lunedì 6 maggio 2013

IL MIO RICORDO DI GIULIO ANDREOTTI

Con Giulio Andreotti, senatore a vita,  morto all’età di 94 anni, scompare uno dei protagonisti – l’ultimo rimasto sulla scena – della storia politica d’Italia dal dopoguerra  a oggi.  Credo che fosse l’unico superstite dell’Assemblea preposta alla stesura della nostra Carta costituzionale. Da allora (25 giugno 1946-31 gennaio 1948) fu sempre rieletto alla Camera dei Deputati, con larga messe di voti, fino a quando, nel 1991, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo nominò senatore a vita. Nessun personaggio politico italiano può vantare il suo curriculum: 7 volte, presidente del Consiglio dei ministri;  8 volte, ministro della Difesa; 5 volte, ministro degli Esteri; 3 volte, ministro delle Partecipazioni statali; 2 volte, ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell'Industria; una volta, ministro del Tesoro, ministro dell'Interno (il più giovane della storia repubblicana), ministro dei Beni culturali e ministro delle Politiche comunitarie. Era approdato nelle stanze del potere nel maggio 1947, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Alcide De Gasperi, su sollecitazione – pare – di monsignor Montini, futuro papa Paolo VI.

 Con Andreotti ebbi una lunga conversazione  il 10 luglio 1991, quando venne a Ravello a ritirare uno dei premi del concorso “Favole per un anno”.  Grazie all'amico fotografo Alfonso Vuolo conservo memoria fotografica di quell'intervista. Da qualche parte devo avere anche la registrazione. Chiarisco subito che non fu, la mia, un’intervista politica. Parlammo dei suoi rapporti con Amalfi e, in particolare, con l’onorevole Francesco Amodio (che pure – devo sottolinearlo - non aveva mai voluto aderire alla sua corrente, abituato com'era a tenersi fuori da inciuci e intrallazzi; tuttavia, gli spediva sempre, a Natale e a Pasqua, una  cesta di splendidi limoni "sfusati": venivano dal giardino che un tempo era denominato 'o Cuotto, ora di Gigino Aceto, allora tenuto da Gennarino Cavaliere, nella Valle dei Mulini).  Ma, principalmente, della sua antica d’amicizia, risalente all'immediato dopoguerra, con la famiglia Camera, che era in familiarità di rapporti con lo stesso Alcide De Gasperi: con l’avvocato Salvatore (esponente del partito popolare, eletto deputato poco prima dell’avvento del fascismo), ma soprattutto con uno dei suoi figli, Andrea, morto precocemente, che aveva avuto come segretario particolare a Palazzo Chigi proprio all'esordio della sua attività di uomo di governo.
Per quanto mi riguarda, ricordo Giulio Andreotti come una persona disponibile al dialogo, cordiale, brillante, ironica al punto giusto. Quando, tempo dopo, gli scrissi per avere una  testimonianza  su Amodio me la fece avere a strettissimo giro di posta, accompagnata da una lettera molto cordiale. Un fatto abbastanza inusuale, questo, per tanti nostri rappresentanti politici.

1 commento:

  1. Sono pienamente d'accordo con te, Sigismondo, per quanto concerne cordiale, brillante e, aggiungerei, ottimo affabulatore. Ebbi il piacere di essere sistemato alla sua destra durante una colazione all'Ambasciata d'Italia, quando venne a Stoccolma in qualità di ministro degli esteri per partecipare alla conferenza per il disarmo. Volle che al suo tavolo prendessero posto solo i corrismondenti dei giornali italiani presenti perchè - disse - gl'inviati speciali al seguito avranno altre occasioni di parlare con me. Rispose a tutte le domande, anche quelle un po' scabroisette, con gentilezza ed una verve invidiabile, evitando commenti pungenti e, con un'abilità straordinaria, riusciva a deviare il discorso portandolosul faceto. Racconto, infatti diversi aneddoti divertenti, ambientati in Vaticano. Anch'io citai Ámodio e lui rispose: "Un galantuomo che il påartito non è stato in grado di valorizzare". Poi aggiunse sottovoce: "Peccato che non avesse la dinamicità e la parlantina della signorina Nina"!

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