lunedì 2 dicembre 2013

LA "BASILICATA DI DON ALFONSO"



I primi a uscire di casa, quel mattino, si trovarono dinanzi agli occhi uno scenario allucinante. Non per un terremoto, ma per il vento che aveva imperversato durante la notte, prendendo di mira gli alberi, riversando sulle strade tegole, lamiere, cocci e vetri. Ora, per fortuna, la bufera s’era placata. Però il mare rimaneva agitato. 
Mareggiata ad Amalfi
(
elaborazione digitale di Anny Gérard)
Lunghi cavalloni si rincorrevano fino a infrangersi contro il molo e contro le scogliere, per trasformarsi, tra il tondo Volpe e la vecchia torre del Luna, in alte colonne d’acqua. Le onde invadevano la piazza deponendovi ghiaia e sabbia. Uno spettacolo inatteso che faceva impazzire i turisti, tutti alle prese con macchine fotografiche.  Solo i pescatori apparivano amareggiati, perché, almeno quel giorno, non avrebbero guadagnato un soldo. E meno male che la sera precedente, dato uno sguardo al ponente, secondo un'abitudine ereditata dagli avi (non esisteva ancora la televisione e neppure un servizio di previsioni del tempo), s’erano resi conto del pericolo. Avevano tirato  a secco le barche e ormeggiato a dovere le cianciole nel porto.

«Appena il mare comincia a calmarsi - si consolava qualcuno – chissà quanti bei saraghi si potranno prendere all’amo».
In piazza, "don" Alfonso, Raffaele e Tobia si davano da fare a discutere animatamente, con altri, di quella eccezionale tempesta, che aveva reso il sonno difficile. Il gruppo diventava sempre più folto e ognuno riferiva le proprie impressioni, formulava ipotesi, persino le più stravaganti.  "Don" Alfonso era convinto di aver visto, attraverso il vetro della finestra, il furioso passaggio di una tromba d’aria. «Ma no - insisteva Tobia che, da vecchio lupo di mare, di situazioni simili ne aveva vissute tante -, s’è trattato solo di una libecciata».
Intanto se ne valutavano le conseguenze: qualche tetto divelto, pezzi di cornicioni caduti, alcune auto danneggiate, insegne di negozi ridotte in frantumi. "Don" Alfonso possedeva una bella casa, ariosa, con un ampio terrazzo, sul quale coltivava, in tanti vasi, prezzemolo, basilico, mentuccia, salvia e rosmarino. Agli amici, che pendevano dalle sue labbra, ripeteva con enfasi: «Figuratevi, il vento è stato così forte che mi ha distrutto tutta la… basilicata!».
© SigiNastri 2000 (da: "Racconti dalla Costa d’Amalfi")

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