venerdì 30 marzo 2012

SALERNO, LA FILOSOFIA DI JANKÉLÉVITCH A "PRIMAVERA EINAUDI"


Vladimir Jankélévitch (da: radio.rai.it)
Per la “Primavera Einaudi”, rassegna letteraria organizzata dal Comune di Salerno - Assessorato alla Cultura, dal Punto Einaudi di Salerno e dall’Associazione “Koinè” e dedicata a Giulio Einaudi nell’anno del centenario della sua nascita, appuntamento alle ore 18.00 di martedì 3 aprile, presso il Punto Einaudi di Salerno. In programma, la presentazione di due opere del filosofo francese Vladimir Jankélévitch: “Il non-so-che e il quasi-niente” e “Da qualche parte nell’incompiuto”. La serata sarà condotta dalla curatrice dei testi, Enrica Lisciani Petrini, docente di Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Salerno, e vedrà gli interventi di Giuseppe Cantillo, professore ordinario di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Aldo Trione,professore ordinario di Estetica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, e Maria Giuseppina De Luca, docente di Estetica e Filosofia delle Arti presso l’Università degli Studi di Salerno.
 
Opera emblematica del suo modo di fare filosofia, “Il non-so-che e il quasi-niente” è dai più definito il cardine della riflessione filosofica di Jankélévitch. "Una filosofia che cerca di pensare il mutevole, l’ineffabile che non è l’effimero, inseguendolo in tutti i suoi infiniti meandri e nelle innumerevoli forme che via via va assumendo. Il testo fu dato alle stampe dall’autore negli anni ’50, in una temperie storica ancora segnata dai postumi del conflitto. Si presentava in una maniera volutamente inattuale e forse proprio per questo non ebbe subito la meritata forza d’impatto sul pubblico: quelle tracciate al suo interno erano coordinate filosofiche differenti rispetto alla consolidata riflessione del tempo".
In un momento in cui gli astri di Hegel, Husserl e Heidegger rifulgevano nel firmamento della filosofia europea, infatti, Jankélévitch apriva un varco inatteso verso un altro orizzonte di pensiero. Nozioni apparentemente fuori dal tempo, come quelle di “grazia”, “innocenza”, “semplicità”, o riferimenti desueti a Plotino, Juan de la Cruz, Gracián o Brémond, restituiscono solo in parte la direzione di questo sguardo sagittale che taglia, con effetti ancora non del tutto sondati, il campo del sapere contemporaneo. 
Con “Da qualche parte nell’incompiuto”, invece, si ha la possibilità di arrivare al “cuoresegreto” del pensiero di Vladimir Jankélévitch. L’opera (anch’essa a cura di Enrica Lisciani Petrini) trova il proprio epicentro in un’interrogazione intensa e radicale della pratica quotidiana: «Che significato conferire allo scorrere, apparentemente insensato, dei giorni? Come rispondere delle proprie azioni in un mondo caratterizzato dalla sconnessione dei valori e dall’assenza di fondamenti? E che rapporto istituire con quelle degli altri, quando esse, come nella stagione nazista - vissuta in prima persona dall’autore - assumono il volto insostenibile della menzogna e della violenza?».
La risposta di Jankélévitch si situa nel difficile punto d’incrocio fra irreversibilità indelebile del passato e contingenza indeterminata dell’avvenire. "Come in uno spartito musicale, solo la capacità di seguire il ritmo dell’esistenza nel suo battito alternante consente di stringere in uno stesso nodo rigore e duttilità, responsabilità e intelligenza, profondità e leggerezza. Nelle pagine del libro si delinea, forse per la prima volta in tutta la sua complessa figura e in tutta la ricchezza dei suoi registri tematici, il profilo di un pensiero che, per la sua originalità e forza morale, trova pochi riscontri nella filosofia contemporanea".

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