mercoledì 28 giugno 2017

LA FESTA DI SANT'ANDREA AD AMALFI. NOTA A MARGINE


Mi ha colpito ieri sera un commento su Facebook alla Festa di Sant'Andrea, ad Amalfi, postato in cattedrale subito dopo la processione: "Se Gesù venisse adesso caccerebbe tutti fuori!". Un'affermazione dura, avvalorata da altre testimonianze. Io non c'ero, aspetto ulteriori elementi. 
Intanto ribadisco la mia opinione (che non vale niente, sia chiaro), già manifestata in un post: sono contrario alla corsa della statua dell'apostolo attraverso la lunga scalinata del duomo, perché anno dopo anno s'è trasformata in uno spettacolo da circo. O da stadio, se preferite. Ho avuto qualche rimbrotto per questo, ma la ribadisco qui. 
Sono contrario agli applausi che l'accompagnano;  ancor più a quelli in chiesa, in qualsiasi circostanza. E all'utilizzo delle chiese per motivi che non siano di culto. 
Dico di più: credo che le processioni siano ormai dei riti fuori dal tempo. Specialmente se, e quando, sono viste come elemento di richiamo turistico. Avviene così in Costiera. E non solo in Costiera.
Vorrei pure fare un sondaggio: quante sono le persone che, entrando in una chiesa, prestano attenzione al tabernacolo con Gesù Sacramentato, e quante, invece, si fermano a toccare statue e figure di santi e madonne. E' stato alimentato un culto delle immagini che poco ha a che vedere con la fede. A me pare una nuova forma di paganesimo. 
Si sta perdendo il senso del nostro essere cristiani, che è tutto racchiuso nella morte e resurrezione di Gesù, nell'Eucarestia, "pegno d'immortalità, sacramento di comunione con il Cristo".
Le autorità religiose dovrebbero rendersene conto.

martedì 27 giugno 2017

LA STORIA DELLA PAGANESE CALCIO: NOVANTA ANNI DI EMOZIONI (1926-2016) NEL RACCONTO DI NINO RUGGIERO, PEPPE NOCERA, BARBARA RUGGIERO

Più di cinquecento pagine: tante ce ne son volute a Nino Ruggiero, Peppe Nocera, Barbara Ruggiero per raccontare i novanta anni (1926-2016) della Paganese. Non in modo scarno, seppure con pazienza e precisione certosina, affidandosi solo ai dati statistici, ma con l’emozione, l’animo del tifoso che li ha spinti a occuparsi della squadra di calcio della loro città: lui, Nino, affermato giornalista sportivo, con un lungo percorso alle spalle; Peppe, che ne segue brillantemente le orme; Barbara, inevitabilmente contagiata dal genitore (e, come dice, il proverbio “buon sangue non mente”).
“Novant’anni di passioni, di gioie, di cadute e di risalite - sottolinea il sindaco di Pagani, Salvatore Bottone in apertura del libro. – Novant’anni di storia”. Seguono le testimonianze di Maurizio Romano, inviato della Rai, che iniziò la sua carriera proprio sugli accaldati campi dell’agro, rappresentati dal quadrilatero Angri-Nocera-Pagani-Scafati; e di Umberto Belpedio, paganese doc,  mostro sacro del nostro giornalismo, che, traendo spunto dal calcio, ripercorre le vicende dell’ultimo mezzo secolo - spaziando dalla economia al costume, alla politica – e traccia puntuali ritratti dei personaggi che le hanno caratterizzate. E poiché coltivare la memoria – ce lo insegna Umberto Eco – è uguale a vivere mille vite, per i più giovani sarà come essere stati presenti ai fatti dei quali, attraverso queste narrazioni, vengono a conoscenza.
Scorrendo, sia pure rapidamente, le pagine di Storia e storie della Paganese (Edizioni Paganese Calcio) mi sembra di capire che i momenti più alti di questi novanta anni sono legati al campionato 1976/77 quando, sotto la presidenza di Marcello Torre, fu sfiorata la promozione in serie B  e quando, nel corso del campionato successivo, la squadra fu ammessa a disputare il torneo anglo-italiano, ricostruito con dovizia di particolari da un testimone oculare, il giornalista Rino Cesarano.
In appendice, le schede relative ai presidenti e agli allenatori che si sono succeduti alla guida del sodalizio, i tabellini degli ultimi dieci anni, un ricco repertorio di immagini che documentano le tappe salienti di una vicenda calcistica lunga e appassionante. Che si spera possa riservare, magari a breve, nuove, e maggiori, soddisfazioni. Una storia – insistono gli autori – che non può andare perduta e che, anzi, deve costituire “un pilastro fondamentale per l’identità di un paese che si riconosce nei valori sani dello sport e che del passato deve far tesoro”.

