venerdì 12 aprile 2013

CON L'AMERICA'S CUP, UNA MOSTRA A NAPOLI SULLA TRADIZIONE CANTIERISTICA SALERNITANA



La collega e amica Claudia Bonasi mi ha fatto avere, stamane, copia del manifesto “Uomini, barche e cantieri del golfo di Salerno”: c'è l'immagine di un’imbarcazione in costruzione, con le doghe di legno spoglie come lo scheletro di una balena. Un omaggio a quei piccoli cantieri, tenuti da intraprendenti artigiani, situati in punti strategici del vasto litorale salernitano.  Ricordo le “baracche” dei fratelli Camera,  eccezionali maestri d’ascia, nel porto di Amalfi, dove da ragazzo mi fermavo, incantato, a scoprire come nasceva un sandolino o un gozzo;  e poi l’abilità di mastro Ernesto, a Maiori, che negli ultimi tempi le barche le costruiva addirittura sul lungomare, con un’abilità, anche lui, che ti attirava come una calamita. Mi corre l'obbligo, però, di menzionare qui, per la loro importanza,  il cantiere di Gennaro Gatto, nel porto di Salerno, e quello di Della Monica, alla Marina di Vietri sul Mare.

Da domani e fino al 21 aprile, a Napoli, nell’ambito della mostra “Mare maris” a Castel dell’Ovo, che rappresenta una delle iniziative collaterali all’America’s Cup, saranno esposte ventisei fotografie in bianco e nero che documentano la tradizione della cantieristica salernitana. Ne sono curatori la stessa Bonasi e Antonio Dura, per conto di Polaris, l’agenzia speciale della Camera di Commercio di Salerno presieduta da Demetrio Cuzzola“Il golfo di Salerno – leggo nel manifesto – ha visto la nascita e lo sviluppo di importanti imprese di costruzioni nautiche, molte di esse a conduzione familiare e caratterizzate da dinamicità, spirito d’iniziativa e coraggiose sperimentazioni tecniche. Questi elementi hanno perfezionato l’arte navale di tutto il mondo e al contempo trasformato passioni locali in eccellenze nazionali. Sullo sfondo di queste storie avvincenti spiccano i maestri d’ascia, abili artisti capaci di plasmare imbarcazioni a ‘occhio’, senza disegni, seguendo un piano di costruzioe assolutamenbte mnemonico, che si tramandava di generazione in generazione”.

Tornando ai miei ricordi amalfitani, devo citare Giuseppe Camera, figlio d’arte, che continua, con passione e abilità, a costruire modelli d’epoca di barche, sia da pesca che da diporto, con i quali ha dato vita a un minuscolo ma attraente “museo del mare”.

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