venerdì 31 ottobre 2014

IL MIO ADDIO, ACCORATO E COMMOSSO, A ENZO COLAVOLPE

Un messaggio improvviso su Facebook, al sorgere dell’alba, mi ha gettato sotto gli occhi la notizia che la vicenda umana di Enzo Colavolpe s’è chiusa questa notte all’ospedale di san Leonardo, a Salerno, dove era stato ricoverato qualche giorno fa per un improvviso malore. Come se non bastasse il Parkinson contro il quale stava combattendo la sua battaglia da tempo, con coraggio, tanto da dedicargli un corposo volume, “La malattia dei grandi”. Un libro importante, lo ha definito Bruno Silvestrini, perché descrive la malattia dal punto di vista di un paziente che è pervaso, sì, dal bisogno di capire la propria condizione nei suoi aspetti medici e scientifici, ma vuole, soprattutto, manifestare il proprio sentimento di fratellanza nei confronti di quanti hanno vissuto la stessa esperienza. Enzo  definisce il Parkinson “La malattia dei grandi” in quanto tra coloro che ne sono stati colpiti vi sono  personaggi di primo piano, quali Giovanni Paolo II, Hitler, Roosewelt, Mao Tze Tung, Margaret Thatcher, Cassius Clay, fino al cardinale Carlo Maria Martini.
Tanti anni fa, ad Amalfi: Enzo (a destra) e io, con Edwige
Fenech e Luca Cordero di Montezemolo
Non ho voglia, non mi sento di farlo, di ripercorrere una vita di rapporti con Enzo, da quando portavamo i calzoni corti  a oggi. Cerco, se ci riesco, di essere lucido, di non farmi vincere dal sentimento, dall'emozione che è profonda, dal rimpianto accorato. Per consegnare al blog - e a Emiliano Amato che me lo ha chiesto per Il Vescovado - un ritratto il meno apologetico possibile. Perché se volessi ripercorrere i nostri rapporti dovrei riandare ai giochi dell’infanzia, al percorso scolastico (solo in parte, purtroppo, compiuto insieme), alla comune militanza nella Dc, ad Amalfi, che lo catapultò nelle stanze del potere romano, a Piazza del Gesù, e poi lo portò – non ho dati d’archivio, ma credo sul finire degli anni settanta – a ricoprire la carica di sindaco. Sostenuto sempre da un amore infinito nei confronti della città, dei suoi concittadini. 
Negli ultimi tempi non ci sentivamo con molta frequenza, sapevo dei suoi problemi e non volevo affaticarlo, ma confrontavamo le nostre posizioni su Facebook attraverso post e commenti.
Accennavo prima all'amore infinito di Enzo per Amalfi. Aggiungo che neppure la malattia è riuscita a scalfirlo.
Cito il “Messaggio al popolo di Amalfi” lanciato da lui nel maggio 2010, alla vigilia di una tornata elettorale: era un invito - ahimé, disatteso - alla riflessione, per costruire un miglior futuro alla città. Ancora attuale, esso assume ora il valore di testamento morale e politico, al quale dovrebbe attingere chiunque volesse candidarsi alla guida della città.
Ma non si esaurisce in questo la personalità complessa, poliedrica, scoppiettante mi verrebbe da dire,  di Enzo Colavolpe. Ritengo che, se avesse fatto l’ideatore e organizzatore di eventi - una professione diventata di moda -, anziché il funzionario di banca (con un curriculum di tutto rispetto), avrebbe raggiunto la celebrità. Sarebbe arrivato  in Tv (dove pure qualche irruzione l'ha fatta: memorabili i suoi commenti alle Regate delle antiche Repubbliche Marinare), aiutato da uno scilinguagnolo dotto e elegante. Era quello che gli piaceva di più, che più di ogni altra cosa lo rendeva felice. Lo dimostrano, del resto, certe sue “invenzioni” volte a richiamare l'interesse dei media e dei flussi turistici verso la sua/nostra città: dalla “Sposa di Amalfi” alla “Stella di Tabor”, tanto per citare alcune. Manifestazioni create da lui, organizzate da lui, condotte da lui. 
Vado a braccio, facendo leva sulla memoria. Enzo pubblicò nel 1984 un bel volume di poesie, "Momenti d'ansia Momenti d'amore",  e, nel 2008, "I racconti del tempo". Nella seconda metà degli anni ottanta fondò e diresse "Il Corriere di Amalfi", un periodico che aveva una preziosa veste grafica e si avvaleva di prestigiose collaborazioni.
Un altro impegno portato felicemente a termine, con la caparbietà che lo caratterizzava,  “La forza dell’unità”: un volume di oltre quattrocento pagine, riccamente illustrato, edito in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. “La storia – scriveva Enzo nella nota introduttiva  va necessariamente commisurata alla vita di ciascuno e di concerto con la comunità in cui egli vive ed opera”. Premessa fondamentale, a mio avviso, per comprendere il perché di questa improba fatica, che gli ha imposto un meticoloso lavoro di ricerca delle fonti documentarie ma anche, e soprattutto, di testimonianze “vive”, indirizzate a ricostruire le fasi fondamentali della nostra storia, dalle Repubbliche Marinare fino alla Unione europea. "Libro vibrante di passione civile" lo definisce, nella prefazione, Piero Craveri. Già, perché la storia è fatta sì di episodi, di avvenimenti, ma soprattutto di uomini: uomini importanti e gente comune. Protagonisti de “La forza dell’unità”, infatti, non sono solo i Borbone e i Savoia, Garibaldi, Cavour. Ce ne sono altri, donne e uomini normali, con le loro vicende personali e con il loro lavoro, che pure hanno contribuito intensamente alla crescita dell’Italia.
Addio, Enzo! Con l'amicizia e l'affetto di sempre.
Sigismondo Nastri