venerdì 23 giugno 2017

AMALFI HA COPERTO DI SILENZIO IL DECIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GAETANO AMENDOLA

Quando dico che il nostro è un paese senza memoria vien fuori sempre qualcuno che tenta di contraddirmi. Ma è proprio così.  Dieci anni fa, il 21 febbraio 2007, morì a Roma, all’età di ottantuno anni, Gaetano Amendola. La ricorrenza è passata sotto silenzio. Come se la città avesse voluto cancellarlo dalla memoria. Eppure egli è stato, con Francesco Amodio, Ruggiero Francese, Plinio Amendola, un protagonista di rilievo della storia amalfitana della seconda metà del novecento. Lo scrissi subito dopo la sua scomparsa, lo ripeto oggi.
Gli ero amico, ma non sono stato un suo seguace, un suo sostenitore. Ne ho pure pagato le conseguenze, sulla mia pelle. Come quando, eletto lui a capo dell’amministrazione comunale, la mattina successiva fui allontanato da palazzo san Benedetto con un ordine di servizio. Non ne feci un dramma: capivo di essere la vittima sacrificale dei giochi di potere che avevano portato alla defenestrazione del sindaco Amodio, del quale ero segretario. La politica è una scala: si sale e si scende. Siate gentili con le persone che incontrate salendo – ricorda un cartello nell’Hotel Rand di New York -, perché tornerete a incontrarle scendendo”. 
Conservo tra le mie carte una lettera che mi scrisse nel 1959, in cui dichiarava amore incondizionato per la sua città. Non l'ho mai dubitato. Anche se, a rileggerla adesso, quell'augurio "di poter fare ancora qualcosa per l'avvenire" mi sembra quasi riferito a ciò che successe negli anni successivi. 
Gaetano Amendola, dicevo, è stato, per Amalfi, uno dei personaggi più importanti della seconda metà del novecento. Conosceva le stanze del potere come pochi altri. Le aveva frequentate da quando, giovanissimo, s’era trasferito nella capitale per andare a lavorare al Ministero dei lavori pubblici. Gennaro Cassiani, deputato calabrese, divenuto ministro della Marina Mercantile, lo chiamò alla sua segreteria. Poi Fernando Tambroni lo volle con sé come segretario particolare: allo stesso dicastero di piazza della Minerva (1953-55), all’Interno (1955-59), al Bilancio (1959-60), alla Presidenza del Consiglio (1960). Nel 1959 il politico marchigiano, che aveva messo su un governo con l’appoggio determinante del Msi, fu costretto a dimettersi in seguito a violenti moti di piazza.
Uscito di scena Tambroni, Gaetano Amendola legò i suoi destini a quelli di Arnaldo Forlani, altro marchigiano, giunto in parlamento nel 1958 e avviato a una vera e propria escalation: ministro delle Partecipazioni statali, della Difesa, degli Affari esteri, Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Capo del governo, Segretario politico della Dc. Poi le inchieste su tangentopoli travolsero, col partito, anche il suo leader. E lo stesso Gaetano Amendola non ne uscì indenne. Ma questa è un’altra storia.
All’inizio degli anni sessanta Amalfi era una roccaforte dello Scudo crociato, stretta intorno al sindaco Francesco Amodio, che dal 1958 poteva fregiarsi del titolo di onorevole, essendo stato eletto deputato al parlamento. Gaetano Amendola, suo figlioccio (di cresima), sollecitato e mal consigliato da alcuni notabili locali - Nicola Milano, Pietro De Luca, Gerardo Del Pizzo -, decise di impegnarsi in prima persona nella vita amministrativa della città. Non come trait d’union, ma come elemento di rottura. Di conseguenza, la maggioranza consiliare si spaccò e ad Amodio non rimase che farsi da parte. Amendola gli subentrò nella carica di primo cittadino per un quadriennio (dal 1961 al 1965). Terminata quella esperienza si aprì un periodo di instabilità amministrativa, che ridimensionò la Dc e consegnò la guida del comune a un esponente autorevole del Partito comunista, l’onorevole Tommaso Biamonte.
Gaetano Amendola fu anche presidente della Camera di Commercio di Salerno.
Sigismondo Nastri

