martedì 17 luglio 2012

L'AVVOCATO BENEDETTO IMPERATO DONA IL "GIOBBE" DI FRANCESCO MESSINA AL MUSEO DEL DUOMO DI RAVELLO. IL 25 LUGLIO, SCOPRIMENTO E BENEDIZIONE DELL'OPERA.


Ricevo, pel tramite della signora Eugenia Apicella,  un invito, firmato da Paolo Imperato, ex sindaco di Ravello, a partecipare alla cerimonia di scoprimento e benedizione di una scultura, il “Giobbe” di Francesco Messina, donata al Museo dell’Opera del Duomo di Ravello, con gesto di squisita e, ahinoi!, rara generosità, dall’avvocato Benedetto Imperato, fratello del compianto mons. Giuseppe Imperato senior, di venerata memoria, sacerdote di grande carisma e storico appassionato del territorio amalfitano. Mi auguro che le circostanze mi consentano di essere presente. Intanto, grazie vivissime del cortese pensiero all'amico Paolo e alla sempre gentilissima e puntuale Eugenia Apicella, pietra angolare di buona parte delle attività culturali che si svolgono sul nostro territorio.
L’appuntamento è per le ore 20.30 del prossimo 25 luglio. Dopo i rituali saluti introduttivi, sono previsti gli interventi di Luigi Marsiglia, critico e storico dell’arte, e del cardinale Antonio Canizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Moderatore, padre Gianfranco Grieco, giornalista.
Seguirà un concerto dell’Orchestra d’archi, oboe e flauto, Organo e Coro della Cattedrale di Ravello sul tema: “La sofferenza dei Giusti: Inno di lode al Signore”. Saranno eseguiti questi brani: Gabriel’s Oboe, di Ennio Moricone; Divertimento 136 per archi, di Wolfgang Amadeus Mozart; Canon per archi e organo, di Johann Pachelbel; La primavera, di Antonio Vivaldi; Sta turnanno primavera, di Mario Schiavo; Gloria, di Antonio Vivaldi; Andante, di Emmanuel Michel Colombier; Amarcord, di Nino Rota; Concerto in fa maggiore, di Georg Friedrich Haendel; Oblivion, di Astor Piazzolla; Adoramus, di Orazio Rosselli; Intermezzo, di Giancarlo Amorelli; Adoramus, di Orazio Rosselli.
Ecco come Luigi Marsiglia descrive questa straordinaria opera di Francesco Messina, destinata ad arricchire ancora di più il già rilevante patrimonio culturale del duomo e dell’intera Ravello: “La disperata rassegnazione di Giobbe, tradotta con la preghiera muta del corpo – dal reticolo delle vene degli arti al volto chino, dall’espressione prostrata ai rilievi muscolari – e con l’afflizione avvertita nel profondo della carne, si carica di significati religiosi e di richiami umani proprio per la fragilità dolorosa connaturale all’uomo qui raffigurato. Questa scultura venne eseguita a Milano nel 1934, anno in cui Francesco Messina ottenne la cattedra di scultura all’Accademia di Brera, appartenuta ad Adolfo Wildt. Fece da modello un clochard milanese chiamato Morandi, che posò immobile nello studio dello scultore in via Filelfo. Messina si avvalse di un disegno preparatorio, concentrando il proprio interesse sulla posizione delle braccia per rimarcare, nella gestualità nuda e remissiva, tutto lo sconforto di Giobbe. Una sofferenza rinfrancata dallo spirito e riscattata da una fede immensa, dove il penitente, in ginocchio sulla pietra scabra, si ritrova totalmente abbandonato nelle mani di Colui che sa leggere nel cuore del giusto”.

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