mercoledì 29 ottobre 2014

UN CORSO DI FORMAZIONE SUI FORMAGGI - COME SI PRODUCONO, COME SI RACCONTANO, COME SI SERVONO - A FURORE

Tre venerdì dedicati ai formaggi. A Furore, il 14, 21 e 28 novembre. Nella sala Federico Fellini. Ad iniziativa del Comune e dell'Università Popolare Terra Furoris, in collaborazione col Presidio Slow Food Costa d'Amalfi.
Roberto Rubino, presidente dell'ANFOSC (Associazione Nazionale Formaggi sotto il Cielo), terrà lezioni su "I formaggi: come si producono, come si raccontano, come si servono". E, magari, mi permetto di aggiungere, come si... mangiano.  Con codicillo di gustosi assaggi? Sarebbe ancor più interessante, no?
La quota di iscrizione è di 90 euro. Se andassi d'accordo coi formaggi - e non ci vado, per colpa del colesterolo, mannaggia! - questo corso lo seguirei volentieri. Nonostante il proverbio sostenga che non bisogna far sapere al contadino "quant'è buono il formaggio con le pere", credo che anche l'accostamento con la mela annurca - ved. foto - sia molto appropriato.
Faccio mia una frase di Brillat-Savarin: "Un dessert sans fromage est une belle à qui manque un oeil" (un dessert senza formaggio è come una bella a cui manchi un occhio). Non sia mai detto! Formaggio a tutto pasto, perciò: e non solo al dessert.

PAESTUM, UN CONVEGNO SUI CENTRI STORICI PROMOSSO DAL CENTRO UNIVERSITARIO EUROPEO PER I BENI CULTURALI DI RAVELLO NELL'AMBITO DELLA XVII BORSA MEDITERRANEA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO


Pubblico integralmente questo interessante comunicato stampa pervenutomi dal Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello.
«Il 30 ottobre p.v.,  nell’ambito della XVII edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico   (Paestum 30 ottobre - 2 novembre), è in programma  il convegno su Centri storici: un’opportunità per un turismo sostenibile nella regione mediterranea. L’esperienza del progetto FOP – Un futuro per il nostro il passato, a cura del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello. L’incontro, previsto alle ore 18.00 nella Sala Velia, vede la partecipazione - dopo il saluto iniziale del presidente della Provincia di Salerno, Giuseppe Canfora - dei responsabili scientifici del progetto, Simone Bozzato della Società Geografica Italiana, Fabio Pollice dell’Università del Salento,  Ferruccio Ferrigni dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, mentre le conclusioni saranno affidate al presidente del Centro Universitario Europeo, Alfonso Andria
I relatori promuoveranno la conoscenza di tale progetto, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma ENPI, che coinvolge 7 paesi mediterranei (Egitto, Italia, Libano, Malta, Palestina, Spagna, Tunisia), ed è coordinato dalla Società Geografica Italiana. L'obiettivo è quello di promuovere iniziative di turismo sostenibile attraverso interventi pilota, casi di studio e formazione di operatori specializzati. Nell’ambito di tale progetto il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, responsabile del caso di studio italiano e delle attività di formazione in tutti i paesi coinvolti, ha proposto il territorio dei comuni di Furore, Scala e Tramonti come caso di studio. 
La Costiera Amalfitana, da sempre distretto turistico di rilevanza mondiale, è il paradigma di un turismo che da un lato genera alti profitti, ma dall’altro determina anche disagi e diseconomie (difficoltà di spostamenti, affitti alti per i residenti). Le aree interne della Costiera, invece, beneficiano poco dei flussi che si riversano sulla costa, pur disponendo di risorse di non minore pregio (chiese, castelli, palazzi, grotte, cappelle, calcare, coltivazioni impeccabili) e, inoltre, offrono strutture ricettive differenti (in prevalenza B&B e agriturismi), peraltro ancora embrionali. Due caratteristiche che ne fanno un eccellente caso di studio per sperimentare nuove forme di turismo (turismo sostenibile, turismo emozionale). 
Nell’ambito del progetto FOP il Centro di Ravello ha svolto il censimento e l’analisi delle risorse presenti, dell’offerta ricettiva esistente, della percezione del territorio che hanno residenti e turisti, delle criticità e dei possibili interventi correttivi; oltre a dei workshops a Furore, Scala e Tramonti nei quali sono stati presentati i primi risultati del Rapporto Territoriale ed  i corsi di formazione per “Operatori Territoriali per la redazione del Piano Locale di Turismo Sostenibile". 
Il Piano del Turismo Sostenibile confluirà infine in un portale mediterraneo, che permette anche le prenotazioni delle attività ricettive dei Paesi partner del progetto.»

