lunedì 9 aprile 2018

LE ARANCE DI MARIETTELLA E LA MARMELLATA DELLA SIGNORA ANDREINA

Ricordo che ad Amalfi esistevano, insieme ai limoneti, degli splendidi aranceti.  Uno, lungo ‘o muro rutto, nella Valle dei Mulini. Quando ero bambino,  mio padre lo prese in fitto, per qualche tempo,  insieme alla casa, posta alla confluenza tra la salita Resinola e la via per S. Lorenzo, di proprietà di un certo Masto Ciccio. Poi quel giardino è scomparso, soffocato dal cemento.  C’erano parecchie piante d’arancio anche nella proprietà della famiglia De Riso, distrutte quando il terreno, fertilissimo, fu espropriato per costruirci un edificio scolastico: l’Istituto professionale per il commercio, dove io, per uno strano scherzo del destino, ho trascorso l’intera vita d’insegnante. Capitava che una tempesta di vento scutuliasse così forte le piante da far cadere a terra una grande quantità di arance. Mariettella (la signora De Riso, noi la chiamavamo così) ce ne regalava intere ceste. Per me, una vera manna. Ne mangiavo a bizzeffe. Ancora oggi la mia alimentazione non può prescindere, a metà mattinata, da una ricca dissetante spremuta  (anche se quelle vendute in negozio o al mercato, e provenienti non so da dove, e forse manipolate geneticamente, trattate con sostanze chimiche, non hanno il gusto e la fragranza di allora. Ma io cerco di acquistarle sempre fresche, con le foglie).
In Costiera non si producono più arance, dicevo, a parte rade piante che fanno capolino tra le pergole dei limoni. Bisogna oltrepassare il valico di Chiunzi e affacciarsi sul versante dell’Agro per ritrovarne coltivazioni più intense. Credo, ma manco sul posto da tantissimo tempo e non ne sono sicuro, che ce ne siano nel podere "Valle dei Mulini" di Gigino Aceto, che quando ero ragazzo chiamavamo 'O cuotto. Ho provato la marmellata prodotta da questa azienda tipica, insieme a  vari liquori che attengono al territorio, e la trovo eccellente.
I ragazzi di oggi sono schizzinosi: di fronte a una spremuta arricciano il naso, preferiscono bibite esotiche costruite in laboratorio. Peccato. Eppure, leggo,  gli agrumi (e se vale per le arance, vale ancor più per i nostri limoni, di cui neppure so fare a meno: meno male che ne ricevo  da Tramonti) sono ricchi di vitamina C, hanno azione antisettica, antinfiammatoria, protettiva nei confronti di cuore e arterie. Se sono arrivato, sostanzialmente sano, a ottantatré anni, lo devo anche alla grande quantità di limoni, arance, mandarini che ho inserito nella mia alimentazione. Lo faccio tuttora.
Ho qui la ricetta per una buona salutare e genuina marmellata. Me la diede, scritta di suo pugno, su carta intestata Hotel dei Cavalieri, la signora Andreina, moglie di Antonio De Luca.  La preparava per la famiglia ed era gradita dagli stessi dell’albergo.
Innanzitutto, gli ingredienti. Un chilo di arance, fresche, non trattate, lavate e asciugate. E ottocento grammi di zucchero.
Si mettono sul fuoco due pentole d’acqua e, appena bolle, si versano le arance nella prima pentola per 6/7 minuti.  Quindi, scolate, si passano nella seconda pentola per altri 5 minuti.
Si scolano di nuovo e si mettono a raffreddare, in acqua fredda. Quindi si tagliano a metà cercando - in un colino - di eliminarne i semi (se ne resta qualcuno non fa niente), senza schiacciarle troppo.  E, soprattutto, ponendo attenzione a raccogliere in una pentola il succo che  viene giù dal colino per mischiarlo allo zucchero.
Le arance, già divise a metà, vanno ulteriormente tagliate (in 4 o più pezzi), unite anch’esse allo zucchero e mescolate in modo che questo risulti un poco ammorbidito.  Dopo di che si mettono sul fuoco a fiamma bassa, per cinque minuti (dall’insorgere del bollore), mescolando spesso e fino in fondo. “Quando la scorza apparirà ben cotta – sottolineava la signora Andreina -, io le passo nel tritacarne con i fori grandi. Non bisogna impressionarsi se è un poco fluida: si indurisce raffreddandosi.” Quel che bisogna evitare è che attacchi sotto o si scurisca troppo.
Rimossa dal fuoco, la marmellata così ottenuta va invasata calda. I vasetti, chiusi ermeticamente, vanno lasciati a raffreddare, capovolti, su un canovaccio.  Una volta raffreddati, sarà necessario accertare se il sottovuoto s’è creato correttamente, premendo al centro del coperchio. I tappi di metallo (evitare il riutilizzo di quelli già usati) devono apparire leggermente incurvati verso l'interno e, premendoci sopra col dito, non si deve sentire clic clac.Se ciò avvenisse è perché  il sottovuoto non è andato a buon fine. Il prodotto ottenuto non è sicuro per la conservazione. Per sicurezza, consiglio di  affidarsi alla tradizionale bollitura dei barattoli, come si usa fare per i pelati o la salsa di pomodoro.    Saremo certi che il prodotto ottenuto potrà conservarsi a lungo.
Tutto questo vale anche per la marmellata di limoni, a parte il fatto che devono essere preventivamente privati della buccia. E che vanno bolliti interi una sola volta per 5 minuti, all’inizio del procedimento.
© Sigismondo Nastri (nuove ricette per 'A cannarizia)  

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