giovedì 22 giugno 2017

RUGGIERO FRANCESE E LA VALORIZZAZIONE DELLA GROTTA DELLO SMERALDO

In un libretto stampato nel 1949 dalla tipografia Jannone di Salerno, l’ingegnere Ruggiero Francese racconta “come fu svegliata dal sonno dei secoli la meravigliosa Grotta d’Amalfi”, poi denominata “dello Smeraldo”. Avvenne il 4 settembre 1932. “Io – avverte l’autore – non ho scoperto la Grotta, che era nota a centinaia di persone ancora viventi, pescatori, professionisti, artisti…, per i quali essa rappresentava una delle tante cavità naturali di cui è ricca la Costiera Amalfitana”. Ruggiero Francese si attribuisce il merito di aver fatto conoscere il valore scientifico, artistico e turistico di essa… tra l’ignoranza, l’invidia, l’ostruzionismo, e le minacce di chi non poteva sentire, per ottusità congenita, il dovere di contribuire a divulgarne la conoscenza”. E bisogna doverosamente dargliene atto.
Nel libro degli ospiti dell’Albergo Luna, il 12 febbraio 1858 un turista, “per il bene dei forestieri viaggiatori amanti delle cose belle”, aveva annotato che “da circa un mese fa’ si è scoperta una specie di caverna Monstrum che per la di lei qualità e rara bellezza, è un vero fenomeno da far rimanere estatico chi è anche avvezzo nel giro del mondo a veder meraviglie, per cui senza esagerazione questo bel fenomeno, solo parto della Natura, può gareggiare col Vesuvio per essere veramente degno da soddisfare pienamente la curiosità dei più critici intelligenti delle cose belle e rare”. E consigliava, a chi volesse rendersene conto di persona, “di servirsi di certo Luigi Miloni come la guida più pratica e piena di riguardi pei forestieri”.
L'ing. Ruggiero Francese
Ruggiero Francese descrive così la sua esperienza. Il mattino del 29 agosto 1932 s’incontrò in Piazza Duomo coi sigg. Francesco Carrano di Raffaele, appaltatore, Filippo Desiderio, ricevitore di dogana, e Salvatore de Rosa, tutti di Amalfi. Il Carrano gli disse di aver visto una grotta con delle stalagmiti che sorgevano dall’acqua, cosa che ovviamente gli sembrò inverosimile. Si organizzò, quindi, una spedizione per osservare il fenomeno da vicino. Vi presero parte, con il Francese, Francesco Mansi, che mise a disposizione il suo fuoribordo, l’ingegnere Pasquale Pansa, il medico Gaetano Scoppetta, Filippo Desiderio, il giovane Francesco Amodio (futuro sindaco di Amalfi e deputato democristiano al Parlamento, che ebbe poi scontri vivaci con l’ing. Francese, leader del Pci locale), Luigi Amatruda, fabbricante di carta a mano, Antonio Casanova, avvocato, Mario Mansi, professore di matematica, Salvatore Proto, e altri.
La Grotta dello Smeraldo, all’epoca era raggiungibile soltanto via mare o attraverso una lunga scalinata. Nel dopoguerra - a metà degli anni cinquanta, mi pare di ricordare - vi fu realizzato un impianto di ascensori.
Se mi si chiede un consiglio, suggerisco, senza nemmeno pensarci, di utilizzare la via del mare che consente il pieno godimento delle bellezze del paesaggio.
Intanto lancio qui una proposta: quella di intitolare all’ing. Francese la banchina di accesso alla grotta. Mi sembra il modo migliore per ricordarne l’impegno teso alla valorizzazione di questo “tempio azzurro sul mare”, come egli amava definirla.

