mercoledì 2 gennaio 2013

ADDIO, "MAO"! CON FRANCESCO MANGIERI SCOMPARE UN AMALFITANO VERO, CHE HA ONORATO LA CITTA' CON LA SUA CREATIVITA', CON LA SUA ARTE



Leggo su Facebook la notizia della scomparsa di Francesco Mangieri, alias Mao, avvenuta ad Amalfi questa mattina. Aveva la mia stessa età, essendo nato nel 1935. Eravamo amici dai tempi della prima giovinezza, anche se di rado capitava di incontrarci. L’ultima volta che l'ho visto,  su una sedia a rotelle, in quel “suo” spazio, davanti agli antichi Arsenali, ci son rimasto male. Eppure lui, per nulla condizionato dall’infermità, continuava a far progetti, con tutto l'entusiasmo di cui era capace, a raccontare e raccontarsi.  Gli bastava avere a portata di mano un blocco di marmo per dare sfogo a una innata creatività, ben supportata da spiccate capacità e attitudini.
Ai familiari, in particolare al figlio Rino, giunga l'espressione del mio più sincero cordoglio.

Nell’estate del 1993 -  da poco si era scoperto scultore - gli dedicai un articolo sul Roma che mi piace riproporre qui, in segno di omaggio all’uomo, sempre coerente con le sue idee, all’artista, eclettico e volitivo, a un ostinato innamorato della sua città. Tanto ostinato da volerle “regalare” persino un museo dove esporre le sue opere  affinché tutti ne potessero godere. 
Francesco Mangieri, 59 anni, alias “Mao-Tse-Tung”. Neppure lui ricorda l’origine del nomignolo, che lo accompagna oramai da tanti anni. In fondo, se ne compiace. A guardarlo bene, nel suo viso bruciato dal sole qualcosa di orientale lo si può trovare, quando sorride e arriccia le sopracciglia. Ha la bottega, piena di ceramiche, chincaglieria varia, ma anche preziosi oggetti di antiquariato, situata a fianco degli antichi Arsenali. L’insegna,  “La grotta di Masaniello”,  è rimasta quella del “night club” che, nello stesso locale, furoreggiava all’inizio degli anni ’70. Non è solo una bottega, è un vero e proprio studio d’arte, dove “Mao” passa la maggior parte del tempo a scolpire il marmo: volgendo lo sguardo intorno, l’attenzione si concentra su una Madonna col bambino, un sant’Andrea, un maestoso gruppo raffigurante i quattro cavalieri dell’Apocalisse. Sono statue la cui creazione è affidata unicamente all’estro, alla fantasia. Come tanti amalfitani, Francesco Mangieri fu costretto, poco più che ragazzo, a lasciare la città, in cerca di lavoro. Possedeva solo la licenza elementare, però aveva imparato il mestiere di ebanista nel laboratorio di Andrea Jovane (‘Ndriuccio ‘e Mastu Nicola), che è stato maestro di giovani artigiani per generazioni. Andò, in cerca di fortuna, a Ravenna. Poi la nostalgia del proprio paese lo spinse a tornare. Ricorda però che, già da bambino, si divertiva con un coltello a incidere pezzi di legno. Le prime sculture le realizzò a Ravenna, a venticinque anni. Cominciò a costruire scimitarre, con una testa di guerriero all’estremità dell’impugnatura. Le vendeva a negozi e privati. La nostalgia e gli affetti familiari lo ricondussero ad Amalfi. Aprì un negozio sotto la scalinata del Duomo, in quello spazio che, anticamente, era denominato “forge”. Vendeva ceramiche e continuava ad armeggiare con tronchi. Tre statue gliele chiese l’Azienda di soggiorno, allora presieduta dal compianto Plinio Amendola, che le mandò in Germania. Sono tuttora in mostra nelle vetrine di agenzie di viaggio, con la scritta “artigianato di Amalfi”. La passione per il marmo gli è venuta due anni fa. I suoi attrezzi sono un martello, uno scalpetto, una raspa, della carta abrasiva. I risultati, sotto gli occhi di tutti. Mentre è all’opera è preso d’assalto dai curiosi. Fanno più fotografie a lui che a una “top model”. Spesso i turisti gli chiedono di poter raccogliere dal pavimento qualche scheggia per conservarla come “souvenir”. Non si sa mai: domani potrebbero venire a sapere di aver conosciuto un grande artista. (dal Roma, edizione di Salerno, domenica 25 luglio 1993, pag. 25)
Sono trascorsi quasi vent’anni. “Mao” s’è affermato come artista di grande personalità, richiamando su di sé l’interesse degli studiosi.  Alcune sue sculture, ispirategli dalla storia dell’antica repubblica marinara, o con soggetti allegorici, mitologici, fantastici, hanno trovato collocazione in importanti spazi pubblici. Sculture “plasticamente vigorose e potenti – le ha definite Alberto Mirabella -. Ci torna alla memoria un grande filone culturale: quello che va dall'arte classica a quella medioevale. Riflettete come le sue realizzazioni scultoree, creazioni peculiari inconfondibilmente sue, si impongono per la loro forza espressiva e libertà di esecuzione. Mao Mangieri è un uomo che lotta con il marmo; questo è qualcosa che resiste al suo spirito di artista, che egli tenta di rendere vivo sotto i colpi del suo scalpello. Una materia immobile in cui cerca una forma in movimento, l'estrinsecazione del tormento del suo spirito inquieto."
Negli ultimi tempi si era dedicato con successo anche alla ceramica, con finalità soprattutto didattiche. 

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