martedì 10 febbraio 2015

ACCOLTE CON FAVORE LE MIE "PRIÉRE... NAPULITANE"

Sono molto felice per il favore col quale è stato accolto il mio libretto di "Priére... napulitane", pubblicato, fuori commercio, da De Luca Industria grafica e cartaria spa in ricordo di Giuseppe De Luca, l'indimenticabile "don Peppe", scomparso il 4 novembre del 2013. E non mi riferisco solo alla lettera pervenutami da S.Em. il Cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli.

Ieri, sul sito online del Corriere della Sera / Corriere del Mezzogiorno, Gabriele Bojano, amico di vecchia data, giornalista brillante e di spiccata perspicacia, ha scritto:


«Pate nuosto» e «Avemmaria»
Nel volumetto di Sigismondo Nastri s’incontrano fede

 e tradizioni popolari 
G. B. 
 «Pate, ca sì ‘o Pate ‘e tutte quante e staje lla ‘ncielo». Comincia così il «Pate nuosto» secondo Sigismondo Nastri, giornalista, poeta e scrittore, che ha raccolto in un volumetto , «Prière ...napulitane», edito da De Luca, in pregevole carta d’Amalfi, le preghiere che impariamo da piccoli tradotte nella lingua napoletana. Una prova di grande fede, che va di pari passo con la profonda conoscenza e passione per la tradizione partenopea, dedicata al «ricordo sempre caro di Giuseppe De Luca», imprenditore della carta, tra i maggiori protagonisti dello sviluppo industriale di Salerno dalla metà degli anni ‘60 del secolo scorso. Nastri si avvicina alle «prière» con estrema cautela e rispetto, facendo tesoro di una tradizione orale oltre che scritta. E così l’Eterno riposo diventa «Aterno Ricietto» il Credo «I’ Crero» e l’atto di dolore «I’ m’adduloro p’’e peccate». Tra tanta fervente religiosità l’unica concessione ad un rito pagano è contenuta nell’ultima pagina della pubblicazione, quando l’autore si lascia andare ad un approccio confidenziale con il lettore, «co’ l’aùrio ca l’anno 2015 pòzza purtà bene e salute a tuttequante». Le «Prière...napulitane» hanno già ricevuto l’autorevole consenso del cardinale di Napoli Crescenzio Sepe che in una lettera inviata a Nastri, per ringraziare dell’invio del libricino, si è soffermato su «la bellezza dei componimenti, capaci di esprimere la ricchezza dell’animo umano e di suscitare la riflessione interiore».



Oggi, un'altra bella sorpresa.  
Sulle pagine della cultura de La CittàPaolo Romano, altro caro amico, con l'acume e la sensibilità che lo caratterizzano, ha riservato al mio libro ampio spazio, analizzandolo approfonditamente. Gli sono particolarmente grato per le cose che ha scritto e per il giudizio positivo espresso su questo mio lavoro, che mi ha molto appassionato.  
Grazie vivissime anche alla direzione e alla redazione cultura del quotidiano salernitano.

E non finisce qui.
Ancora una recensione, nel pomeriggio, di Ambrogio Ietto, sul suo blog (www.ambrogioietto.com), e - spero - domani su Le Cronache del Salernitano, il quotidiano diretto dall'amico Tommaso D'Angelo. Ambrogio me l'aveva annunciata di primo mattino con una cortese telefonata. Gli sono immensamente grato. Gli aspetti del libro da lui sottolineati, quelli ai quali tengo di più, sono: l'omaggio che ho voluto rendere, con questo lavoro, a Peppino De Luca col quale, dai tempi dell'infanzia, ho condiviso tanti momenti della mia vita; il sentimento religioso che mi ha ispirato; il legame che continuo ad avere con la Costiera anche nel periodo in cui, per necessità di cose, devo stare a Salerno. Ci tenevo molto al giudizio di Ambrogio Ietto perché uomo di Scuola, oltre che giornalista e saggista di valore, abituato ad analizzare le cose che legge e a giudicarle.
Ancora grazie, grazie di cuore.

