giovedì 7 agosto 2014

"LA DIVA DEL MARE, L'ASSUNTA NEL CIEL". FERVONO I PREPARATIVI, A MAIORI, PER LA GRANDE FESTA DEL 15 AGOSTO IN ONORE DI SANTA MARIA A MARE



Come ogni anno, si preannuncia una grande festa, il 15 agosto, a Maiori, dove l’Assunzione in cielo della Beata Vergine Maria è celebrata con particolare solennità, trattandosi della patrona della cittadina, venerataui Qu col nome di S. Maria a Mare. Un culto antico, tramandato da una generazione all’altra, che – ho già avuto modo di scriverlo in altra circostanza – passa attraverso due simulacri: la bella statua in legno, collocata stabilmente sull’altare maggiore, nella Chiesa-santuario, che domina da un’altura l’intero abitato. Sarebbe – secondo uno storico locale – “una delle poche immagini sacre scampate nell’VIII secolo alla furia iconoclasta dell’imperatore bizantino Leone Isaurico”, arrivata su queste rive nel 1204 nascosta in una balla di cotone. Forse fu gettata in mare per alleggerire il carico di un bastimento sorpreso da una tempesta. E poi l'altra statua, quella che viene portata in processione, passando tra due ali di folla, in una cornice scenografica suggestiva. E' conservata gelosamente in un grande armadio a muro nella navata di destra, proprio di fronte alla sacrestia. Di lì viene estratta nel giorno della vigilia, con un rituale particolare,  descritto dettagliatamente da Agostino Ferraiuolo su “Vita cristiana di Maiori”, il giornalino della parrocchia: “Il giorno antecedente alle succitate ricorrenze (il 15 agosto e la terza domenica di novembre, festa del “patrocinio”), una volta chiusa la chiesa, il sagrestano disserra la porta dell’armadio e apre la tenda interna di color celeste. Con gran devozione poi il simulacro della Beata Vergine Maria è traslato da pochi incaricati, quali i fedelissimi valletti a servizio della Regina del Cielo, nell’ufficio parrocchiale, posto nella sagrestia. Qui, per l’occasione, è stata approntata una tenda, che chiude la porta per rendere più riservata l’operazione”. Deposta la statua su un tappeto, espressamente destinato a tale uso, “i valletti – riferisce Ferraiuolo – escono dalla stanza. Prima viene serrata la tenda e poi chiusa con chiavistello la porta dell’ufficio nel quale restano solo le ancelle”. La statua dev’essere preparata per l’esposizione sul trono, accanto all’altare maggiore, ed è un compito affidato esclusivamente alle donne. Prima cosa da fare, la vestizione. 
Per la ricorrenza del 15 agosto si fa indossare alla Madonna l’ampio vestito e il manto écru, ricamato a mano con disegni sfarzosi, rappresentanti cornucopie con fiori, intrecciati con sottili fili di seta colorati. Per l’altra ricorrenza (la festa del “patrocinio, a novembre, quella della “Madonna ‘e notte”, come la definiscono i maioresi), l’abito, sempre dello stesso colore, ha un fitto ricamo di stelline in oro. Come s’è detto, è un compito, questo, affidato ad alcune signore, che lo assolvono con delicatezza, professionalità e una tale tutela della “privacy” che impedì, una volta, ad un canonico della Collegiata, don Clemente Confalone, di accedere in quella stanza. La compianta Assunta Conforti, che per lunghi anni si occupò della vestizione della statua, al sacerdote che bussava insistentemente alla porta per poter entrare, disse: “Don Cleme’, quando vostra sorella si veste, voi entrate nella camera?”. E il povero don Clemente dovette rinunciarvi.
Solo quando la Madonna è abbigliata, con la fluente chioma in perfetto ordine, ornata di tutti i paramenti, viene esposta alla venerazione dei fedeli.
Agostino Ferraiuolo ricorda tre figure di donne che hanno, nel tempo, prestato il loro servizio per “vestire la Madonna” e lo hanno fatto con amorevole cura e devozione. Sono: Giovanna Apicella (Giovannina ‘e Lavrienza), maestra sarta che, nella sua casa al Casale dei Cicerali, insegnava alle ragazze taglio e cucito; la citata Assunta Conforti, morta a 91 anni, “che ha servito la Madonna fino agli ultimi anni di vita”; Teresa Cuomo, moglie di Giuseppe Lieto (Peppino ‘a Minella), che – nota Ferraiuolo – è stata  “l’unica ad avere festeggiato il giubileo del suo pio servizio al compimento del decimo lustro di vestizioni”.
Intanto, in attesa della festa, ogni pomeriggio si assiste a un raduno di fedeli, in prevalenza donne, nelle chiesette di san Rocco, sul corso Reginna, e della Madonna della Libera, in via Nuova Chiunzi, per la recita di un rosario popolare, tipicamente maiorese, in onore della Vergine, invocata come “la Diva del Mare, l’Assunta nel Ciel”. Il testo, di cui non si conosceva l’origine, era giunto a noi tramandato oralmente; poi Mimma Savastano, una maestra appassionata di storia patria, ne ha curato una trascrizione alla quale ci si è sempre riferiti. Fino a quando un ricercatore scrupoloso, e in questo caso anche fortunato, Crescenzo Paolo Di Martino, è riuscito a recuperarne la versione originale, grazie al ritrovamento, presso la Biblioteca provinciale,  di un volumetto edito nel 1873, a cura dell’allora prevosto don Vincenzo Gambardella, dal titolo “Marieide, ovvero Inni polimetri in laude di Maria SS.”. Resta tuttavia incerto, sottolinea Di Martino, il tempo e l’occasione che diedero vita al canto.
Sigismondo Nastri

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