giovedì 31 gennaio 2013

LA CAMPAGNA ELETTORALE, GLI SCANDALI E LA VICENDA DEL MARATONETA DORANDO PIETRI



Marco Tullio Cicerone, che se ne intendeva, scrisse nel De republica: “Et vero in dissensione civili, cum boni plus quam multi valent, expendendos cives, non numerandos” (nei dissensi civili, quando i buoni valgono più dei molti, i cittadini si devono pesare e non contare). Accadeva così nell’antica Roma. In questa campagna elettorale, se lo potessi fare, peserei le idee, le proposte, i buoni propositi. E non mi ci vorrebbe neppure una stadera, come si usava ai miei tempi, o una di quelle bilance con grosse pedane, in uso in certi stabilimenti industriali. Mi basterebbe un bilancino da orafo o da farmacista, adatto a calcolare  grammi e milligrammi. Perché di idee in giro ce ne sono davvero poche. E sono tali da confondere  la povera gente, già alle prese con i  problemi della quotidiana sopravvivenza. Lo diceva pure Georg Christoph Lichtenberg: “Quanto meglio sarebbe se i voti si potessero pesare, anziché contare”.
La campagna elettorale si gioca, invece, sul filo delle emozioni, provocate, quando non dalle boutades - in questo i politici sono più bravi dei vari Crozza & C. -,  dagli  scandali. Cito gli ultimi in ordine di tempo:  rimborsi elettorali fasulli; intrecci tra politica e mondo della sanità privata; la sconvolgente vicenda del Monte dei Paschi. Aggiungo i venti milioni e passa di euro spesi per l’acquisto di un giocatore di calcio (non è scandalo anche questo?), alla faccia di quanti non riescono ad arrivare alla fine del mese con una pensione da fame.  E noi vogliamo che i nostri figli vadano a scuola, studino, si preparino bene? A che pro? Per rimanere esclusi dal cosiddetto mercato del lavoro o, nel migliore dei casi, essere sfruttati in un call center a recitare menzogne attraverso il telefono con lo scopo di carpire la buona fede della gente. Meglio far tanti soldi sapendo solo dar calci a un pallone. Chissà, fino al 24 febbraio, che altro verrà fuori. E’ vero, ce lo ricorda l’apostolo Matteo, che “necesse est enim ut venient scandala” (è necessario infatti che avvengano scandali), ma sarei cauto a gridare “vae homini illi, per quam scandalum venit” (guai a colui per causa del quale lo scandalo avviene). Se così fosse, quanti si salverebbero? Dalla giustizia terrena, intendo: non conosco il metro di giudizio di quella divina.
Sono fatti e circostanze dopanti della competizione, che rischiano di condizionarne pesantemente il risultato, alla faccia di coloro che si erano presentati al nastro di partenza col favore del pronostico. M’è piaciuto l’accostamento con la vicenda di Dorando Pietri fatto da Antonio Polito sul Corriere della sera di martedì scorso.  Il maratoneta italiano, alle olimpiadi londinesi del 1908, pur avendo primeggiato in gara per 40 chilometri, perse la medaglia d’oro perché cadde esanime a pochi metri dal traguardo.  Potrebbe capitare la stessa cosa, rendendo questo nostro paese ancora più ingovernabile.
Il bello delle elezioni, una volta, era che il risultato delle urne rappresentava sempre una sorpresa. Oggi, con i sondaggi, si sa tutto prima. E poiché, da qualche parte, affiora nostalgia per personaggi e regimi ripudiati dalla storia, vuoi vedere che a qualcuno verrà voglia di istituzionalizzare i sondaggi? Col pretesto, magari, di toglierci il fastidio di recarci ai seggi.

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