martedì 13 dicembre 2016

"OTTANTA DA MOSTRARE", LA PERSONALE DI PIETRO FALIVENA A SALERNO

Non è da molto che conosco Pietro Falivena. Per me, fino a un po’ di tempo fa, era solo il fratello di Aldo, uno dei punti di riferimento di quanti, ragazzi, volevamo fare i giornalisti. Quando lui – il ricordo va agli anni cinquanta del secolo scorso  era a capo della redazione de Il Giornale a Salerno. Com’era diverso, allora, il giornalismo: senza veline, senza comunicati stampa. Le notizie dovevi cercarle, nel senso che dovevi avere dei personali canali di informazione, puntuali, affidabili.
Dicevo che l’amicizia con Pietro è relativamente recente. Fondata, tuttavia, su  solide basi di stima e di condivisione di idee, pensieri, valori.  Ci si vede, per lo più, nella bottega di Adriano Paolelli, frequentata anche da Cosimo Budetta.
Ecco: Budetta, Falivena, Paolelli, un trio delle meraviglie. Simile a quello che, una volta, nel calcio, incantava e divertiva: Green, Liedholm, Nordhal. Accomuno così tre artisti - personalità diverse, come diverso è il loro modo di dipingere - che, tuttavia,  hanno il privilegio di lavorare in assoluta libertà, senza condizionamenti. Senza la logica imposta dai galleristi. Non è poco, in un tempo in cui tutto è oggetto di mercificazione. 
Adriano Paolelli: Ritratto di Pietro Falivena
Ma torno a Pietro Falivena che ieri pomeriggio, a Salerno, negli spazi di palazzo Genovese (largo Campo), ha inaugurato una personale  a cura di Lucio Afeltra, Corradino Pellecchia e Vito Pinto – alla quale ha dato nome “Ottanta da mostrare”.  Non ci son potuto andare e mi dispiace. Il titolo è lo stesso che trovo sulla cartella nella quale è inserito un dipinto, del quale ha voluto farmi dono quando, due mesi fa, ha compiuto ottant’anni.
Andrò a visitarla nei prossimi giorni. Ieri, purtroppo, non m’è stato possibile.
Falivena è l’artista delle carte perse, delle carte volanti, delle carte colorate. In cui le forme, le linee, un cromatismo vivace richiamano – lo evidenzia Paolo Romano su La Città, citando Francesco d’Episcopo, autore del testo di presentazione   «l’inconscio immaginifico sepolto in ciascuno di noi».
«Nella tavolozza di Falivena – nota Paolo Romano – i cieli rossi ed i mari verdi, le barche e le marine, le case pastello ed i campi giallo limone, gli alberi dai colori improbabili e le colline d’un verde chiarissimo popolano un universo pittorico dove il sovrano assoluto è il colore, steso direttamente sul foglio e sulla tela, senza nemmeno passare attraverso la mediazione del disegno»
La mostra ha ampio spazio pure su Il Mattino. Per Marcello Napoli  è «un’antologia di segni e di sogni dove è protagonista il ‘calore del colore’, quel brivido caldo che è raro trovare in tempi così falsamente artificiali, dominati dal pixel, dal pc, tablet, ma non dalle mani e dagli occhi. Il tratto apparentemente infantile, gli alberi, la casa, le onde del mare in cieli arcobaleno sono più grafica e graffio che copia dalla realtà, più impressioni che spiegazioni, più sensazioni che illustrazioni».

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