in parlamento, stare al di sopra della grammatica è niente; ci sono pure quelli che stanno al di sopra della legge.

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