lunedì 30 aprile 2012

IL FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI: A DIR POCO, ABERRANTE


Finanziamento pubblico dei partiti. Scrive Michele Salvati sull’ultimo numero di Sette, il settimanale allegato al Corriere della sera, che “i partiti svolgono una funzione essenziale in democrazia e sono istituzioni che esigono risorse… Devono dunque essere finanziati, o da risorse pubbliche o private o in entrambi i modi”. Partendo da questo presupposto, si deduce che i partiti che sono in parlamento – beneficiari del finanziamento pubblico – devono sempre partire da una condizione di privilegio (e che privilegio!) nei confronti di nuove formazioni politiche, che pure hanno diritto di esistere e di provarci. Dunque, a mio avviso, il finanziamento pubblico è un elemento che favorisce la sopravvivenza e il rafforzamento di quella che comunemente viene definita la casta. Non ce ne libereremo mai. E' giusto questo? Penso proprio di no.
In una competizione politica,  bisognerebbe garantire a tutte le parti in causa le stesse opportunità. La vittoria dovrebbe essere determinata dalle idee, dalle proposte, dai programmi, non certo dai privilegi accumulati.
Sarebbe meglio, perciò, passare a un sistema di finanziamento privato, trasparente, controllato. Magari utilizzando la dichiarazione dei redditi e mettendo a disposizione del contribuente una certa aliquota: come si fa ora con l’otto e il cinque per mille. C'è bisogno di ridare dignità e legittimità al risultato del referendum del 1993 che bocciò, con oltre il 90 per cento dei voti (34 milioni 598.906 elettori), il finanziamento pubblico dei partiti. Furbescamente reintrodotto poi, e ancor più sostanzioso, sotto forma di rimborso delle spese elettorali (senza controllo e senza rendiconto). Occorre evitare che i partiti continuino a fare da sanguisughe e ad accumulare quantità di risorse enormi, destinate, com’è già capitato, a prendere vie poco chiare e poco pulite.
Aveva ragione Enrico Berlinguer quando, nel 1981, in una intervista a Eugenio Scalfaro, dichiarava (trascrivo ancora da Sette) : “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentiumenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. […] I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai Tv, alcuni grandi giornali…”.
Quando esplode uno scandalo, com’è avvenuto in più occasioni ultimamente, fingiamo di rimanere scioccati. Poi tutto continua ad andare come prima, anzi, peggio di prima.

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