© Sigismondo Nastri
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domenica 18 giugno 2017

IN MOSTRA A SALERNO LE FOTOGRAFIE DI PIERLUIGI CUNA E GUGLIELMO GAMBARDELLA


“La fotografia è un’arte; anzi è più che un’arte, è il fenomeno solare in cui l’artista collabora con il sole”. Ho trovato questa frase di Alphonse de Lamartine e me ne approprio per presentare qui la mostra fotografica di Pierluigi Cuna e Guglielmo Gambardella inaugurata a Salerno il 15 giugno negli spazi di Foto Diego (via G. Vicinanza, 14), sul tema: "La Fotografia dei due Mondi: tra il West Coast e la Street Photography". Sarà visitabile fino al 29 giugno. Spero di poterci andare fra qualche giorno.
Vi sono esposte le foto scattate da Pierluigi Cuna durante il tour "On the Road" nello Stato dell'Arizona, in USA, nel 2016, dedicate in particolare alle meraviglie sotterranee e all’affascinante spettacolo dell'Antelope Canyon, e quelle di Guglielmo Gambardella, frutto di stralci di vita quotidiana, raccolte durante il suo lavoro di fotoreporter che va avanti con successo ormai da diversi anni.

sabato 17 giugno 2017

"TURISMO: SI RAGIONA IN OTTICA LOCALE". IL MIO EDITORIALE SU "FERMENTO", MENSILE SOCIO-ECONOMICO DELL'ARCIDIOCESI AMALFI-CAVA DE' TIRRENI

“Friggi e mangia”: mi sembra di poter condensare in queste due parole, oggi, l’immagine di Amalfi. Attrezzata, nemmeno tanto, a un turismo estraneo alla sua vocazione. Perché la città appartiene a un comprensorio – ne rappresenta il fulcro, con la sua storia, le sue testimonianze d’arte, la sua bellezza – tradizionalmente destinato a un turismo di qualità: quello che da un po’ di anni si sta portando avanti a Ravello, con risultati positivi. E’ vero, a Ravello lo si è potuto fare grazie a strutture ricettive di assoluta eccellenza. Come a Positano, del resto, dove si cerca di frenare i flussi frenetici di vacanzieri. Ad Amalfi, invece, è su questo fenomeno – il “mordi e fuggi” - che si fonda l’economia. A vantaggio di pochi, il resto della popolazione ne subisce le conseguenze negative. Occorrerebbero politiche adeguate. Una città d’arte, a vocazione turistica – interessata a quello che si definisce heritage tourism -, dovrebbe avere servizi adeguati, spazi vitali capaci di contribuire alla qualità della vita, un’articolazione organica delle attività commerciali e offrire uno shopping di lusso, com’è in altri luoghi d’élite, non soltanto pizzetterie, tavole calde, limoncello. 
La massificazione del turismo, che ha portato a una diffusione capillare di “B&B”, si trova a fare i conti con l’inadeguatezza del sistema strutturale e infrastrutturale. Vale per tutti i centri costieri. Forse meno per le aree interne, dove c’è una migliore distribuzione degli spazi e una maggiore attenzione alle peculiarità ambientali. 
Nessuno s’è accorto che negli ultimi decenni sono scomparsi dal territorio della Costiera i grandi nomi della economia, dell’alta finanza, della cultura, dell’imprenditoria che qui avevano le loro residenze estive.
Tutta la mobilità avviene attraverso la statale 163, che non è in grado di sopportare l’eccessivo flusso veicolare: soprattutto nei week-end, in occasione delle grandi festività, nel periodo balneare. E si pensa a nuove strade, addirittura a una galleria che dovrebbe collegare Maiori con Cava de’ Tirreni. Ingolfando ancora di più i nostri paesi. 
Nonostante ci sia una “Conferenza dei sindaci” non c’è unità di vedute. Si ragiona in ottica locale. E’ questo il primo problema da affrontare: la mancanza di un coordinamento che superi un campanilismo atavico, nell’ottica di una progettazione seria, oculata, complessiva delle esigenze del territorio: nella prospettiva auspicabile di uno sviluppo ordinato, che coinvolga tutti i dodici comuni. 
Sigismondo Nastri 