 

UN PREZIOSO VOLUMETTO DI SIGISMONDO NASTRI OFFRE IN PUNTUALE LINGUA NAPOLETANA LE PIU’ COMUNI PREGHIERE RECITATE DALLA RELIGIOSITA’ POPOLARE

Salerno, 10 Febbraio 2015
Ambrogio IETTO
LE PREGHIERE IN NAPOLETANO DI SIGISMONDO NASTRI
L’ultima fatica letteraria di Sigismondo Nastri, la traduzione in dialetto napoletano doc delle più comuni preghiere legittimate dal catechismo riservato ai fedeli di religione cattolica, sorprende anche lettori come chi scrive che si guardano bene dall’imboccare un sentiero piuttosto ostico qual è considerato, anche per i salernitani vicini di casa, l’idioma proprio della verace comunità partenopea.
Nastri, educatosi ad affrontare anche percorsi poco comuni nei variegati linguaggi dell’arte, non ha avuto indugi e, dotatosi dei più accreditati dizionari in napoletano e di autorevoli fonti bibliografiche redatte in autentico vernacolo, ha affrontato l’improba fatica.
Perché si è lanciato in una impresa del genere oggettivamente considerata ardua?
Il motivo dichiarato dallo stesso autore è nobile e merita rispetto in un’epoca in cui anche i richiami dell’amicizia e della fedeltà vengono considerati sentimenti da rottamare. Invece Sigismondo Nastri, appartenendo ad una specie umana in via di estinzione, regala questi suoi componimenti a Giuseppe De Luca, imprenditore nel settore grafico, suo amico d’infanzia, cultore della lingua napoletana e, secondo Beniamino Depalma, attuale vescovo di Nola ma già titolare della diocesi di Amalfi – Cava, persona disponibile ‘verso chiunque lo avvicinasse, segno effettivo e concreto del fatto che Peppino credeva fermamente nel valore sacro dell’amicizia‘.
Chi conosce Nastri individua, però, almeno altre due motivazioni sicuramente più intime e profonde che hanno spinto l’amico a scrivere “Priére … napulitane": la prima è legata al bisogno profondo che si avverte in una stagione della vita, comune anche al redattore di queste note, di accostarsi, con sempre maggiore frequenza e in modo silenzioso, al ‘Pate nuosto’ che ‘staje llà ‘ncielo' e alla ‘Santa Maria, ca si’ ‘a Mamma ‘e Ddio’.
La seconda è condizionata dalla dimensione fortemente religiosa della gente della Costiera cui appartiene con non celato orgoglio l’autore non disponibile a distaccarsi da un’antropologia culturale che ha costantemente confermato, nelle gesta e nei riti celebrativi, il forte legame con la fede di matrice cattolica. Molte espressioni dialettali, tra le tante utilizzate da Nastri in fase di traduzione, meritano una testuale riproduzione in quanto riescono a manifestare, con straordinaria sintesi, l’effetto desiderato.
Nella chiusura del ‘Pate nuosto’, ad esempio, alimenta una particolare attenzione il ‘nun ce fa cadé ‘ntentazione ma lévace ‘o malamente ‘a tuorno'.
Nastri, immedesimandosi profondamente nel messaggio autentico della religiosità popolare propria dei napoletani, trasferisce il ‘malamente' della famosa sceneggiata, rivisitata in questo periodo da Vittorio Marsiglia, in tutto ciò che può esprimere il male, la cattiveria, l’iniquità, la malvagità, l’inclinazione ad agire con animo perverso.
Implorare Iddio in un modo così efficace, affinché salvaguardi la persona timorosa da quanti, girellandole intorno qua e là, perseguono il per niente nobile obiettivo di ‘portar male’, significa rendere in forma immediata e liberatoria un avvertito bisogno di salvazione.
E’ questo uno dei tanti passaggi che rendono la lettura di questo prezioso volumetto di 25 pagine, stampato su prestigiosa carta d’Amalfi, gradevole, distensivo mai scevro, però, del pathos proprio che contraddistingue la personale sensibilità di Sigismondo Nastri.


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