domenica 12 agosto 2012

A VENTI ANNI DALLA MORTE, MAIORI RICORDA CON UNA MOSTRA IL PITTORE ULDERICO FORCELLINI


Grazie al cielo, e nonostante la calura che scioglie finanche il cervello, a Maiori  c'è chi s'è ricordato che quest'anno ricorre il ventesimo anniversario della morte di Ulderico Forcellini. Che era un personaggio capace di identificarsi con la città, per come la conosceva, la sapeva raccontare e, soprattutto, illustrare nei suoi dipinti carichi di luce, di colori, di sentimento.  La stessa festa patronale del 15 agosto, da quando non c'è più lui, in quella bottega-studio al corso Reginna, che  attraeva come una calamita, non mi sembra più la stessa. Anche quello era un luogo-simbolo di Maiori. 
Pensavo, fino a ieri, che tutti si fossero dimenticati di Forcellini.  Da quando non c'è più, credo di essere stato l'unico a scrivere di lui. Leggo (e ieri me ne ha dato conferma il figlio) che lunedì, 13 agosto, nelle sale di palazzo Mezzacapo, gli sarà dedicata una mostra retrospettiva (aperta fino al 26 agosto). Spero che sia in grado di illustrarne in modo organico, e compiuto, il percorso artistico, per una rivisitazione anche critica. Mettere soltanto dei quadri uno accanto all'altro, alla rinfusa, servirebbe poco.
Come scrivevo cinque anni fa, Ulderico Forcellini "me lo immagino ancora lì, nella sua bottega-studio, al corso Reginna, dove ogni anno [in periodo estivo] allestiva una personale che attirava appassionati d’arte, collezionisti, ammiratori, semplici curiosi. Credo che in moltissime abitazioni, non solo in Italia ma nel mondo intero, ci siano alle pareti quei suoi quadretti raffiguranti scorci di paesaggio - il castello, la marina, la torre Normanna -, oppure  vicoli, cortili, scalinatelle, gli angoli più intimi e pittoreschi della vecchia Maiori."
C’era un particolare che mi faceva voler bene a Ulderico: la somiglianza (vera o presunta, molti ne erano convinti) con mio padre. Lo stesso naso, la stessa fronte spaziosa, lo sguardo forse no, la stessa massa di capelli bianchi. Parecchia gente scambiava l’uno con l’altro. Così quando si incontravano, Forcellini restituiva a mio padre i saluti ricevuti impropriamente e mio padre faceva altrettanto. Poi entrambi  scoppiavano in una grande risata. Ecco come Ulderico veniva descritto nel luglio del 1979: “Folta e gonfia capigliatura bianchissima, un viso cotto dal sole, due piccoli occhi penetranti dietro le lenti con le stanghette dorate che sembrano scrutarti nell’animo, una figura agile ancora, un gesticolare rapido, scattante, nervoso ed una parola pronta, ironica, mordace”. Era proprio così.
 “Uomo eclettico – leggo ancora sul Mattino del 14 agosto 1987 -, si è interessato alle più disparate attività: ha fatto il farmacista, ha studiato giurisprudenza, si è esibito tenore lirico in un teatro di Londra, è stato sindaco di Maiori, ha insegnato inglese negli istituti superiori, ha svolto, con competenza, il ruolo di capo divisione in un Ministero".
Ulderico, nato a Cetara il 26 settembre 1906, s’era presto trasferito con i genitori a Maiori, dove il padre gestiva una farmacia, rilevata poi dal fratello Fortunato. Gli capitava così di trovarsi spesso dietro al banco dei medicinali (a volte andava a dare una mano al suo amico Edoardo Ala alla farmacia del Cervo, nella piazza del duomo di Amalfi), e lo faceva con competenza, nonostante che egli farmacista non  fosse. Dopo il conseguimento della maturità classica, infatti, deludendo le aspettative del padre, s’era iscritto a giurisprudenza, senza però portare a termine gli studi universitari. Fin da ragazzo aveva manifestato spiccate attitudini per il disegno e per la pittura. Andò quindi a formarsi professionalmente nell’atelier di Luca Albino, uno degli ultimi “pittori di Maiori”, quelli che comunemente vengono definiti “costaioli”. “Tu sei nato per fare il pittore”, gli disse l’anziano maestro dopo aver osservato alcuni suoi lavori. Allievi di Albino, in quel tempo, erano anche Vittorio Acabbo e Guido De Martino.
Uomo eclettico, Forcellini, è vero, con un’anima da bohémien, che lo portò a emigrare a Londra, dove rimase fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale. In Italia, finita la guerra, iniziò una breve ma intensa carriera al ministero degli Esteri, interrotta per far ritorno a Maiori. Aveva una bella voce, mi riferisce la moglie, signora Anna, e non gli sarebbe stato difficile dedicarsi al canto. Invece si tuffò nella politica locale: fu vice sindaco, con Salvatore Confalone (capo dell’amministrazione ai tempi dell’alluvione del 1954), e poi sindaco, tra il 1957 e il 1958. Generoso, disinteressato, dinamico e tenace. Fondò, a Maiori, la sezione dell'Associazione nazionale marinai d'Italia.
Senza mai abbandonare la pittura, nel solco tracciato dal suo maestro, Luca Albino, il pittore della luce o, meglio, di quelle “bombe di colore” rovesciate sulla tela, tali da suscitare forti emozioni. Ma con una personalità ben definita e uno stile tutto suo. Condivido quanto scriveva nel 1978 Andrea Carrano: “Forcellini penetra nella materia, la plasma, la scompone in tonalità essenziali, la costruisce nella densa irradiazione di luce. Albino gli ha trasmesso il brivido di luce improvvisa… basta guardare tutta la sua produzione per calarsi nel gaudio di una natura virente, struggente nella ricerca del vero più nascosto e segreto. La sua arte non indulge mai al tema preferito o comune: Forcellini conosce il segreto del mare e la calda ora del meriggio estivo; ma sa cogliere il mistero che alita, nel silenzio assorto, della favola boschereccia, nell’agreste ilarità dei pollai e nella fuga potente dei contrafforti”.

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