martedì 7 febbraio 2012

TRECENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI DON GAETANO AMODIO. CHI SE NE RICORDA?

Chi si farà carico di organizzare una commemorazione di don Gaetano Amodio nel trecentesimo anniversario della nascita? La Diocesi, il Centro di cultura e storia amalfitana, il Comune di Conca dei Marini oppure - come sarebbe auspicabile - tutt'e tre insieme? Una cosa è certa: la ricorrenza non deve passare sotto silenzio.

Don Gaetano Amodio, senza essere stato proclamato santo, e neppure venerabile, è tuttora al centro della devozione collettiva a Conca dei Marini, dove fu parroco, e a Pogerola di Amalfi, dove ebbe i natali. Una lapide, a Conca, sottolinea che egli continua a vivere “nella venerazione del popolo, negli ex voto della Chiesa di San Pancrazio”, dove esercitò il ministero per dodici anni, dal 5 gennaio 1760 al 10 settembre 1772, data della morte. Un’altra, a Pogerola, lo ricorda come "protettore dei naviganti". Non sono pochi i miracoli che gli vengono attribuiti, documentati da una serie di ex voto, riferibili ad episodi drammatici - incidenti, naufragi -, nei quali i conchesi potettero sperimentare l’efficacia della sua protezione. Si tratta di dipinti, realizzati in modo semplice e approssimativo: oltre alla illustrazione della scena vi troviamo l’immagine della Madonna con Bambino, che vigila dall’alto, insieme a quella del sacerdote che placa le onde col gesto di benedizione o addirittura tira su la nave che si sta inabissando. Il primo di questi ex voto risale al 1788. Un marinaio lo lasciò in chiesa come ringraziamento per una grazia ricevuta. Imbarcato su un veliero, era caduto dalla sommità dell’albero di trinchetto rimanendo inspiegabilmente incolume. Nel precipitare aveva invocato l’aiuto di don Gaetano.
Si racconta ancora di un bastimento incappato in una violenta tempesta in acque britanniche e ormai sul punto di affondare. Svanita ogni possibilità di salvezza, a uno dei componenti dell’equipaggio non rimase che affidarsi con tutte le sue forze e con tutta l’intensità della sua fede alla intercessione di don Gaetano, la cui immagine comparve all’improvviso sulla prua rimanendovi fino a quando il mare non tornò calmo. Sui “miracoli”, però, la Chiesa non s’è mai pronunciata, suscitando qualche rammarico. Come quello espresso da don Pasquale Gambardella, parroco di Conca dal 1898 al 1950, per il fatto che “nessun processo canonico si sia compilato perché l’autorità ecclesiastica riconoscesse ed approvasse i miracoli operati da Dio a sua intercessione”.
Se è vero che i marinai di Conca, impegnati sulle rotte del Mediterraneo e dell’Oceano, elessero don Gaetano patrono della categoria (il piccolo paese della Costa non offriva, allora, altre possibilità di lavoro), è altrettanto vero che nei loro confronti egli aveva dimostrato sentimenti di ammirazione ed affetto. Sono – diceva – “marinai che superano tutti gli altri del Regno nella speditezza, nella esperienza dell’arte nautica, e nel valore: tanto che nei Regi Navili sono molto desiderati per la loro attività. Ogn’uno sa dar conto della Bussola e delle Carte nautiche allorché nel leggere fosse affatto ignorante”. Ne apprezzava, in particolare, la docilità e la gentilezza d’animo: “si veggono stare in continua concordia; vivono lontano affatto dalle risse; non sortiscono omicidi; non nutriscono pensieri di vendette; non frequentano tribunali”.
 
L'indimenticabile Don Antonio Acampora, per lunghi anni parroco di Conca dei Marini, lo definisce una “purissima gloria nostra”. In una interessante biografia (Antonio Acampora, Don Gaetano Amodio – Il cielo in una conca, De Luca editore, Salerno 2001), sostiene che il suo ministero pastorale “può affiancarsi degnamente all’attività in loco di personalità eccezionali, quali furono S. Alfonso Maria De’ Liguori e il Beato Vincenzo Romano”.
Nato a Pogerola di Amalfi il 28 febbraio 1712, don Gaetano Amodio si distingueva per dottrina e per santità di costumi. Riferisce lo storico Matteo Camera che esercitò “con tanto zelo, esattezza e probità il ministerio alle sue cure commesso, che si conciliò la stima e l’affetto, non pur de’ popolani, ma dell’Ordinario diocesano e di tutto il clero, per tante prove di bontà e di carità dell’animo suo”. A lui si deve anche un’appassionata e attenta ricerca d’archivio sulle vicende storiche di Amalfi, i cui risultati sono in un importante saggio, rimasto manoscritto.

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