venerdì 25 luglio 2014

LE "OMBRE DI COLORE" DI FRANCO MASSANOVA. IL MIO INCONTRO CON L'ARTISTA



Ho tra le mani il libro “Ombre di colore” di Franco Massanova. L’artista, con grande cortesia, me lo ha fatto spedire dall’editore Fratini di Firenze, che lo ha pubblicato in armoniosa elegante veste grafica. Anche se mi lascia un po’ perplesso (è solo una mia impressione, certamente errata) la copertina, sulla quale di colore, per la verità, ce n’è poco a far da sfondo alla firma del pittore, posta in bella evidenza, trasversalmente. Perché dico questo? Perché a sfogliare poi questo corposo catalogo, che ne riassume la feconda attività, dalle prime esperienze, che risalgono all'inizio degli anni settanta (quei gomitoli di lana aggrovigliati, man mano dissoltisi per trasformarsi in filamenti, sagome, fantasmi in movimento, nuove tangenze, contrapposizioni di linee e di colori), e fino alle Cariatidi del 2013 (“movimenti ascendenti e discendenti di strati e di velature”, le definisce Enzo Lauria), partendo dall’ultima pagina, si vede subito che – liberato dalla “prigionia” di raccontare le cose, le figure, la realtà che lo (ci) circonda – è proprio sui toni cromatici, sugli accostamenti e sulle dissonanze dei colori, su un “infittirsi nervoso e persino graffiante dei tratti”, come rileva Stefania Zuliani, che Massanova realizza le sue composizioni. “Un groviglio di rarefazioni e di addensamenti – sottolinea Chiara Serri -, un’ondata cromatica, a volte scarnificata al punto da rivelare la porosità del supporto, a volte ricolma di un colore profondo”: giocato su sfumature di rosso, di giallo, di blu, dopo che, sul finire degli anni novanta, egli era stato attratto da tonalità oscure, sulle quali la luce – cito Lorenzo Mango“si esalta nel suo dialogo con l’ombra”.
“Ombre di colore”, per l’appunto. Io non sono un critico d’arte, anche se il mondo dell’arte mi incuriosisce e mi appassiona. E perciò mi ha sorpreso il gesto, che ho apprezzato tantissimo, di farmelo avere. C’è di più. Massanova, che prima avevo avuto rare occasioni d’incrociare, mi ha sollecitato più volte a visitare il suo studio, a Torrione di Salerno. In quel palazzo, che con squisita sensibilità, è stato intitolato a Sandor Marai, lo scrittore ungherese che vi abitò, esule, dal 1968 al 1980. Un edificio come tanti, affacciato sul trafficato quartiere, nobilitato dagli splendidi pannelli vitrei applicati alle balconate, realizzati proprio da lui. Non è stato un incontro fugace e neppure superficiale. Con l’artista mi sono intrattenuto un tempo lunghissimo, dal pomeriggio fino a sera, senza neppure rendermene conto. Me ne sono accorto quando sono tornato in strada e ho trovato gli esercizi commerciali già chiusi. 
E’ stato bello discorrere d’arte. Ascoltare  dalla viva voce del protagonista il racconto di un percorso compiuto per un buon tratto, e che io auspico lunghissimo e fecondo , tutto dedicato ad armeggiare col pennello sulla tela. Oppure su legno, masonite, carta a mano di Amalfi, altro materiale. q2ewqUn racconto antologico perché, di volta in volta, Massanova tirava fuori un dipinto per spiegarmelo, distendeva sul pavimento una lunga tela sulla quale aveva dipinto una delle sue Cariatidi o una Crocifissione in cui il Cristo, ricoperto da densa ombra, era contorto sulla croce, circondato dalle altre figure del racconto evangelico, su un fondo di luce sanguigna.  Intanto ero attratto da uno splendido nudo di ragazza, un acrilico su tela del 1971, posto su una parete,  nel quale l'immagine, delineata con poche linee e soffuse macchie di colore, rappresentava il punto di svolta – è quel che mi viene da pensare, e non so se la mia interpretazione è corretta – verso l’astrazione.  Che è pura invenzione, non subordinata alle forme reali, quelle che passano quotidianamente – non sempre gradevoli davanti ai nostri occhi in questo scorcio di terzo millennio.
Sigismondo Nastri

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