martedì 28 ottobre 2014

LE MIE RISPOSTE AL COSIDDETTO "QUESTIONARIO DI PROUST"




  • Il tratto principale del mio carattere? La linearità dei comportamenti e la sincerità.
  • La qualità che preferisco in un uomo?  La lealtà.
  • E in una donna?  La lealtà.
  • Quel che apprezzo negli amici? La lealtà.
  • Il mio principale difetto?  L’emotività.
  • La mia occupazione preferita?  Scrivere, quando ci riesco.
  • Il mio sogno di felicità? Vivo momenti di felicità a far bolle di sapone "che mi ruba il vento".
  • L’ultima volta che ho pianto?  Quando mi è morto tra le braccia Bouchon, il mio primo
    Bouchon e Sherry
    cane.
  • L’incontro che mi ha cambiato la vita?  Con mia moglie.
  • I giorni in cui sono stato più felice?  Quando sono nati Antonio e Manuela.
  • E più infelice?  I giorni più infelici sono stati quelli della morte di mia madre, di mio padre e poi di Mariangela, la figlioletta della quale avvertii solo il "frullo d'ali come di farfalla" perché volò in cielo dopo appena un giorno.
  • La mia paura maggiore? Anche se a volte mi faccio prendere dalle preoccupazioni, non cedo mai alla paura.
  • Cosa possiedo di più caro? Mia moglie e i miei figli.
  • Che cosa mi è riuscito meglio nella vita? I figli.
  • La disgrazia più grande? La televisione e i giornali ci danno conto, momento per momento, di una moltitudine di disgrazie, reali. Non mi va di immaginarne altre.
  • Quel che vorrei essere? Esattamente quello che sono. 
  • Il paese in cui vorrei vivere? Mi basta la casa a Maiori.
  • Il colore preferito? Arancione, il mio colore da sempre.
  • Maya e Lilli
  • L’animale preferito? Ovvio, i miei cani, Lilli e Maya (senza dimenticare Bouchon e Sherry, che non ci sono più).
  • Autore preferito in prosa? Ho amato molto, da ragazzo, e amo ancora, Chateaubriand. Mi sono formato con lui.
  • Poeti? Alfonso Gatto. Lo amo come poeta e come uomo: buono, sensibile, generoso, paziente. Lo incontrai, la prima volta, il 9 ottobre 1966 nella sala interna del Gran Caffè ad Amalfi. Fu l'avvocato Alfonso Iovane, che era stato suo compagno di scuola, a presentarmi a lui. In un'altra occasione, sempre l'avvocato Iovane, gli disse che scrivevo poesie e gli chiese se potevo portargliele a leggere per avere un suo giudizio. Gatto m'invitò ad andare a Conca dei Marini, dove stava trascorrendo la vacanza in una casa messagli a disposizione dal parroco di san Pancrazio don Antonio Acampora. Ci andai nel pomeriggio del 7 agosto 1967. Si prese cura, pazientemente, di scorrere tutti i fogli dattiloscritti, raccolti in una cartella, e di darmi - di volta in volta il suo giudizio sulle "cose" da me scritte: "questa sì, questa no". Fu quell'incontro che mi spinse a dare alle stampe la breve raccolta che chiamai "Acquamorta".
  • Il libro preferito? "Atala" di Chateaubriand, che da ragazzo mi faceva commuovere.
  • Eroi e eroine della finzione? Non sono attratto da eroi ed eroine. Ammiro la gente comune, ne apprezzo i sacrifici.
  • Pittore preferito? Van Gogh.
  • Il film cult? Tutti i film di Totò.
  • La canzone che fischio più spesso sotto la doccia?  Non fischio, canticchio: "Suspiranno".
  • La bibita preferita? Acqua e limone.
  • Il piatto preferito? Farro e fagioli.
  • Se dovessi cambiare qualcosa nel mio fisico, che cosa cambierei? Nulla. Se cambiassi qualcosa non sarei più quel che sono.
  • Il mio eroe e la mia eroina nella vita reale?  Non ci sono eroi nel mio immaginario.
  • Quel che detesto di più? L’arroganza e la menzogna.
  • Il dono di natura che vorrei avere? L'attitudine alla musica.
  • Come vorrei morire? Lucido, cosciente.
  • Stato d’animo attuale? Tranquillo, vivo alla giornata. Vicino, ormai, agli ottant'anni - lucido e in condizioni fisiche discrete - non ho proprio motivo di lamentarmi. 
  • Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza? Quelle che non recano sofferenza al prossimo.