CORSO DI FORMAZIONE SU INFORMAZIONE E SICUREZZA ALIMENTARE A VIETRI SUL MARE. LA MIA NOMINA A SOCIO ONORARIO DELL'ASSOCIAZIONE GIORNALISTI CAVA DE' TIRRENI-COSTA D'AMALFI "LUCIO BARONE"

Da sin.: Gerardo D'Amico, Ottavio Lucarelli, Emiliano Amato.
Alle spalle, in piedi, Antonio Di Giovanni
Stamattina, senza stampelle (evviva!), utilizzando gli autobus del trasporto pubblico urbano, sono andato a Vietri sul Mare per partecipare al corso di formazione per giornalisti su "informazione e sicurezza alimentare" organizzato en plein air, nel bellissimo anfiteatro della villa comunale. Un trionfo di ceramiche che riflettevano la luce del sole. Una vista incredibile, proiettata da un lato sul porto e il lungomare di Salerno, dall'altro su quella che io amo definire "l'altra faccia della Costiera", quella che va da Vietri a Capo d'orso. 
Da sin.; Gerardo D'Amico, Antonio Di Giovanni,
Ottavio Lucarelli, Sigismondo Nastri,
Emiliano Amato
Accompagnato, il corso, da un buffet - offerto dalla Pro loco - di cornetti, caffè e acqua minerale a volontà, resa necessaria dal caldo afoso. Interessanti le relazioni.  Sia quella di Giuseppe Mendozzi, Ceo dell’hotel Bristol di Vietri, su "Qualità e sicurezza nelle scelte alimentari degli imprenditori turistici", sia, soprattutto, quella di Gerardo D'Amico, giornalista della Rai (un ritorno a casa per lui, vietrese doc), su "Salute, sicurezza ed informazione nell'era della globalizzazione dei prodotti alimentari". Non sempre capita...
Da sottolineare la presenza, per un saluto finale,  del sindaco di Vietri sul Mare, Francesco Benincasa.
L'Associazione giornalisti Cava-Costa d'Amalfi, con la presidenza di Emiliano Amato, si caratterizza per lodevole attivismo, e per capacità organizzativa, nel campo della formazione e non solo. 
Per quanto mi riguarda, sono profondamente grato a lui, ad Antonio Di Giovanni, perfetto padrone di casa, attento coordinatore dell'evento,  agli amici del sodalizio, al presidente dell'Ordine dei giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli che l'ha condivisa, per la mia nomina a socio onorario con una motivazione che mi fa arrossire:  mi attribuisce, infatti, meriti che non ho. Ma mi affido al detto antico: tutto 'o lasciato.è perduto! 
Grazie, grazie vivissime e un fortissimo abbraccio a tutti.