venerdì 14 ottobre 2016

IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA A BOB DYLAN: NOTERELLA A MARGINE

Come mothers and fathers                           Venite madri e padri

Throughout the land                                       da tutto il paese
And don't criticize                                            e non criticate
What you can't understand.                          quello che capire non potete.
                             Bob Dylan
«Quando Dylan fu proposto per il Nobel dal docente americano Gordon Ball - leggo sul Corriere della sera -, Fernanda Pivano [non un pinco pallino qualsiasi, aggiungo io] commentò la notizia con entusiasmo sul Corriere del 29 settembre 1996 [cioè, sottolineo, vent'anni fa]. Definì il cantautore "un grandissimo poeta, un menestrello che ha cantato i mali del mondo e li ha rivelati alle coscienze". E concluse: "Nessuno, secondo me, merita questo Nobel quanto il nostro Bob Dylan"».
A tutti i santoni, paludati, accademici, frequentatori di salotti letterari, che storcono il naso, dico: ma andate a farvi friggere! Il mondo va avanti, voi siete fuori dal tempo!
Bella, condivisibile la dichiarazione di Mogol, il più noto "paroliere" italiano. La traggo ancora dal Corriere, che resta il mio quotidiano preferito: «Questo Nobel dimostra che la poesia per canzone [ovvio, quando è poesia, e raramente accade nel mondo della canzone italiana], cioè abbinata alla musica, non vale meno della poesia pura... C'è un filo che unisce la cultura popolare di ogni tempo, un filo che parte da Dante Alighieri e arriva da Dylan. Montale e Dylan hanno assolutamente pari dignità».
Il linguista Tullio De Mauro dice, da parte sua, che «è giusto allargare i confini del Nobel dalla letteratura accademica, patinata, nobile a quella non meno nobile ma di grande circolazione e popolarità». E' quel che penso anche io.
C'è poco da scandalizzarsi. Evviva!

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