giovedì 5 gennaio 2012

DEDICATO A ERNESTINE IL CALENDARIO DE LUCA 2012


Da sinistra: Eduardo Alamaro, Andrea De Luca, Vittoria Bonanni,
Raffaele Della Monica, Sigismondo Nastri
Il Calendario d’arte 2012 della De Luca Industria Grafica e Cartaria è dedicato alla ceramica Ernestine: “l’Anti/Vietri”, come la definisce Eduardo Alamaro, che ne è l’autore. La presentazione è avvenuta il 27 dicembre nel salone di rappresentanza della Provincia di Salerno. C’era un  bel pubblico, composto quasi per intero da artisti, maestri ceramisti, esperti, imprenditori del settore. Assenti, salvo qualche eccezione, i vietresi, che non hanno gradito, forse, quella definizione provocatoria: “Anti/Vietri”. Nella discussione, coordinata da me, sono intervenuti: Vittoria Bonanni, direttrice della Biblioteca provinciale; Raffaele Della Monica, chimico, già collaboratore della ErnestineEduardo Alamaro, che – lo ricordo - è tra i maggiori studiosi della ceramica in Italia; Andrea De Luca, della De Luca Industria Grafica e Cartaria.La Ernestine, creata a Salerno nel 1948, è rimasta attiva per vent’anni, esportando per lo più la sua produzione oltre oceano. Una produzione raffinatissima – piatti, brocche, tazze, vasi, ecc. -  i cui elementi  distintivi sono nel colore, nella forma, nel disegno: in quei  motivi – foglie e fiori in particolare -, dal tratto delicato e leggero, e in elementi classici stilizzati, a volte dipinti solo in bianco e nero. Una ceramica, perciò, che, quando è nata, s’è posta subito come alternativa  alla consolidata tradizione vietrese e alle stesse novità introdottevi nel cosiddetto “periodo tedesco”. Merito di  Ernestine Virden Cannon, una signora americana di grande fascino, fattasi portatrice di nuove idee: soprattutto quella di ricercare il successo nel campo del design industriale anziché nell’artigianato. La consacrazione si ebbe nel maggio 1951 alla IX Triennale di Milano. Con la Cannon, artefici di quella straordinaria avventura furono: l’architetto Matteo d’Agostino, erede di una famiglia di imprenditori nel settore dei laterizi e della ceramica; Hornst Simonis, ingegnere tedesco, sperimentatore di nuovi di smalti e colori; e, come hanno sottolineato Della Monica e lo stesso Alamaro, Pasquale Franzesi, che occupò in quell’azienda il ruolo di direttore commerciale.
Ernestine, dunque, è l’anti-Vietri, come dichiara Alamaro?
Certamente fu un progetto rivoluzionario quello messo in atto da Matteo D’Agostino e dalla Cannon. Lei vi portò una ventata di novità: un disegno pulito, essenziale, moderno, che privilegiava i motivi floreali, ma anche un desiderio profondo di innovazione, nella tecnica produttiva, nell’organizzazione del lavoro, nella collocazione del prodotto sul mercato. Quello d’oltre oceano, in particolare.
La ceramica Ernestine nacque come atto d’amore: il sentimento che legava la signora americana all’architetto salernitano.  Un amore che durò per il resto della vita. Matteo D’Agostino, “grande ufficiale, cavaliere del lavoro”, morì il 17 dicembre 1968; esattamente un mese dopo, il 17 gennaio 1969, la sua compagna si tolse la vita in una villa di Ravello. Glielo aveva promesso: “Ti seguirò nella tomba!".
Tra quanti collaborarono con quella manifattura, cito alcuni nomi: Carmine Carrera, Diodoro Cossa, che nei primi anni cinquanta vi ricoprì il ruolo di direttore artistico, subentrando proprio alla Cannon; il già citato Horst Simonis. E poi lo statunitense Rudolph Christmas e il faentino Giacomo Onestini.
L’idea di un calendario d’arte dedicato alla ceramica, e ai grandi ceramisti, è di Giuseppe De Luca, il mio amico Peppino, che Alamaro definisce “uomo d’arte della costiera amalfitana” e imprenditore coraggioso. Ancor prima del calendario,  vale la pena di menzionare un’altra sua iniziativa, che pure ha caratterizzato, in passato, il periodo di fine anno. Mi riferisco a quella collana del forese che ha fatto la gioia dei bibliofili: libri d’autore, attinenti alla nostra cultura, alla nostra storia, alla nostra tradizione, stampati su  fogli di carta a mano amalfitana di Amatruda tenuti insieme dallo spago: il forese, per l’appunto, un tempo  adoperato dai pescatori.
Mi piace sottolineare qui che l’attenzione all’arte e alla cultura di Giuseppe De Luca ha evitato la dispersione di un patrimonio di opere di pittori 'nostri' – i costaioli, ad esempio, ma anche Esposito, gli Avallone  - e di artisti venuti da lontano, che pure  hanno attraversato il territorio salernitano. Penso alla bella collezione di stampe, raccolte con meticolosa cura andando in giro per l’Italia e l’Europa: qualche volta sono stato io ad accompagnarlo.
Un’attenzione all’arte, che nella famiglia De Luca si trasmette di generazione in generazione. Racconto un episodio abbastanza illuminate. Nel 1944, immediato dopoguerra, mancava tutto: persino i quaderni di scuola. Il 'vecchio' Andrea De Luca, fondatore dell’azienda tipografica, che aveva un piccolo stabilimento ad Amalfi, accanto agli antichi Arsenali, pensò di mettersi a produrli. Aveva bisogno però di qualcuno che realizzasse dei disegni per le copertine. Li voleva ispirati alle favole di Fedro.  Il caso volle che una mattina passasse lì davanti il pittore Luca Albino. Andrea De Luca lo riconobbe e mandò il figlio Peppino, che aveva 10 anni, a chiamarlo. Fece però al ragazzo questa raccomandazione: “Rivolgiti a lui con rispetto, perché è un artista”.


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