martedì 3 dicembre 2013

"IL SABATO DEL VILLAGGIO" ALL'HOSTERIA BACCO DI FURORE: TRE SERATE (7, 14, 21 DICEMBRE) ALL'INSEGNA DELLA BUONA CUCINA TRADIZIONALE

Devo la notizia a Domenico, figlio del mio caro amico Raffaele Ferraioli. All'Hosteria Bacco di Furore si annunciano tre serate - tutte di sabato - come Dio comanda. Cioè all'insegna della nostra cucina tradizionale, quella che ci hanno insegnato le nostre nonne e, per chi ha la mia età, le nostre mamme. Titolo di queste serate, "Il sabato dell'assaggio", ma è certo che non si tratterà solo di un assaggio perché, quando le pietanze sono squisite (e a Furore lo sono) è 'a cannarizia a farla da padrona. Anche se non è soltanto una caratteristica nostra. Magari, in altri luoghi, la chiamano semplicemente golosità
Come ho già raccontato in altra circostanza, «il Duca di Durcey, vedendo Cartesio mangiar buone pietanze, gli disse motteggiandolo: “Anche i filosofi si dilettano di queste delicatezze?”. Al che Cartesio rispose: “Credete dunque che la natura le abbia prodotte solo per gli imbecilli?”». Trovo la storiella quanto mai significativa e penso si possa ben applicare al popolo napoletano, per il quale ‘o magnà non rappresenta solo una necessità per la sopravvivenza, anche se spesso lo è stato, e ancora lo è (penso a tutta una storia di povertà, di carestie, di guerre), ma un vero e proprio rito, da condividere con gli altri. Chi magna sulo s’affoca, recita un proverbio. ‘A cannarizia, per un napoletano – lo rilevava già l’indimenticabile Max Vairo -, non è un peccato capitale, al quale si accompagna il senso di colpa, ma un peccato intelligente, che, mi viene da aggiungere, ti trasporta in uno stato di sommo godimento, come avviene in amore.
Sulla parete della cinquecentesca taverna del Cerriglio, un anonimo scrisse: Magnammo, amice mieie, e po’ vevimmo /      Fin tanto c’arde ll’uoglio a la lucerna; / chi sa si all’autu munno nce verimmo, / chi sa si all’autu munno nc’è taverna! 
Concetto ripreso nell’Ottocento da Marco d’Arienzo nell’opera buffa Piedigrotta, musicata da Luigi Ricci: Magnammo, amice mieie, e po’ vevimmo / Nzì c’arde lo locigno a la cannela; / pocca st’orra de spasso che tenimmo / scappa, comme pe’ mare fa na vela. / Nce simmo mo; vedimmencenne bene: / lo presente è no sciuscio e nun se vede; / lo passato è passato e cchiù nun vene; /   e a lo dimane chi nce mette pede? Alla luce di questi concetti, sottoscrivo l'appello che viene trasmesso dall'Hosteria Bacco: “Smetti di fare piatti internazionali che trovi in tutte le città del mondo. Sii geloso delle specialità della tua terra. Adopera i suoi prodotti e stai attaccato alla sua tradizione. Ti consento solo di metterci un po’ del tuo sapere.” E, allora, per ritrovare i sapori della nostra tradizione, la cucina e la cultura dei vecchi tempi, ben vengano, dal  7 dicembre, e poi il 14 e il 21 dicembre, queste grandi serate culinarie de “Il Sabato dell’assaggio”  tese a far riscoprire la buona tavola dei tempi andati con i piatti tipici campani preparati dalle sapienti mani della signora Erminia e di Pietro Cuomo. In un ambiente raffinato, tutto affacciato sul mare, con l'accompagnamento di buona musica napoletana e l'ebbrezza (attenzione: voglio dire solo l'esaltazione dello spirito) procurata dai raffinati vini di Marisa Cuomo.

Per informazioni e prenotazioni - mi dice Domenico - basta chiamare il numero 089830360 o consultare il sito www.baccofurore.it.
Non dico altro. Però lo confesso: questa cosa mi stuzzica. Molto.

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